L’Abrotano bianco, il Berberi, l’Aparina, l’Altea, il Colchico fiorito, la Digitale lutea e quella purpurea, la Draba, l’Helleboro negro, il Dithammo, la Mitridacea, la Pitine di Theofrasto, la Sanguisorba, il Seseli cretico e quello del Peloponneso, la Solidagine Saracenica, il Cardo volgare, l’Umbilico di Venere, l’Astragalo e tante altre sono le erbe delle quali prendono nota i gentiluomini che, nel maggio del 1564, partecipano all’ascesa di Monte Baldo, accanto al Lago di Garda. È un po’ come se stessero esplorando il Nuovo Mondo prendendo nota, fin nei minimi particolari, di quel che vedono.
FRA LORO È UN GIOVANE uomo che, di quelle erbe con quei nomi, sa già cosa fare. Vorrà, dopo averli studiati, catalogati e fatti illustrare/disegnare da chi del mestiere, farli conoscere al mondo, divulgando e facendo circolare immagini, studi, e riflessioni.
Alla figura fondamentale di Ulisse Aldrovandi (1522- 1601), protoscienziato della fine del Rinascimento e in occasione del quinto centenario dalla nascita, è dedicata L’altro Rinascimento. Ulisse Aldrovandi e le meraviglie del mondo (a cura di Giovanni Carrada, Bologna, Palazzo Poggi, fino al 28 maggio), una mostra dalla quale si esce incuriositi su di un milieu culturale, quello scientifico-naturalistico, che solitamente resta, nell’immaginario collettivo, sempre defilato.
L’IRROMPERE della scoperta del Nuovo Mondo mette in crisi le certezze basate sui testi degli antichi e, presenti in mostra, direttamente dalla sua biblioteca personale, ce ne sono alcuni da lui amatissimi come il De Historia Animalium di Aristotele e il De historia plantarum di Teofrasto. Bellissima la versione tascabile (da portare in campagna tipo guida botanica) del De Medica Materia di Dioscoride Pedanio, nella versione qui tradotta, illustrata e commentata P. A. Mattioli (1501-1578) con illustrazioni della pianta del fagiolo ma anche di oppio, cannabis, arsenico e mandragora, fra le altre. Alcuni incontri, dopo l’alzata di testa adolescenziale (era quindi un avventuroso) del cammino, a diciassette anni, fino a Santiago attraverso Navarra, Castiglia e Galizia fino a Finisterrae (e già qui quante erbe e animali e cose nuove per lui) sono importanti per il giovane Ulisse: a Roma conosce G. Rondelet (1507-1566), zoologo noto per trattati sui pesci, a Firenze si imbatte in Luca Ghini (1490-1556) botanico al servizio di Cosimo I de’ Medici, che si apprestava ad allestire l’Orto dei Semplici e che, dal fratello che viveva a Creta, riceveva regolarmente semi di quell’isola. L’Aldrovandi nella sua Bologna si mette all’opera e un principio domina su tutto: si studia soltanto quello che si conosce perché lo si è visto dal vivo. Insomma, tutto inizia perché si erborizza.