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Il ricatto alle rifugiate siriane: abusi in cambio di aiuti

Il ricatto alle rifugiate siriane: abusi in cambio di aiutiRifugiate siriane nel campo di al Zaatari in Giordania – Reuters

Siria La denuncia di una ex cooperante contro agenzie Onu e organizzazioni non governative: «Il sistema ha scelto di sacrificare i corpi delle donne»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 28 febbraio 2018

Era il gennaio 2016, a pochi giorni dai fatti del capodanno di Colonia e della successiva campagna anti-rifugiati abilmente montata da governi e destre europee, quando Amnesty International pubblicò un rapporto sulle violenze subite dalle donne rifugiate in fuga da teatri di guerra da parte di cooperanti, guardie dei campi profughi, staff di organizzazioni umanitarie.

Non solo nei campi in Giordania o Turchia ma anche nella blindata fortezza-Europa: «Le donne e le ragazze rifugiate – scriveva Amnesty – subiscono violenze, sfruttamento, violenze sessuali a ogni passo del loro viaggio, compresi quelli su suolo europeo».

In Ungheria, Grecia e Croazia: donne sole o con i figli costrette a subire abusi sessuali e pestaggi per avere indietro un po’ di cibo in più per i bambini. Quell’accusa, gravissima, restò inascoltata e oggi ovviamente ritorna.

Stavolta a denunciare violenze sessuali in cambio di cibo e vestiti, odioso ricatto compiuto da operatori di agenzie Onu e organizzazioni non governative, è una ex cooperante, Danielle Spencer, per anni operativa nei centri di accoglienza.

In un’intervista alla Bbc, ha tracciato le linee di un sistema strutturato e diffuso nei campi per sfollati siriani nel sud del Paese: «Tenevano gli aiuti in ostaggio fino a che le donne non si concedevano», racconta riportando le voci delle vittime. Tanto sistematico che ormai molte donne evitavano di presentarsi nei centri di distribuzione degli aiuti per timore di un nuovo ricatto.

Un ricatto che l’Onu, secondo Spencer, conosce bene da tempo, fin dall’inizio del dramma siriano, «vecchio» ormai di sette anni e dai numeri drammatici: sono oltre 12 milioni i siriani rifugiati o sfollati interni.

La consapevolezza degli abusi da parte delle Nazioni unite è su carta: quest’anno il Fondo Onu per la Popolazione, nel rapporto «Voices from Syria», ricalca l’identica denuncia: «Donne e ragazze sono costrette a favori sessuali in cambio di pasti. Oppure costrette a scambiare aiuti “con visite a casa” o “servizi di una notte”. Donne e ragazze senza “protezione maschile”, vedove, divorziate o rifugiate sole, sono le più vulnerabili allo sfruttamento».

Dello stesso tenore il rapporto dell’International Rescue Committee, presentato a Ginevra nel 2015: il 40% delle rifugiate siriane presenti a Dara e Quneitra (sud della Siria, al confine con Giordania e Israele, zone controllate dalle opposizioni islamiste) hanno subito violenze sessuali per ricevere aiuti umanitari.

A poco è valsa la politica della «tolleranza zero» che l’Onu – e l’Unhcr in particolare – hanno detto di aver adottato nei confronti dei responsabili. Anche qui fonti interne danno una versione diversa: le agenzie umanitarie avrebbero chiuso un occhio per evitare polveroni e per garantirsi l’accesso in zone di guerra, più difficilmente raggiungibili.

«L’Onu e il sistema attualmente in vigore hanno scelto di sacrificare i corpi delle donne – conclude Spencer – Da qualche parte è stata presa la decisione: è ammesso il continuo uso, l’abuso e la violenza sui corpi delle donne pur di riuscire a portare aiuti a un gruppo più vasto di persone»

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