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Il razzista Gopstein diventa opinionista

Il razzista Gopstein diventa opinionistaBentzi Gopstein, leader di "Lehava"

Israele Bentzi Gopstein, leader dell'organizzazione antiaraba "Lehava", arrestato a dicembre per incitamento all'odio razziale, chiamato da "Canale 10" a spiegare la sua opposizione alla partecipazione dell'araba Lucy Aharish alle celebrazioni per la fondazione di Israele

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 22 aprile 2015
Michele GiorgioGERUSALEMME

Lo scorso dicembre Ben Zion (Bentzi) Gopstein era finito in carcere per incitamento alla violenza e all’odio razziale, dopo l’incendio appiccato da alcuni dei suoi fedelissimi alle aule della scuola “Mano nella mano” di Gerusalemme, l’unica dove studiano insieme bambini palestinesi ed ebrei. E il mese successivo il ministro della difesa Moshe Yaalon aveva proclamato l’intenzione di inserire il gruppo “Lehava”, guidato da Gopstein, nella lista delle organizzazioni terroristiche ebraiche assieme al Kach e a Kahane Hai. Poi, spenti i riflettori sull’incendio della scuola e cominciata la campagna elettorale portata dal primo ministro Netanyahu sul terreno del nazionalismo sfrenato, Gopstein è tornato ad essere un rispettabile cittadino israeliano. Ieri era negli studi della popolare tv Canale 10, invitato al talk show del mattino, a dare la sua opinione sulla presenza della giornalista 34 enne Lucy Aharish, una palestinese israeliana, tra i 14 cittadini scelti per il rituale dell’accensione delle torce in occasione dell’anniversario della fondazione dello Stato di Israele. Gopstein ha detto la sua sotto lo sguardo interessato dei conduttori e degli altri presenti: «Aharish non è sionista, non è ebrea, non ha alcun titolo per accendere quella torcia». Poi, ha lasciato gli studi delle tv, è tornato alle sue “attività”.

 

La partecipazione come opinionista di Gopstein a un programma molto seguito, testimonia la compiacenza che persino una tv politicamente lontana dal governo come Canale 10 mostra verso gli esponenti della destra più estrema e anti-araba, che predicano l’odio verso la minoranza palestinese (il 20,7% della popolazione secondo le ultime statistiche ufficiali). La motivazione è sempre la stessa: in democrazia parlano tutti. Eppure Gopstein è considerato pericoloso dalla stessa polizia israeliana e dai servizi di sicurezza. “Lehava” (“Fiamma”) si batte, non poche volte con atti di violenza e intimidazioni gravi, contro i matrimoni tra le donne ebree e i non ebrei e i contatti di ogni tipo tra ebrei e palestinesi, usando come copertura l’impegno contro “l’assimiliazione” degli ebrei alle altre culture. I suoi attivisti sono ritenuti tra i possibili responsabili delle decine di aggressioni a danno di palestinesi avvenute nell’ultimo anno in prevalenza a Gerusalemme e nelle adiacenti colonie ebraiche.

 

Gopstein, un seguace del rabbino Meir Kahane, il leader del movimento razzista Kach assassinato nel 1990 negli Usa, mantiene stretti rapporti di collaborazione con altri ben noti kahanisti come Baruch Marzel e l’ex deputato Michael Ben Ari. Per difendere i responsabili dell’incendio alla scuola “Mano nella mano” ha scelto l’avvocato Itamar Ben Gvir, fino a qualche anno fa uno degli esponenti più fanatici della destra radicale e del movimento dei coloni. Gopstein non ha mancato di inviare lettere di protesta a Netanyahu, perchè il figlio del premier frequentava una ragazza norvegese, e alla modella Bar Rafaeli perchè aveva una relazione con l’attore americano Leonardo di Caprio. E ha duramente criticato il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, reo di aver sposato la non ebrea Priscilla Chan. Si commetterebbe un errore a considerare queste iniziative bizzarre e insignificanti. Gopstein sa di non essere solo. Un sondaggio di qualche tempo fa ha rivelato che il 44% degli israeliani ebrei condivideva la strenua opposizione del leader di “Lehava” alla locazione o alla vendita di case ai cittadini arabi. E avvolti nel mistero sono i suoi rapporti con le autorità. Il quotidiano Haaretz ha scoperto che lo Stato aveva versato, dal 2005 al 2013, 175mila dollari all’associazione “Hemla” (“Misericordia”), anch’essa guidata da Gopstein, impegnata contro i matrimoni misti.

 

Questo personaggio è stato invitato da Canale 10 per dare un giudizio sulla partecipazione dell’araba Lucy Aharish alle celebrazioni ufficiali per la fondazione di Israele. Aharish, parte di quel nutrito segmento della minoranza palestinese più integrato nello Stato, da parte sua ha detto di non aver desiderio e tempo per occuparsi delle proteste e dei commenti negativi di Gopstein e di altri israeliani. «Con l’accensione della torcia manderò un messaggio: io esisto, che vi piaccia o no resterò qui e andrò da nessuna parte», ha spiegato la giornalista in evidente riferimento all’appello lanciato il giorno delle elezioni, il mese scorso, da Netanyahu ai cittadini ebrei ad andare votare per contrastare l’affluenza alle urne dei cittadini arabi.

 

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