Renzi: “Decido il 20 febbraio, ma Berlusconi sconterà la pena”
Fisco L’avvocato di Berlusconi, Franco Coppi, ammette: «Il provvedimento è un messaggio, mentre si avvicina la partita del Quirinale»
Fisco L’avvocato di Berlusconi, Franco Coppi, ammette: «Il provvedimento è un messaggio, mentre si avvicina la partita del Quirinale»
Niente da fare. Inutilmente Renzi ha ripetuto per ore, nelle stanze di palazzo Chigi, che il caso è chiuso e l’incidente della norma salva Silvio superato di slancio. E’ una pia illusione. Il caso resta aperto e il premier non sa come uscirne fuori. Ieri sera aveva convocato in fretta e furia il ministro dell’Economia Padoan a palazzo Chigi per studiare una soluzione. Poi tutto è stato rinviato «ai prossimi giorni». Inutile fare il punto con gli uffici tecnici vuoti, dunque senza che nessuno potesse garantire la praticabilità delle eventuali trovate.
La nuova data per il decreto, ha annunciato ieri sera Renzi, è il 20 febbraio: «Così si eviteranno polemiche sia per il Quirinale che per le riforme. Ho pensato più opportuno togliere di mezzo ogni discussione e inserire il decreto nel pacchetto riforme fiscali». Comunque, assicura il premier «Noi non facciamo leggi né ad né contra personam, Berlusconi sconterà la pena fin all’ultimo giorno». In realtà il rinvio permette proprio di legare la partita del Colle alla sorte del decreto. Berlusconi dovrà votare per il presidente senza sapere quale sarà la sorte della norma che lo dovrebbe salvare.
Il punto è che quell’articolo 19bis che depenalizza i reati fiscali al di sotto del 3% dell’imponibile Renzi non vuole cancellarlo. L’ha promesso agli imprenditori pronti a dargli una mano, o che già gliela hanno data, e salvare loro senza che nel mucchione dei graziati compaia anche il reprobo di Arcore non è facile. Le ipotesi in campo ci sono: si potrebbe lasciare la soglia al 3% ma facendo eccezione per la frode fiscale. Si potrebbe abbassare la soglia all’1,5 o all’1,8%. Ma in entrambi i casi ad andarci di mezzo non sarebbe solo Silvio Berlusconi. Senza contare il problema dei problemi: una scappatoia studiata apposta per colpire Berlusconi non sarebbe stata certo il viatico migliore per l’imminente battaglia del Quirinale.
Ecco perché Renzi, che è un furbetto per vocazione, ha deciso di rinviare la faccenda a dopo l’elezione del successore di Napolitano, quando la strada sarà sgombra da possibili ed esiziali incidenti diplomatici col socio del Nazareno.
Proprio la trovata astuta del rinvio, però, ha innescato ieri una nuova giostra di polemiche dentro e fuori la maggioranza, e soprattutto all’interno del Pd. Franco Coppi, il principe del foro che difende Silvio, lo dice chiaramente: «Questa polemica c’entra con con la partita per il Quirinale? Io rispondo di sì. Il provvedimento è utilizzato come un messaggio mentre ci avviciniamo all’appuntamento. Il Tesoro e palazzo Chigi non potevano non sapere».
Ancora più esplicito il capo dei senatori azzurri Paolo Romani, in un’intervista a Repubblica rilasciata subito dopo un vertice col diretto interessato e dunque da questi ispirata: «Sarà il cdm a decidere dopo l’elezione del successore di Napolitano. L’ingiustizia subita dal nostro leader esige che il vulnus venga sanato. Chi salirà al Colle non potrà che porsi il problema». Traduzione: Renzi ha inviato il segnale auspicato e richiesto, ma non pensi, ora, di ingranare la retromarcia. Senza Fi non ha alcuna possibilità di scegliere il prossimo presidente né di garantire l’approvazione delle sue leggi.
Agli azzurri il rinvio in realtà non va malissimo. Sa un po’ di ricatto, questo sì, ma è anche il segno che l’asse con Renzi tiene. Alla minoranza democratica, ma anche a Sel e a Scelta civica, quel rinvio invece non va bene per niente. «Si ripulisca subito il decreto sul fisco e non lo si posticipi a dopo l’elezione del capo dello Stato», va giù piatto Gianni Cuperlo. Ma Renzi non vuole e non può fare quel che Cuperlo gli chiede per i motivi già citati e anche perché nella sua maggioranza non c’è affatto accordo sulla necessità di rivedere il tetto al 3%. E’ contrario l’Ncd, lo è anche un pezzo di Pd. Probabilmente a muovere quella parte di maggioranza che fa muro intorno alla norma non è la preoccupazione per le reazioni di Berlusconi ma per quelle degli imprenditori che l’attendono e la reclamano. Del resto, nello stesso Pd sono ben poche le voci pronte a denunciare, oltre all’appiglio offerto al condannatissimo, anche quello regalato a una quantità di grandi evasori. Lo ha fatto con toni durissimi l’ex ministro dell’Economia Visco, ma quasi solo lui.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento