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Il Rosatellum e l’alternativa impossibile al governo giallo-verde

Il Rosatellum e l’alternativa impossibile al governo giallo-verde – Ludovica Valori

Corte costituzionale Domani la Consulta potrebbe decidere di sottoporre la legge elettorale al vaglio di costituzionalità sul vantaggio accordato alle coalizioni tra liste

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 3 luglio 2018

La vita politica, la dialettica maggioranza opposizione, e all’interno della compagine governativa, è inquinata dalla mancanza di soluzioni praticabili, perché non è possibile proporre l’unica alternativa ad un governo, che non piace: nuove elezioni. La ragione è semplice, la legge sarebbe il Rosatellum. E sarebbe la quinta elezione con una legge di sospetta costituzionalità.

La quinta dopo dopo le tre con la legge n.270/2005 nel 2006, 2008 e 2013 e quella del 4 marzo 2018.
Una prospettiva che fa gioco soltanto alla Lega di Salvini, perché o gli fanno fare quel che vuole ovvero è l’unico che possa trarre vantaggio dalla legge in vigore e proprio grazie ad una norma di sospetta costituzionalità: il vantaggio accordato alle coalizioni tra liste, rispetto alle liste singole, come quella del M5S. Le coalizioni sono avvantaggiate dal voto congiunto, quindi non libero e personale, sia nei collegi uninominali maggioritari che in quelli plurinominali proporzionali, perché possono beneficiare delle liste coalizzate sotto il 3%, quindi della violazione del voto uguale.

Questi vantaggi sono irragionevoli, perché le coalizioni del Porcellum, dovevano avere un programma unico, che giustificava il vantaggio di candidarsi ad un premio di maggioranza, per assicurare una stabilità del governo. La coalizione di centro-destra è divisa tra governo ed opposizione. Il successo del M5S ha impedito, con la Lega al 17%, che la coalizione di destra-centro raggiungesse o superasse il 40%. Con una tale percentuale si assicurerebbe la maggioranza dei seggi nelle due Camere.

Non è vero che non ci sia un premio di maggioranza nel Rosatellum: è nascosto nella quota maggioritaria, che è pari al 38% dei seggi. Questi seggi, teoricamente, potrebbero essere tutti conquistati da una forza politica di maggioranza relativa. Un successo della coalizione di destra-centro e dentro alla coalizione della Lega, in parte sarebbe un ridistribuzione interna alla coalizione, ma le ultime elezioni amministrative hanno dimostrato che la Lega prende voti anche al M5S: ha vinto il confronto diretto per il Sindaco di Terni. Inoltre il destra-centro ha sconfitto il M5S a Ragusa.
Altri punti critici di legittimità costituzionale della legge elettorale sono la soglia nazionale del 3% per il Senato, eletto su base regionale ex art. 57 Cost., le liste bloccate e corte e le candidature plurime, che hanno prodotto il fenomeno degli eletti fuori collegio plurinominale al Senato e addirittura fuori circoscrizione alla Camera. Viene meno ogni legame diretto e personale tra il voto degli elettori e i parlamentari proclamati eletti grazie ad un algoritmo. I voti non sono neppure uguali perché i collegi beneficiari eleggono più parlamentari rispetto a quelli rigorosamente assegnati in base alla popolazione residente, come impongono le norme costituzionali, per la Camera l’art. 56 Cost. e per il Senato l’art. 57 Cost.. L’emigrazione di seggi tra una circoscrizione e l’altra era la regola per le elezioni europee fino a quelle del 2009, ma è stata dichiarata illegittima dal Consiglio di Stato nel 2011 ed ora è la regola applicata a partire dalle elezioni europee del 2014.

Le prossime elezioni europee 2019 pongono problemi. Sono decisive per la tenuta dell’Ue, se non risolve i suoi problemi maggiori, tra i quali per insipienza ha assunto il maggior rilievo quello dei migranti, rispetto alla crescita delle diseguaglianze. Il tentativo di farne una specie di referendum tra europeisti e populisti è già fallito in partenza, quando alla testa dei populisti abbiamo Orban della Fidesz e Seehofer della Csu, sostenuti da Kurz della Övp, tre esponenti di rilievo di partiti del Ppe.

La Lega si presenta alle Europee con una linea chiara, anche se contraddittoria rispetto agli interessi italiani al ricollocamento dei migranti accolti in questi anni in altri paesi Ue, e il loro esito sarà un altro segno di un mutamento dei rapporti di forza all’interno del governo. La stessa legge elettorale europea presenta problemi come la soglia del 4%, che sarà discussa in Corte il 23 ottobre 2018 e la questione delle liste delle minoranze linguistiche, che sono limitate alla francese, tedesca e slovena, quando quelle riconosciute sono molte di più dalla legge n. 482/1999 e la regolamentazione per le elezioni nazionali è differente nelle Regioni a Statuto speciale. La Lega anche su questo terreno ha preso un’iniziativa eleggendo con i suoi voti un esponente del partito sardo d’Azione e formando una giunta con gli autonomisti valdostani espressione della minoranza linguistica francese. Il vantaggio della Lega dei «due forni», governo sulle sue posizioni o elezioni anticipate, può essere annullato soltanto se la legge n. 165/2017 fosse sottoposta al vaglio di costituzionalità grazie ad una decisione della Consulta il 4 luglio prossimo e se il M5S riprendesse le sue posizioni di principio sulle leggi elettorali e ne investisse il Parlamento.

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