Il ritorno dei tasti e la nostalgia per il cambio a doppietta
Habemus Corpus Prima di cimentarmi con il presente scritto, ho provato a interrogare il mio smartphone usando il comando vocale
Habemus Corpus Prima di cimentarmi con il presente scritto, ho provato a interrogare il mio smartphone usando il comando vocale
Lo amo e lo odio, neanche fosse un amante incostante, con la differenza che un amante sbagliato puoi lasciarlo in ogni momento, mentre lo schermo touch screen, che reagisce al minimo alito, ci è stato imposto su ogni appendice tecnologica, dal telefono alla piastra a induzione, dal navigatore alla lavatrice, dal frigorifero al forno.
Affiancato ai comandi vocali, lo schermo che tutto fa con un semplice sfioramento può essere fonte di più o meno complicati misunderstanding sia con la macchina stessa che con gli umani coinvolti.
Per esempio, prima di cimentarmi con il presente scritto ho provato a interrogare il mio smartphone usando il comando vocale. Siccome pare che i cari vecchi tasti sostituiranno alcune funzioni ora gestibili solo con il touch screen, ho dettato al telefono «Ritorno dei tasti sul cellulare». Quello ha capito «Ritorno dei tassi sul cellulare» e mi ha sciorinato una serie di articoli con consigli sugli investimenti. Colpa mia, secondo la macchina, che non avevo pronunciato con sufficiente chiarezza la frase.
Per le suddette ragioni, tempo fa, avevo disattivato dopo due giorni il riconoscimento delle impronte sul cellulare perché, avendo massacrato il mio polpastrello tagliando delle verdure per un minestrone, quello scemo di schermo non riconosceva più il mio dito. Sempre per analoghe motivazioni, litigo con il piano a induzione quando sono costretta a usarne uno, oppure mi scivola un dito sul bordo del cellulare e si aprono opzioni a me sconosciute, partono like o dislike che non avevo nessuna intenzione di mandare e, se mi capita di dover usare un cellulare diverso dal mio, mi trovo immersa in un sistema di tocchi e sfioramenti a me sconosciuto e che scatena una serie di reazioni impreviste tipo: si apre quel che volevo chiudere, si chiude quel che volevo aprire, pigio e non succede nulla, mi sembra di non aver toccato alcunché e si dispiegano universi di applicazioni. Per una come me che per trent’anni ha suonato il pianoforte, e quindi sa che esistono infiniti modi di percuotere un tasto per ottenere effetti diversi, quella del touch screen è una dittatura del tocco insopportabile perché la macchina, più che rispondere alle tue sollecitazioni, ti impone il suo modo di sfiorare.
Qualcun altro si deve essere accorto che il fantastico mondo del touch screen non è poi così fantastico. Il Ncap, per esempio, che è il Programma europeo che valuta la sicurezza dei veicoli, ha consigliato di ripristinare sulle auto, entro il 2026, alcuni tasti per funzioni basilari perché gli schermi sempre più sofisticati, con menù e sottomenù, costringono il guidatore a guardare più il monitor che la strada. Insomma, per attivare le luci, le frecce, il calcson o i tergicristalli si tornerà al caro vecchio dito che schiaccia un pulsante o solleva una levetta.
Avendo io imparato a guidare su una Bianchina dove per cambiare bisognava fare la doppiettta, trovando che l’auto più divertente che ho condotto è stata una Fiat 124 che aveva lo sterzo duro quasi come quello di un camion, capirete perché eviterò finché posso di passare al cambio automatico, e quindi figuriamoci quanto mi appassionano i navigatori che sembrano usciti da Star Wars.
Non è una questione di nostalgia, ma la convinzione che con gli oggetti che usiamo sia necessario avere un rapporto fisico, materico. Visto che siamo dotati di arti, mani, piedi e dita con infinite potenzialità, lasciatecele usare. E comunque, la terza auto più divertente che ho avuto era una Solara Talbot, usatissima. La chiamavo l’Ammiraglia del Pensionato. Mio figlio me la rinfaccia ancora.
mariangela.mianiti@gmail.com
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