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Il realista Pisapia e il partito di Renzi

La proposta di Pisapia di un soggetto di sinistra con vocazione/cultura di governo, ispirata alla sua esperienza di sindaco di Milano e al formato largo di un centrosinistra con apporti […]

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 28 dicembre 2016

La proposta di Pisapia di un soggetto di sinistra con vocazione/cultura di governo, ispirata alla sua esperienza di sindaco di Milano e al formato largo di un centrosinistra con apporti di natura civica, merita approfondimento. Oltre un anno fa mi rivolsi a lui con una lettera aperta prospettandogli un protagonismo politico nazionale lungo due possibili alternative: o capeggiare una formazione che, verificatene le condizioni programmatiche, si disponesse a una alleanza con il Pd renziano (un centro-sinistra con il trattino) oppure una soluzione più hard, e cioè che Pisapia si iscrivesse al Pd e sfidasse Renzi al congresso-primarie per la leadership su una piattaforma opposta a quella del “partito della nazione”, di un Pd restituito alla sua vocazione naturale di centrosinistra nel solco dell’Ulivo, alternativo al centrodestra. Pisapia ora, finalmente, si orienta verso la prima soluzione.
Al momento trattasi solo di una suggestione e tuttavia ha il merito del realismo: prende atto della circostanza che il PdR (partito di Renzi, copyright Diamanti), la cui esistenza è incerta come partito classico, e tuttavia oggettivamente c’è tra gli elettori; che esso è cosa diversa dal Pd come fu pensato; che una sinistra autentica, fuori dal PdR, abbia il diritto e il dovere di darsi una rappresentanza; che, se essa coltiva ambizioni di governo, piaccia o non piaccia deve considerare allearsi con il PdR, naturalmente su un programma negoziato, nel quale le sue ragioni abbiano rilievo. A mio avviso la proposta Pisapia può fare breccia in un pezzo significativo di elettorato di sinistra oggi demotivato e smarrito, rifluito nell’astensionismo, nel voto a M5S e a disagio verso un Pd neocentrista. Essa potrebbe proporsi l’obiettivo di un consenso a due cifre. Solo allargando e differenziando l’offerta politica il centro-sinistra può proporsi come competitivo e vincente rispetto ai suoi due avversari: M5S e un centrodestra che, ancorché oggi diviso e privo di leader, non va sottovalutato. Essendo, storicamente, maggioritario in Italia.

L’archiviazione dell’Italicum (figlio della pretesa/illusione dell’autosufficienza Pd) e la ripresa del Mattarellum sono un buon viatico alla ripresa di una politica delle alleanze, ma perché Campo progressista possa puntare a un obiettivo (le due cifre) tutt’altro che facile, Pisapia dovrebbe concepire la sua iniziativa nel segno di una cooperazione competitiva. Non una spalla compiacente di Renzi, non un “soccorso rosa”. Ponendo al Pd condizioni politiche (un’alleanza a sinistra meno innaturale e alternativa a quella di oggi con l’Ncd) e programmatiche centrate su lavoro, welfare, uguaglianza. Ci si rifletta: non si sta ragionando di operazioni fantapolitiche, ma, tutto sommato, di un’alleanza di centro-sinistra tra soggetti distinti per un governo di legislatura al modo di quelli conosciuti negli anni 60. E della opportunità che la sinistra acquisti rappresentanza, peso e chance di governo.

L’autore è deputato del Pd

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