Alias

Il romanticismo dei fuorilegge

Il romanticismo dei fuorilegge

Games Red Dead Redemption 2 Il nuovo arrivato in casa Rockstar è un inno a decenni di storia del cinema

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 8 dicembre 2018

Il western del nuovo secolo, l’opera attraverso la quale risorge un genere sul baratro dell’estinzione e quasi rimosso dalla coscienza collettiva di un pubblico contemporaneo disaffezionato, non è un film ma un videogioco, ovvero Red Dead Redemption 2, colossal di Rockstar Games per Playstation 4 e XBox One che sfida le convenzioni e le mode per imporsi trionfalmente sul mercato, seducendo con la sua immensità la critica e i giocatori di tutto il mondo. Lo si potrebbe pensare come un progetto fallimentare, destinato ad una tetra grandezza postuma come i Cancelli del Cielo, la fine di una maniera titanica di concepire il videogame come il film di Cimino fu il tramonto triste e meraviglioso di un modo di fare cinema, eppure Red Dead Redemption 2 ha già prodotto milioni di dollari, andando oltre l’investimento smisurato che ha reso possibile la sua produzione e realizzazione nel corso di otto anni. Ma è l’amore a premiare Rockstar e non solo i suoi capitali arricchiti oltremodo da quel successo globale che è la serie di Grand Theft Auto, la passione che traspare dietro l’invenzione di ogni panorama, personaggio, suono e storia di Red Dead Redemption 2. Gli artisti di Rockstar hanno ribadito inoltre un concetto ancestrale, anch’esso per lo più obliato in un’epoca di nozionismi, superficialità, presunzione e dilettantismo: studiare, dal latino “studere”, significa anche amare, e nella loro opera questo sentire amoroso per l’oggetto di una ricerca, in questo caso quella sulla cinematografia di genere, ha favorito il sorgere di un insieme visionario e monumentale nel quale è recuperato e rivitalizzato ogni cinema western possibile.

Red Dead Redemption 2 è un inno a decenni di storia del cinema, quello che nacque con The Great Train Robbery di Edwin Porter nel 1903, gli anni in cui la storia della frontiera giungeva al suo crepuscolo, cedendo alla modernità, per diventare mito ed essere celebrata dalla settima, nascente arte.

Gli anni del west si estinguono e divengono cinema, il cinema western muore e diviene videogioco.

Chissà che negli ipotetici secoli venturi che attendono l’umanità l’epopea americana del west non subisca il fato dell’epica greca che mitizzò e rielaborò la storia di allora e il western sia destinato a ritornare con i suoi eroi e i suoi topos, come il mito ellenico fu resuscitato durante il rinascimento, l’illuminismo e il romanticismo.

Red Dead Redemption 2 si svolge nel 1899, proprio al tramonto del west, e ci racconta le imprese e le malefatte di una banda di banditi. Non si tratta tuttavia di gelidi assassini, predatori di deboli, ma di un’anarchica e idealista congrega che contempla nel suo gruppo un’eterogenea e varia umanità. La banda di Dutch Van der Linde è composta sì anche da pistoleri e fuorilegge talvolta spietati, ma ci sono donne e bambini, ex-schiavi, nativi americani, messicani, tedeschi, disadattati. Sono mossi da un’etica condivisa, cavalleresca, e da un sogno comune, quello di fuggire ad una modernità intesa come mostruosa per vivere nella natura, finalmente in pace. Viviamo il fluviale racconto di Red Dead dal punto di vista di Arthur, braccio destro di Dutch, un pistolero del quale possiamo decidere in maniera soggettiva l’orientamento etico (chi scrive lo ha trasformato un cavaliere senza macchia) ma il cui atteggiamento è già a priori non incline alla perfidia, al sadismo, alla cieca violenza contro gli innocenti. Inoltre egli è un artista, scrive con raffinatezza nel suo diario e traccia elaborati disegni di ciò che osserva.

Trascorreremo attraverso monti ghiacciati e selve amene, viaggeremo per paludi e pianure, visiteremo villaggi polverosi e città già mutate dalla modernità, guaderemo fiume e navigheremo per laghi cristallini. Ci muoviamo con una lentezza che è quella del cinema, ma amplificata a dismisura, e della vita, cavalcando a lungo, fermandoci a osservare una natura che ci meraviglia con la sua bellezza e ci annichilisce con la sua crudele indifferenza e, in una dissolvenza perpetua, sfioriamo il cinema di John Ford e Howard Hawks, di Sam Pekimpah e Don Siegel, di Bud Boetticher e Anthony Man, di Arthur Penn e Clint Eastwood, di Nicholas Ray e Michael Cimino, di Robert Aldrich e Quentin Tarantino.

Il mondo di Red Dead Redemption 2 palpita di mille storie opzionali, rende possibili innumerevoli attività, è abitato da persone plausibili che reagiscono alla nostra presenza e si ricordano delle nostre azioni. Assaltiamo un treno o andiamo a pesca, aiutiamo un disgraziato o inseguiamo psicopatici per recuperare la loro taglia, andiamo a caccia (mai rappresentata in modo così crudo e realistico) e ci ubriachiamo al saloon, giochiamo a poker, a domino o al gioco delle cinque dita, ci prendiamo cura del nostro cavallo o facciamo bieco strozzinaggio, cuciniamo o costruiamo frecce, ci facciamo il bagno in un hotel o ci radiamo davanti ad uno specchio, proteggiamo le suffragette o tendiamo un agguato ai fanatici del Ku Kux Klan. Tra tante azioni disponibili ci attardiamo spesso ad ascoltare, sotto la volta del cielo stellato, attorno ad un falò, mentre qualcuno suona la chitarra, le storie dei nostri compagni, indimenticabili momenti di contemplazione. Ovviamente si spara, con pistole e fucili, e facciamo a cazzotti, altrimenti che western sarebbe?

La violenza di Red Dead Redemption 2 è addolcita dal suo sfrenato romanticismo e non vi è esclusa una tenerezza che ci delizia con il suo lucore sentimentale, una luce d’umanità in un mondo duro e crudele, come quando John Wayne abbraccia Natalie Wood alla fine di Sentieri Selvaggi.

Videogame definitivo, inteso nella sua mimesi dell’esistenza, uguagliato solo, per la vastità delle sue terre e la ricchezza delle possibilità offerte al giocatore, da Legend of Zelda Breath of the Wild, l’ultima opera di Rockstar Games è anche la summa della poetica e della politica di una software house che oltre alle sue celeberrime saghe criminali ci ha fatto già giocare con The Warriors di Walter Hill, ribellarci alla dittatura di un regista folle in Manhunt con un tripudio di splatter e vivere le gioie e i dolori di un adolescente in collegio con Bully.

Vi ci vorranno giorni di imprese e di magnifica monotonia per completare l’intreccio avvincente di Red Dead Redemption 2 e può sorgere spontanea l’esigenza di correre fino al finale, completando solo le missioni principali per giungere infine all’epilogo. Ma non fatelo, sebbene la trama possegga un’epica dolorosa degna del cinema di Sam Pekimpah, perché vi perdereste tutto ciò, ed è tantissimo, che questo capolavoro ha da offrire, le sue sorprese, gli omaggi al cinema e soprattutto l’interazione con decine di personaggi la cui storia vale la pena di essere ascoltata e vissuta.

Red Dead Redemption 2 ha la profondità insondabile di un orizzonte sconosciuto, che ci invita ad essere scoperto, atterrendoci ed esaltandoci con le sue rosee e oscure promesse d’avventura.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento