Il ripristino della natura è fondamentale
In un pianeta popolato da piante, animali, insetti, funghi, batteri e microrganismi, anche un bambino trascinato dal fascino dell’osservazione si renderebbe conto di quanto importante sia che ciascuno svolga il […]
In un pianeta popolato da piante, animali, insetti, funghi, batteri e microrganismi, anche un bambino trascinato dal fascino dell’osservazione si renderebbe conto di quanto importante sia che ciascuno svolga il […]
In un pianeta popolato da piante, animali, insetti, funghi, batteri e microrganismi, anche un bambino trascinato dal fascino dell’osservazione si renderebbe conto di quanto importante sia che ciascuno svolga il proprio ruolo, nell’interesse di tutti.
Qualsiasi sia la propria idea sull’equilibrio della natura, non possiamo nascondere che sono proprio queste relazioni che permettono di esaltarne la resilienza da cui dipende il futuro degli ecosistemi. Disconoscere che, nella qualità homo sapiens, non abbiamo saputo esercitare al meglio il nostro ruolo è un irrazionale tentativo di nascondersi dietro un dito.
Negli ultimi decenni abbiamo imparato il concetto di lobby, di per sé non è una parola brutta, è il modo in cui ci si comporta che rende un’azione virtuosa o meno. Quando si parla di impegno nella conservazione delle risorse naturali, le azioni delle lobby sono per nulla virtuose. Oggi il tema in discussione nell’Ue è la Nature Restoration Law, un regolamento europeo che discende dalle ambizioni del Green New Deal della Commissione europea e dalla Strategia Biodiversità 2030 che in modo visionario ha messo al centro la conservazione degli ecosistemi soprattutto laddove il loro ripristino può diventare strumento di contrasto alla crisi climatica. E non c’è alcun dubbio che oggi dovremmo essere favorevoli ad ogni norma rivolta a sostenere questi obiettivi. Conservazione concreta di aree naturali, ripristino di quelle umide, contrasto alla deforestazione, conversione della relazione tra infrastrutture verdi e progettazione delle città, sono alcuni degli elementi che vogliono trasformare gli auspici delle strategie in fatti concreti, in grado di dare un segno tangibile della conversione ecologica.
La necessità per gli Stati membri di redigere i Piani nazionali di ripristino sarà il modo per misurare quanto davvero dietro alle parole possano esserci scelte concrete; si potrà comprendere quanto di vero ci sia quando sentiamo dire dai governi che l’impegno per il contrasto della crisi climatica passa non solo per il ripristino dei danni ma soprattutto per una valutazione delle cause.
C’è chi sostiene che con questo regolamento si comprometterebbe la ultradecennale politica agricola: allora approfittiamone per cambiamenti concreti di visione. La costante perdita di fertilità dei suoli arabili, la compromessa salute degli ecosistemi marini, sono elementi che devono incoraggiare a non indugiare. Il modello agricolo europeo, dall’ultimo dopoguerra, è stato indirizzato da quelle lobby che hanno scelto di operare per massimizzare i profitti mettendo le mani sulla produzione del cibo. Una produzione senza limiti, spesso, legato a un consumo irresponsabile di risorse naturali che ha messo in crisi le relazioni ecosistemiche con drammatici effetti sotto gli occhi di tutti. Oltre 3000 scienziati europei sono scesi in campo per sostenere una politica di ripristino della natura, riconoscendo la necessità di voltare pagina rispetto al passato. Abbiamo, però, bisogno di un diffuso accoglimento del percorso legislativo in corso da parte del nostro governo e della politica europea per stare dalla parte della natura e invertire il declino che abbiamo innescato.
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