Il ritorno di Nosferatu
La mostra «Phantoms of the night:100 Years of Nosferatu», apre il 16 dicembre (fino al 12 gennaio prossimo) alla Nationalgalerie di Berlino
La mostra «Phantoms of the night:100 Years of Nosferatu», apre il 16 dicembre (fino al 12 gennaio prossimo) alla Nationalgalerie di Berlino
Sicuramente l’idea di donare il sangue, con tutte le possibili paure del caso, è stata vinta in Germania, quasi paradossalmente, grazie a una mostra su Nosferatu. Già, proprio grazie a quel signore con occhiaie scure che, di solito, il sangue se lo procura attraverso un bacio un po’ troppo aggressivo – e mortale – al collo di una fanciulla forse neanche innamorata.
Per la nuova mostra Phantoms of the night:100 Years of Nosferatu, che apre il 16 dicembre (fino al 12 gennaio prossimo) alla Nationalgalerie di Berlino, il museo ha organizzato di collaborare, da subito e intelligentemente, con la Croce Rossa tedesca. Sì, proprio per preparare e offrire l’occasione di fare una donazione di sangue a tutti i visitatori ‘coraggiosi’ che vorranno e potranno farlo.
Del resto, a livello di sangue, si tratta di un anniversario importante perché era giusto nel marzo di 100 anni fa, il 4 marzo del 1922, che la città di Berlino ospitava la prima del film Nosferatu del regista Friedrich Wilhelm Murnau, presso l’elegantissima Sala di Marmo dei giardini zoologici.
La mostra esplora l’eredità di Murnau, famoso nell’epoca dell’Espressionismo tedesco e morto all’età di soli 42 anni, senza aver avuto purtroppo la possibilità di vedere il film che lo rese davvero – e tragicamente – immortale.
Frank Schmidt, tra i curatori della mostra, dice che appena uscito, il film cominciò ad ispirare artisti soprattutto in Francia e che anche André Breton considerava Nosferatu tra i primi film horror che poteva esercitare una grande influenza nel mondo dello spirito.
Un’idea, quella di Nosferatu, che era entrata nella cultura popolare, mentre l’Espressionismo aveva aiutato a comprendere la situazione tedesca degli anni venti. La minaccia raccontata in pellicola, rivelava in concreto quella reale del nazionalsocialismo. Con le ombre cupe di Nosferatu, si era provato ad avvertire e anticipare quelle ancora più terribili che in Germania e nell’Europa intera si sarebbero viste solo dieci anni più tardi. Quelle di Adolf Hitler.
La creazione del conte Orlok era stata una copia del conte Dracula di Bram Stoker. La sua vedova, Florence Stoker, accortasi della copia ritenuta scadente del regista Murnau, lo aveva denunciato e, nonostante il goffo tentativo di cambiare nomi e piccoli dettagli nel film Nosferatu, aveva vinto la causa (per esempio i due canini lunghi e appuntiti di Dracula, con Nosferatu erano diventati incisivi aguzzi, ma sempre comunque pronti ad essere affondati nel collo della propria vittima).
La vedova Stoker, vinta la causa, era riuscita ad avere un rimborso economico e, con l’aiuto del governo inglese, anche a far sparire tutte le copie di Nosfetatu in circolazione. Moltissime copie distrutte ma, per fortuna diciamo noi oggi, qualche copia in quegli anni senza Netflix rimase comunque in circolazione.
Nato da una risposta al Realismo, l’Espressionismo tedesco aveva cominciato a raccontarsi ed esprimersi attraverso la pittura e il teatro, per poi arrivare anche al cinema. In Nosferatu i costumi, la forma narrativa dai toni cupi e contrasti netti, le ambientazioni e l’illuminazione decise e ‘teatrali’, e anche gli attori che creavano situazioni spinte emozionalmente all’eccesso, erano gli elementi formali di quella scuola artistica.
L’interpretazione degli attori risulta qui esasperata, specialmente all’interno di una narrazione ‘horror’ come questa. La distorsione diventava così l’elemento narrativo principale lungo il quale costruire la storia.
E, proprio il movimento artistico degli estremi, cominciò a svanire esattamente nel momento in cui i suoi rappresentati scapparono con la nascita del nazismo, per poi trovare successo a Hollywood dove riuscirono anche a costruire e influenzare generi come l’horror e il film noir. Nosferatu è certamente un primo fondamentale esempio di Espressionismo tedesco in pellicola.
Nel film, il disagio e lo spaesamento sono raccontati anche dal forte contrasto di luce/buio e nei quadri dai colori sempre pieni e saturi, usati dagli artisti espressionisti che hanno così urlato la loro rabbia e la loro denuncia come Ernst Kirchner, Egon Shiele, August Macke, o Franz Marc.
Le forme di quegli anni sono decise e nette, senza linee incerte o sfumate, e l’obiettivo di chi faceva quel cinema era quello di usare una distorsione formale estrema per esprimere una realtà emozionale personale molto forte. Nosferatu, insieme a Il Gabinetto del dottor Calligari del 1920, resta tra i primi e fondamentali esempi di Espressionismo tedesco nei film.
Grazie alle copie pervenute fino a noi, conosciamo l’immagine di Orlok in cima alle scale con la sua ombra terribilmente allungata, le sue orecchie a punta, la sua testa calva, le spalle ingobbite con quelle mani bianche con unghie quasi ad artiglio.
Il film mostrava come il conte Orlok – forse mai davvero morto (!) – si alzasse da una bara aperta con il busto eretto e, con il viso dalle occhiaie livide e profonde, si avventurasse a cercare le sue vittime. Fu così che il film aveva atterrito gli spettatori di quel lontano 1922, ignari anche del fatto che, proprio loro, sarebbero stati i primi nella storia a spaventarsi e sobbalzare sulle sedie del cinema per la vista di questo racconto oltre il possibile.
Nosferatu ha sempre conquistato il pubblico e influenzato la cultura in molti modi. Negli ultimi anni anche i Simpson o SpongeBob, hanno dovuto fare i conti direttamente con il conte Orlok in alcuni famosi episodi.
In mostra, oltre all’indimenticabile immagine del fotogramma che vede Nosferatu in piedi, sovrastato da un arco acuto e in un buio tetro e illuminato solo da una luce sinistra e dal biancore del volto e delle mani, sono esposte anche altre fotografie ricavate da fotogrammi del film.
Sono quelli in cui il ‘mostro morto’, in piedi e con la mano destra alzata, sembra rivolgersi a qualcuno o qualcosa, e sono anche quelli molto scuri dell’ambiente esterno in cui si intravede un albero nel buio. Sono esposti in mostra anche il manifesto pubblicitario per il film uscito su Film-Tribune nel 1921, e una bozza per la locandina del film, entrambi dell’artista Albin Grau (artista, architetto e occultista tedesco), ricordato anche con il suo nome ‘magico’ Master Pacitius.
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