Mentre Michael O’Leary si beccava una meritata torta in faccia a Bruxelles dagli attivisti per il clima mentre promuoveva la petizione che esorta la commisione Ue a proteggere i sorvoli contro gli scioperi dei lavoratori del traffico aereo (le attiviste hanno gridato “Benvenuto in Belgio”), in Italia il ricatto di Ryanair prosegue imperterrito.

LA COMPAGNIA CHE HA INVENTATO il modello low cost ma che nel Belpaese è diventata regina grazie soprattutto alle sovvenzioni di Regioni e aeroporti locali, ha annunciato i primi pesanti tagli nei collegamenti da e per la Sardegna, motivati dal blando decreto del governo che mirava a mettere un tetto agli aumenti dei biglietti per le isole, più che raddoppiati in questi mesi.
In totale sono 10 le rotte sulla Sardegna colpite dalla mannaia di Ryanair: tre cancellate totalmente, sette ridotte di molto. Tagliati i voli per Trieste (da Cagliari), Bari e Treviso (entrambe da Alghero) e ridotta la frequenze sui sei collegamenti nazionali essenziali per Roma, Milano (Bergamo e Malpensa), Catania, Napoli e Venezia, oltre a Charleroi.

L’annuncio è stato fatto in pompa magna a Cagliari dal direttore commerciale Jason McGuinness: «Sono qui per preannunciare purtroppo una cosa che non avremmo certamente voluto: una riduzione di quasi il 10% rispetto al programmato, ciò è totalmente legato al decreto del governo che consideriamo totalmente illegale e che avrà il solo effetto di ridurre la connettività», ha detto il dirigente Ryanair. Poi lo show – negli stessi minuti in cui il suo capo a Bruxelles veniva colpito dalla torta alla crema – : «Fermiamo questo decreto per evitare ulteriori danni irreparabili e, invece, rendiamo l’Italia più competitiva togliendo la tassa chiamata addizionale municipale», ha aggiunto McGuinness, lamentandosi dei 6,50 euro previsti a biglietto.

In realtà si tratta di un’imposta – non «tassa» – per ogni passeggero trasportato da ogni compagnia i cui proventi vengono ripartiti fra Comune, capoluogo di provincia e Regione. Vale però in tutta Italia, ma Ryanair la tira in ballo solo per la Sardegna sfruttando il fatto che qui ha quasi un monopolio, senza considerare le normativa specifiche sulla «continuità territoriale». Insomma, tutt’altro che il libero mercato a cui si appella.

L’ANNUNCIO HA PROVOCATO una miriade di reazioni giustamente rabbiose nei già vessati utenti e lavoratori sardi.

Con Air Italy – l’ex Meridiana dell’Aga Khan – oramai in liquidazione e almeno 550 lavoratori da anni a casa, «l’annuncio del taglio delle rotte di Ryanair non fa altro che minare un settore già fortemente in difficoltà per una già avvenuta liberalizzazione sfrenata e senza regole», denuncia il segretario generale Filt Cgil Sardegna Arnaldo Boeddu.

«È vergognoso», sbotta il segretario della Cgil Sardegna Fausto Durante. «Una scelta inaccettabile da parte di una compagnia che, oltretutto, è destinataria di aiuti e sovvenzioni per i collegamenti con l’isola. Le logiche speculative dovrebbero essere bandite quando si tratta di assicurare il diritto alla mobilità a chi vive in un’isola», aggiunge Durante, auspicando che «il governo nazionale e quello regionale intervengano immediatamente per scongiurare quanto annunciato da Ryanair e che, nella auspicabile ridefinizione delle condizioni per la continuità territoriale, venga finalmente garantito ai sardi il diritto a spostarsi in libertà, oggi sostanzialmente negato».

«Rispediamo al mittente il ricatto di Ryanair», afferma William Zonca, segretario Uiltrasporti Sardegna.

Purtroppo nella sua crociata contro il decreto del governo Ryanair non è sola. Anche EasyJet, dopo aver incontrato il ministro Adolfo Urso, invita il governo a ritirarlo perché «renderà i voli più cari» e «contrasta con il principio di libertà tariffaria stabilito dalla normativa Ue». Mercoledì anche il presidente di Wizz Air Robert Carey aveva definito il decreto «illegale» e «soprattutto sbagliato».

Il modello low cost scricchiola e prova a scalciare.