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Il rock non è una musica per giovani

Il rock non è una musica per giovaniLoretta Lynn

Fenomeni/Una sfilza di ultrasettantenni domina un genere nato come celebrazione dell’adolescenza. Ecco i dinosauri che incantano I capelli grigi e le rughe sono i nuovi giubbotti di pelle. I vecchietti sbancano le classifiche e si esibiscono in tour estenuanti

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 4 febbraio 2017

«Se ci metti il cuore non sarai mai vecchio», scrive Bruce Springsteen nella sua autobiografia Born to Run uscita quest’anno. Nessuno lo sa meglio di lui. Nel 2016 ha compiuto 67 anni ed è stato il performer più seguito del pianeta raccogliendo ai suoi show più di un milione e mezzo di spettatori che hanno assistito a concerti che non si sono mai conclusi prima di tre ore. Nessun artista musicale (o di qualsiasi altra forma di spettacolo dal vivo) ha fatto di meglio.
Il nuovo album dei Rolling Stones ha debuttato al primo posto nella classifica inglese e al quarto della classifica Usa. Un successo che dura da più di cinquanta anni. L’età media degli Stones è di 72 anni e qualcuno ha fatto notare che è superiore all’età media della Corte Suprema degli Stati Uniti, non certo un club di adolescenti.
«Il rock non è morto. È diventato vecchio», ha scritto il New York Times qualche tempo fa commentando il successo del festival californiano Desert Trip, dove 150mila spettatori hanno assistito all’esibizione di una line-up composta dagli Stones con Bob Dylan, Neil Young, Paul McCartney, gli Who e Roger Waters. Come se San Siro si riempisse oggi per vedere giocare Gianni Rivera. Negli anni ’50 il rock era il linguaggio dei teenager, oggi non lo è più. I capelli grigi e le rughe sono il nuovo giubbotto di pelle. Nessuno l’avrebbe pensato trenta o quaranta anni fa. Nel rock i dinosauri non si estinguono. Sono in cima alla catena alimentare.
I CAMPIONI
I campioni di questa sfida musicale contro gli anni sono alcuni artisti che hanno fatto la storia. Chuck Berry è uno dei padri del rock’n’roll. Nel 1959 aveva da poco compiuto ventitré anni quando venne arrestato in Tennessee con l’accusa di aver avuto rapporti con una ragazza minorenne. Ai neri erano riservati ben pochi diritti: non ebbe un giusto processo e finì in carcere fino al 1963. Si disse che era un artista finito. Berry è sopravvissuto a tutti quelli che lo hanno anche solo pensato. Ha compiuto da poco 90 anni e per il 2017 ha annunciato un album con canzoni nuove: il suo primo disco da 38 anni a questa parte. Nella sua nona decade non ha rinunciato a calcare il palco, facendo tour internazionali.
Fino al suo 88esimo compleanno, inoltre, ha mantenuto la tradizione personale di esibirsi una volta al mese al Blueberry Hill, uno storico locale di St. Louis. Una rito iniziato nel 1996 e durato per vent’anni. Nessun’altra rockstar ha mai suonato così tante volte nello stesso posto. Non si sa se il nuovo album, che sarà intitolato Chuck, sarà seguito da un tour. Nessuno ne sarebbe sorpreso. Tra i patriarchi del rock non è l’ultimo rimasto sulla piazza. Jerry Lee Lewis, 81 anni, ha inciso la sua prima canzone nel 1956 negli storici Sun Studios di Memphis. Ha avuto una vita a dir poco turbolenta. Sette matrimoni, due conclusi con la morte della coniuge. Sei figli di cui due morti giovani. Nel 1957 scandalizzò il mondo sposando una cugina tredicenne.
Il suo soprannome era «the killer» per come suonava il piano, ma il nomignolo si adattava anche alla sua storia personale. Nel 1976 fu arrestato perché voleva sparare a Elvis nella reggia di Graceland. Poco tempo prima aveva sparato al suo bassista durante un litigio. Il suo ultimo album, non a caso intitolato Mean Old Man («vecchio uomo malvagio»), è il quarantesimo della sua carriera; è uscito nel 2010 e lo ha visto duettare con altri grandi come Eric Clapton, Keith Richards, Solomon Burke.
Il killer non è ancora sceso dai palchi e si esibisce presso il suo locale il Jerry Lee Lewis Cafe & Honky Tonk di Memphis e in giro per gli States, il prossimo 28 aprile sarà al Festival country Stagecoach in California. L’altro genio ribelle del rock delle origini, Little Richards ha da poco compiuto 84 anni e ha ufficialmente smentito qualche mese fa la notizia che era gravemente malato. «Canto ancora – ha detto – sto bene e ho solo avuto un intervento chirurgico all’anca». Fats Domino ha 88 anni e si sta godendo una meritata pensione. La sua carriera è iniziata nel 1947 ma il suo momento più avventuroso lo ha vissuto dopo i 75 anni. Nativo e cittadino di New Orleans, nel 2005 fu infatti sorpreso dall’uragano Katrina a casa e fu dato per disperso. Si disse che fosse morto nell’inondazione.
SALVO PER MIRACOLO
In realtà si salvò quasi per miracolo perdendo però tutto, compreso decine di dischi d’oro e premi alla carriera. Dopo l’urgano ha deciso di tornare sulle scene per la sua città e per dimostrare che l’anima musicale della sua New Orleans non era stata cancellata. L’ottuagenaria più attiva è però Loretta Lynn, la regina del country americano. Nata in Kentucky nel 1932, l’anno in cui Franklin Delano Roosevelt vinse le sue prime elezioni, sembra più attiva che mai. Ha pubblicato nell’ottobre del 2016 White Chistmas Blue, un disco di canzoni di Natale. Era il suo secondo disco dell’anno dopo Full Circe, album che l’ha vista entrare per la quarantesima volta nella top ten country e le ha regalato l’ennesima nomination ai Grammy.
Il pubblico al di fuori del country ha iniziato a riconoscere il suo valore solo dopo il suo settantesimo compleanno. L’album Van Lear Rose del 2004, prodotto da Jack White, è stato il suo maggior successo sul mercato non country e all’estero. Si esibisce ancora con regolarità e per il suo 85esimo compleanno sarà in tour. Sarà sui palchi anche John Mayall, padre del blues rock inglese che a 83 anni ha già pronta una nuova tournée mondiale che farà tappa il 23 e 24 febbraio in Italia, a Pistoia e Mantova. Il blues mantiene giovane anche l’ottantenne Buddy Guy che si esibisce quasi quotidianamente nel suo locale di Chicago.
IL FUORILEGGE
Ancora attivo anche l’ex Rolling Stones Bill Wyman che nel 2016 ha dovuto rallentare la sua scaletta per combattere un cancro alla prostata. Lo scorso ottobre ha festeggiato comunque gli 80 anni suonando con la sua nuova band i Rhythm Kings e un gruppo di giovani amici quali Van Morrison e Robert Plant. Il ragazzo terribile però è l’83enne Willy Nelson. Il fuorilegge del folk americano, un po’ nativo cherokee un po’ cowboy, ha iniziato la sua carriera relativamente tardi, intorno ai trent’anni. Ma ha più che compensato il tempo perso: 68 album in studio e 10 dischi live, un repertorio di quasi 350 canzoni, quasi 40 milioni di dischi venduti.
Dal 2010 a oggi ha già dato alle stampe otto album di materiale nuovo e di interpretazioni di classici. I più recenti sono Summertime, una rilettura della musica di Gershwin, e For the Good Times, un tributo all’interprete country Ray Price. Alla sua biografia vanno aggiunte quattro mogli, sette figli e una colossale multa da 16 milioni di dollari dal fisco americano per non aver mai pagato le tasse. Il suo segreto? Secondo lui la sua passione per la marijuana. Per decenni è stato il maggior testimonial della legalizzazione della cannabis. Una battaglia vinta, visto che in diversi stati Usa sono passate leggi anti-proibizioniste. E così, poco dopo il suo ottantesimo compleanno, ha deciso di lanciare anche un proprio marchio di marijuana, la Willie’s Reserve. Altro che ricovero per anziani, ancora oggi passa la vita in tour e trascorre circa 150 notti all’anno sul tour bus. «Se sto lontano dalla strada per troppo tempo mi deprimo – ha detto -. La verità è che se non lavoro non sto bene». Non chiamatela terza età, per questa generazione di musicisti gli 80 sono i nuovi 30.

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