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Il Russiagate e un Pulitzer di cartone

Il Russiagate e un Pulitzer di cartoneVladimir Putin – LaPresse

Russiagate Tra i premi Pulitzer assegnati la scorsa notte negli Stati Uniti, sta facendo facendo parecchio discutere a Mosca quello vinto dal New York Times per i reportage dalla Russia e […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 6 maggio 2020

Tra i premi Pulitzer assegnati la scorsa notte negli Stati Uniti, sta facendo facendo parecchio discutere a Mosca quello vinto dal New York Times per i reportage dalla Russia e in particolare quelli legati alle presunte interferenze dell’amministrazione Putin nelle presidenziali americane del 2016.

Una scelta che non è piaciuta a Mosca che ha reagito con una dichiarazione al vetriolo dell’ambasciata a Washington che parla degli articoli del giornale americano “come di una meravigliosa collezione di fabbricazioni russofobiche che può essere studiata come guida per chi vuole creare false notizie”.

Putin sarebbe rimasto particolarmente contrariato dall’assegnazione perché già tre anni fa il New York Times era stato premiato con motivazione simili ma ora il nulla di fatto con cui si è conclusa lo scorso anno l’inchiesta di Robert Mueller sul Russiagate dopo ben 674 giorni di ricerche infruttuose, fa pensare al Cremlino che in America l’archiviazione del caso a qualcuno non sia andata davvero giù.

Anche perché il quotidiano della Grande mela alterna spesso articoli di buona fattura come quello sull’omicidio di un ex ufficiale dell’esercito ucraino Ivan Mamchur pubblicato da Michael Schwirtz nel 2019 in cui si ipotizza il coinvolgimento del Fsb a vere e proprie campagne anti-russe orchestrate ad arte e basate – quando va bene – su illazioni o ricostruzioni fantasiose.

Nell’ottobre del 2016 la campagna elettorale che contrapponeva Trump a Hillary Clinton stava per giungere al culmine quando Julian Assange pubblicò oltre 2000 mail della candidata democratica in cui si evidenziavano i suoi stretti legami con i vertici di Wall Street e dei potentati economici stelle e strisce.

Clinton reagì accusando WikiLeaks di essere una semplice “buca della posta del Cremlino” e Putin di voler favorire l’elezione di Trump. Le dichiarazioni della moglie dell’ex presidente Bill Clinton vennero accompagnate da una campagna stampa sostenuta in primo luogo proprio dal New York Times che funziona in parte da cortina fumogena per distrarre l’attenzione dalla compromissione di Hillary con il Gotha del capitalismo Usa.

Se a distanza di quasi quattro anni questi articoli tornano alla ribalta, può sorgere il dubbio, senza voler essere per forza maliziosi, che il Pulitzer in questione abbia più a che vedere con le prossime presidenziali del 2020 che con il giornalismo.

Del resto Il 10 marzo, il NYT ha pubblicato un articolo intitolato “La Russia cerca di frenare le tensioni razziali statunitensi prima delle elezioni, dicono i funzionari” in cui Julian Barnes e Adam Goldman che firmano l’articolo sostengono che “secondo 7 funzionari americani informati Il governo russo ha intensificato gli sforzi per infiammare le tensioni razziali negli Usa come parte del suo tentativo di influenzare le elezioni presidenziali di novembre, incluso il tentativo di incitare alla violenza da parte dei gruppi suprematisti bianchi e alimentare la rabbia tra gli afro-americani”.

Purtroppo però il Times non fornisce fatti a supporto delle sue affermazioni e anzi sembra, al contrario, voler riprendere i toni del piщ smaccato maccartismo. rielaborando gli argomenti del vecchio capo della Fbi J. Edgar Hoover il quale sosteneva che il movimento per i diritti civili neri fosse una “cospirazione comunista”.

Purtroppo però anche il giornale in questione non sarebbe immune da tali tendenze velatamente razziste: per una ricerca indipendente la parola “bianchezza” (whiteness)” è apparsa in 153 articoli del Times nel 2018, rispetto ai 41 del 2013 e sono state citate spesso le differenze tra essere uomini bianchi e neri.

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