Cultura

Il ritorno di Ivan Illich nel libro di Aldo Zanchetta

Il ritorno di Ivan Illich nel libro di Aldo ZanchettaLo studioso Ivan Illich scomparso nel 2002

Anniversari Insieme a una biografia del filosofo e teologo austriaco scomparso vent'anni fa, il volume "In cammino con Ivan Illich", per Hermatena, contiene alcuni punti di un pensiero insofferente a ogni steccato, qualcuno dei suoi testi più significativi e una serie di testimonianze

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 27 dicembre 2022

A vent’anni dalla sua morte, Ivan Illich «è tornato». Ed è un ritorno di interesse – per lui che era stato «un eroe per la generazione dei baby-boomers» ma che poi era stato rifiutato o dimenticato – strettamente connesso con il momento che l’umanità sta affrontando: un periodo in cui, come afferma il suo discepolo e amico Gustavo Esteva, «ci lasciano senza parole il collasso climatico e quello socio-politico», mentre «sono crollati i pilastri intellettuali del nostro pensiero». Come evidenzia il libro di Aldo Zanchetta, In cammino con Ivan Illich (Hermatena, pp. 196, euro 17), il grande teologo e filosofo austriaco aveva visto già mezzo secolo fa «le tendenze che poi ci hanno portato al disastro attuale». Per questo, «nel buio che ci circonda, Illich è una luce che rischiara il cammino possibile», scrive Zanchetta proponendo, insieme a una sua biografia, alcuni punti di un pensiero insofferente a ogni steccato, qualcuno dei suoi testi più significativi e una serie di testimonianze.

DOTATO DI «UN SAPERE AMPIO che gli consentiva di spaziare con agilità in molti mondi culturali diversi», di una memoria prodigiosa, di un buon intuito e di un’intelligenza non comune», Illich è stato sicuramente una figura profetica. Non a caso, il Cidoc, il Centro di Documentazione Interculturale da lui creato a Cuernavaca, era diventato un fondamentale punto di incontro «di una parte consistente dell’intellettualità critica internazionale del tempo». Se infatti un profeta, come ripeteva lui stesso, non è colui che vede il futuro in una sfera di cristallo, ma chi «sa leggere correttamente il presente e scoprirne le linee di forza più profonde», Illich ha saputo anticipare con stupefacente lucidità le minacce e le contraddizioni nascoste nella mitologia dello sviluppo, offrendo una «cassetta degli attrezzi» intellettuali con cui poter affrontare l’attuale crisi globale nelle sue diverse declinazioni economiche, finanziarie, politiche, ecologiche. E con cui operare quel cambiamento radicale di percorso – un «ri-orientamento della civiltà» – senza il quale, evidenzia Zanchetta, non potremo salvarci.

ATTENTO ALL’EVOLUZIONE degli strumenti che avevano accompagnato il percorso dell’homo sapiens nei millenni, Illich aveva intuito come lo strumento, inteso come un mezzo che l’essere umano può impiegare per un certo scopo e poi «lasciare secondo la propria volontà», si stesse trasformando, a partire dalla fine del XX secolo, in qualcosa di diverso, instaurando con il corpo una nuova relazione e rendendolo parte di un sistema che lo inghiotte, lo fagocita, lo rende parte di sé. Da qui il concetto di «controproduttività», «cioè il fatto – scriveva Illich – che un dato strumento (per esempio un sistema di trasporto), quando supera una certa intensità, inevitabilmente vanifica lo scopo per il quale era stato creato penalizzando più persone di quante riescono a beneficiare dei suoi vantaggi». E da qui anche la sfida di riuscire, secondo le parole del suo amico Jean Robert, a «ricollocare lo strumento moderno in un insieme di limiti politici definiti a partire da soglie dimensionali rigorose».

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