Ci avevano già provato nei mesi scorsi: prima con un emendamento soppressivo del testo delle opposizioni, poi con il rinvio al Cnel presieduto da Renato Brunetta. Adesso, la maggioranza cerca ancora di prendere tempo sul salario minimo e a ribaltare l’iniziativa delle opposizioni. L’ultimo espediente è un emendamento in commissione Lavoro alla progetto di legge presentato da Pd, M5S, Azione, Alleanza Verdi Sinistra e +Europa. Tra i firmatari, tutti gli esponenti della destra in commissione, c’è anche il presidente dell’organismo Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia. Con questa mossa chiede che venga assegnata al governo la delega in materia di retribuzione dei lavoratori e contrattazione collettiva «rafforzando la contrattazione collettiva e stabilendo i criteri che riconoscano l’applicazione dei trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali maggiormente applicati». Il testo, insomma, ricalca la posizione assunta dal Cnel il mese scorso per sminare il terreno del dibattito parlamentare dal voto sul salario minimo in quanto tale, che imbarazzerebbe le destre e le metterebbe in difficoltà di fronte a un’opinione pubblica largamente favorevole all’avvicinarsi delle elezioni europee.

LE OPPOSIZIONI reagiscono, denunciano il blitz della maggioranza che trasforma un’iniziativa delle opposizioni nell’ennesimo margine di manovra del governo. «Si tratta di un colpo di mano – protesta il Partito democratico – Si trasforma una legge delle opposizioni in una delega dove di salario minimo non c’è traccia». Daniela Ruffino di Azione si chiede: «Come si può votare un emendamento che cancella ogni soglia minima di salario e dunque cancella la nostra proposta? Il governo non ha una sua idea e cancella quelle delle opposizioni». Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte parla di «schiaffo a 3,6 milioni di lavoratrici e lavoratori con buste paga da fame». «Continueremo a costruire nel paese una campagna attorno alla nostra proposta, che non solo introduce una soglia di protezione sociale ma aiuta anche la contrattazione collettiva contro lo sfruttamento», annuncia il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.

LA MINORANZA sottolinea alcuni punti particolarmente controversi contenuti nella delega all’esecutivo. Intanto, si propone di rafforzare la «contrattazione di secondo livello con finalità adattive», il che fa intravedere il rischio che si creino forme di gabbie salariali e di sperequazione tra nord e sud del paese. Inoltre, vengono presi come punti di riferimento per stabilire l’«equo compenso» i contratti collettivi nazionali maggiormente applicati e non quelli firmati dalle associazioni padronali e sindacali comparativamente più rappresentative. Ciò aumenterebbe il rischio paradossale che ci si affidi ai parametri stabili da contratti pirata per definire la giusta retribuzione.

INTANTO SI STUDIANO le contromosse per difendere una proposta che, ricordano le opposizioni, ha già raccolto il sostegno di 500 mila cittadine e cittadini. Dunque, compare un emendamento che cancella l’impegno del governo a farsi carico di contribuire ai costi sostenuti dalle aziende per arrivare al salario minimo legale di 9 euro, cioè espungono uno degli aspetti che la maggioranza contesta con più forza. «La destra finora ha deciso di rinviare la scelta perché contestava le coperture dell’articolo 7, quello che prevedeva un fondo in legge di bilancio a sostegno alle imprese che si adeguavano entro il 2024 – sonole parole di Arturo Scotto, capogruppo del Pd in commissione Lavoro – Si sono nascosti dietro qualche cavillo per non decidere. Ma gli abbiamo tolto l’alibi: ora devono dire se condividono o meno il salario minimo». Ci si mobilita anche negli enti locali: le forze della Sinistra civica ed ecologista, in Regione Lazio e Liguria, al Campidoglio e al Comune di Napoli hanno depositato testi che impegnano le amministrazioni locali a vincolare le aziende alle quali affidano lavori in appalto e subappalto a rispettare il minimo dei 9 euro l’ora.