Il ragazzo indiano e l’imperatrice
Al cinema «Victoria e Abdul», il nuovo film di Stephen Frears, ovvero come raccontare il colonialismo coi buoni sentimenti
Al cinema «Victoria e Abdul», il nuovo film di Stephen Frears, ovvero come raccontare il colonialismo coi buoni sentimenti
Stephen Frears lo ha definito un «My Beautiful Laundrette eterosessuale», anche se Victoria e Abdul, il suo nuovo film fuori concorso alla Mostra di Venezia, con quella lontana commedia scritta da Hanif Kureishi condivide solo l’ispirazione colonialista – allora al presente, qui nelle sue origini.
Già perché la Victoria del titolo – a cui dà vita con piglio impeccabile Judi Dench – è proprio la regina d’Inghilterra il cui nome definirà un periodo tra i più repressivi durato molti decenni. Mentre Abdul è un ragazzo indiano, alto e bello, inviato a corte per consegnare un omaggio alla sovrana in occasione dei cinquant’anni del suo regno. Maldestro ma incredibilmente devoto – la conquisterà baciandole il piede in violazione di ogni etichetta – Abdul diventa il migliore amico dell’Imperatrice d’India, suo segretario e poi «Munchi», maestro spirituale, tra l’ostilità crescente della corte.
Frears lavora sull’omonimo romanzo di Shrabani Basu – la sceneggiatura è di Lee Hall (Billy Elliot) – il quale ci dice che la storia si ispira al diario del fedele Abdul, quello che ne è restato almeno dopo il rogo in cui venne cancellata (dal figlio della regina) ogni traccia di questa amicizia. L’incontro tra colonizzato e colonizzatore viene ripercorso in chiave di commedia, buoni sentimenti, battute e siparietti che mettono da parte la ferocia dell’impero e le rivolte con lo stesso ossequio con cui Abdul continuerà a baciare il piede della sovrana anche dopo morta.
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