Il rider Yiftalem primo Rls italiano: “Noi rischiamo ogni giorno, senza tutele né diritti”
Intervista Il giovane neo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: "La mobilitazione fra di noi sta montando. Just Eat non riconosce queste elezioni, lo aveva fatto anche quando chiedevamo le mascherine. Ma sulle protezioni individuali il giudice ci ha dato ragione, e le legge impone a ogni azienda di tutelare la salute dei lavoratori, permettendo l'elezione di un Rls".
Intervista Il giovane neo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: "La mobilitazione fra di noi sta montando. Just Eat non riconosce queste elezioni, lo aveva fatto anche quando chiedevamo le mascherine. Ma sulle protezioni individuali il giudice ci ha dato ragione, e le legge impone a ogni azienda di tutelare la salute dei lavoratori, permettendo l'elezione di un Rls".
Yiftalem Parigi, 21 anni, rider da quando è diventato maggiorenne, è il primo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls), in un mestiere tanto poco tutelato quanto soggetto a continui rischi quotidiani. “Appena due settimane fa un visto di persona un mio collega tamponato da un’auto, per fortuna senza conseguenze di rilievo. Però qualcuno finisce in ospedale, e tanti altri si rialzano e ripartono per le consegne anche se hanno preso una brutta botta. Ora chiederò subito un incontro alla mia azienda, Just Eat, che per legge deve avere un documento sulla valutazione dei rischi, e mettere a punto prevenzioni adeguate. Pensiamo al casco, alle luci supplementari per le bici, ai giubbotti catarifrangenti. Non vogliamo più rischiare così tanto sul lavoro, non è ammissibile”.
Pensi che l’azienda risponderà alle vostre, pur sacrosante, richieste?
“Just Eat ha già fatto sapere di non riconoscere nemmeno le elezioni. Nonostante che ci sia una legge, la 81/2008, che ci dà il diritto di avere un Rls. Dovremo ricorrere al giudice, come è successo quando l’azienda ci negava i dispositivi di protezione individuale, insomma le mascherine. Sui dpi il tribunale di Firenze ci ha dato ragione, non vedo perché non dovrebbe farlo sugli Rls. E se vincessimo la causa, potremmo organizzare le elezioni dei rappresentanti per la sicurezza anche nelle altre società di food delivery”.
In effetti il primo giorno di voto, davanti al Burger King di piazza Stazione, c’erano vostri colleghi di altre piattaforme che erano interessati. Chiedevano informazioni sulle elezioni?
“Certo, e molti erano dispiaciuti di non poter votare. Ma la causa sui dpi l’abbiamo vinta con Just Eat, così abbiamo deciso, per ora, di seguire questa strada. Ci stiamo comunque accorgendo che la mobilitazione dei riders sta montando. Quando giorni fa è arrivato un messaggio a tutti con la notizia di un accordo fra le aziende e il sindacato Ugl, sono subito partite le proteste. Perché è un pessimo accordo, e perché nessun rider conosce Ugl. Ci chiedevano: ‘Come mai hanno firmato a nome nostro?’. Ecco, noi abbiamo catalizzato le proteste, e dato la possibilità di farsi sentire a chi non era stato ascoltato. Infatti la partecipazione al voto è stata alta, di oltre il 90% dei lavoratori ‘in turno’”.
Vi ha aiutato la presa di posizione di Cgil Cisl e Uil, e delle Union dei riders, contro questo presunto accordo?
“Certamente. Sono compatti nel chiedere al ministero del lavoro di non dare seguito all’accordo, per tutta una serie di giustificati motivi che riguardano anche la reale rappresentatività del sindacato firmatario. Da noi tutto parte dalla base, qui a Firenze sono state le nostre assemblee a convincere la Cgil, che ha un forte rapporto con i riders, a mettersi a disposizione per organizzare il voto. I sindacati confederali e autorganizzati chiedono l’applicazione delle tutele salariali e normative che la legge 128/2020 ci garantisce. Anche se, naturalmente, da quell’orecchio le aziende riunite in Assodelivery non ci sentono”.
Nelle altre città come è la situazione?
“Come sempre dipenderà dalla capacità dei riders di mobilitarsi, come è successo qui. Pensiamo di essere stati un esempio virtuoso. Ora tocca a loro. Di sicuro i miei colleghi vogliono partecipare alle scelte che li riguardano, e anche i tanti rider immigrati stanno imparando a capire quanto sia importante la rappresentanza. Ormai sanno che devono unirsi e lottare per migliorare le loro condizioni di lavoro. Di un lavoro rischioso e pagato pochissimo, a fronte di grandi guadagni per le aziende”.
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