L’ex procuratore di San Marco: «Siamo gli artefici della nostra cattiva sorte»
Intervista Parla Arrigo Vestucci: «Non c’è nessuna progettualità seria per difendere Venezia dal mare e dagli altri seri pericoli»
Intervista Parla Arrigo Vestucci: «Non c’è nessuna progettualità seria per difendere Venezia dal mare e dagli altri seri pericoli»
Drammatizzando non si risolve nulla. Anzi, si complicano le cose e si impedisce la costruzione di una vera progettualità capace di governare il problema. Amerigo Restucci, già rettore dell’Università di Venezia e Procuratore di San Marco, scomoda Niccolò Machiavelli per spiegare che prevenire è sempre meglio di curare.
«Sul Principe il grande filosofo scriveva che se non si sistema l’alveo dei fiumi, alla prima piena questi inonderanno, se non si puliscono i campi dalle sterpaglie, al primo focolaio di incendio, brucerà tutto. Allora non diciamo che la fortuna ci ha voltato le spalle ma che siamo stati noi gli artefici della nostra cattiva sorte. Per Machiavelli, provvedere a ciò è compito del Principe. Oggi noi diremmo lo Stato, ma il discorso non cambia. Il disastro di oggi a Venezia è stato causato sì da condizioni meteorologiche avverse, ma se le amministrazioni avessero provveduto a pulire i canali per facilitare il deflusso, a difendere gli argini delle rive ed a mettere in atto tutte quelle operazioni di prevenzione necessarie, oggi non ci troveremo in queste condizioni. Queste sono cose che la Serenissima col suo buon governo faceva regolarmente e che oggi non si fanno più».
Alcuni sostengono che lo Stato ha fatto – e speso! – sin troppo per Venezia realizzando il Mose. Che ne pensa?
Il Mose è un progetto nato già vecchio. Ricordo la lungimiranza dell’ex sindaco Massimo Cacciari, che io considero l’ultimo epigone della Serenissima, che aveva bocciato il progetto sostenendo che era inutile, oltre che costoso. Oggi abbiamo visto che aveva ragione. Abbiamo speso 5 miliardi per un’opera sommersa che, quando un mese fa abbiamo provato ad alzare una paratoia, è andata subito in crisi. Con questo denaro, anzi con molto meno, si sarebbe potuto alzare la pavimentazione di piazza San Marco, mettere in sicurezza tutte le rive, risistemare l’ambiente lagunare che ha sempre fatto da polmone a Venezia. Se avessimo investito in questa direzione, oggi non saremmo in queste condizioni.
Il sindaco Luigi Brugnaro e il presidente della Regione Luca Zaia continuano a sostenere il Mose. Anzi, dicono, proprio quanto è avvenuto dimostra che l’opera è necessaria.
Ragionano da politici. Dicono che, visto che è pronta al 99 per cento, tanto vale finirla e poi vediamo. Io qui alzo le braccia. Molti ingegneri affermano che ci sono forti dubbi sulla tenuta e sulla tecnicità dell’opera. Vorrei avere dei dati più certi prima di esprimermi. Ma il vero punto è la prevenzione. Il rischio del Mose è che, una volta in funzione, con gli altissimi costi di manutenzione che avrà, assorba i finanziamenti destinati ad una vero piano di difesa della città. Venezia è una città fragile. Una città sotto gli occhi di tutto il mondo. Eppure non c’è nessuna progettualità seria per difenderla dal mare e dalle altre criticità che la mettono in serio pericolo.
Questa alluvione ha colpito Venezia al cuore. E il cuore di Venezia è nella cripta della Basilica, il punto più basso della città, che è stato completamente sommerso dopo oltre mezzo secolo.
Già. La Basilica ha un suo sistema di pompe ma non è bastato a contenere un assalto così massiccio della marea. Nei prossimi giorni faremo la conta dei danni. Auspico che quanto accaduto si trasformi in un buon punto di partenza per mettere in campo quella indispensabile progettualità di buon governo cui accennavo. Questa acqua alta ci è costata tanto ma dobbiamo tirare fuori la capacità di farne un punto di partenza per un nuovo inizio. La città si sta svegliando. Le calli sono piene di persone che si stanno dando da fare per ritornare a vivere. Il patriarca ha dato l’esempio mettendo a disposizione di chi ha perso la casa tutte le strutture della Caritas. Seguiamo il suo esempio, recuperando una etica civile che sta scomparendo. E seguiamo anche l’esempio del padrone dell’Harry’s Bar che, acqua alta o no, questa mattina si è messo gli stivali e ha aperto il suo bar.
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