Il rebus del Mes e il braccio di ferro nel governo
Il caso Chiusa la partita del Patto di stabilità entra nel vivo quella del Mes, l'epilogo resta incerto
Il caso Chiusa la partita del Patto di stabilità entra nel vivo quella del Mes, l'epilogo resta incerto
Dopo l’accordo sofferto sul patto di stabilità e crescita raggiunto ieri sul «patto di stabilità e crescita» i margini per la strategia del rinvio del Mes adottata dalle destre al governo si sono ristretti ulteriormente. L’obiettivo politico resta quello di non spaccare una maggioranza divisa e di puntare a un nuovo rinvio del voto sull’enigmatico trattato al 2024. Se la commissione Bilancio della Camera non esprimerà il parere, com’è accaduto anche ieri la ratifica del trattato non potrà approdare in aula. Tutto però continua ad avvenire nella massima confusione. In mattinata infatti erano state diffuse voci su un voto imminente per oggi. La pressione del governo e sulla maggioranza è alta. L’Italia continuerà a restare l’ultimo paese in Europa a non averlo firmato.
È in corso un braccio di ferro tra i pro e i contrari, nella maggioranza, alla firma del trattato.
Ieri, in commissione Bilancio, è andato in scena un altro gioco delle parti tra il sottosegretario all’Economia Federico Freni e Ylenja Lucaselli (Fratelli d’Italia) spiegando che la ratifica non avrebbe effetti finanziari, ma la relatrice non ha formulato il parere e ha chiesto un rinvio. «Non c’è urgenza. E non ci sono effetti negativi per gli altri Stati che possono comunque usufruire del Mes». «Una scelta indecente» l’ha definita Luigi Marattin (Italia Viva) il quale ha evidenziato che alla seconda richiesta di chiarimenti della maggioranza, il Ministero dell’economia ha risposto che «nel caso assai remoto in cui venisse attivato il prestito dal Mes al Fondo Unico di Risoluzione non vi sarebbe un incremento apprezzabile delle probabilità che l’Italia debba versare quote di capitale». Per il partito democratico ciò sconfesserebbe « il bluff della maggioranza».
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