Il primo confronto tv tra Cameron e Miliband
Regno Unito Si voterà il prossimo 7 maggio
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Pur essendo l’avamposto europeo della società dello spettacolo, la Gran Bretagna ha mantenuto un sorprendente pudore quanto al documentare mediaticamente il funzionamento del potere giudiziario e di quello politico. Nel senso che la televisione fino a qualche tempo fa non entrava nelle aule di tribunale (è stata ammessa nelle corti d’appello solo nel 2013) e che solo l’anno scorso sono stati introdotti i confronti elettorali televisivi.
Giovedì c’è stato il primo dei quattro dibattiti preventivati prima delle elezioni, che si terranno il prossimo 7 maggio. È andato in onda in prima serata sui due massimi canali televisivi commerciali, Channel 4 e Sky, oltre che sul canale di news della Bbc.
Anziché un confronto diretto fra i due leader dei maggiori partiti, David Cameron per i conservatori e Ed Miliband per i laburisti, i due hanno rispettivamente sostenuto venti minuti con il cerbero degli intervistatori politici, l’ex conduttore del programma di approfondimento della Bbc Newsnight Jeremy Paxman, inframmezzati da una sessione di domande rivolte loro dal pubblico in studio moderata da Kay Burley, anchorwoman di Sky News. Paxman è una spietata istituzione: noto per infilzare gli intervistati con le sue domande fissandoli con una freddezza ai limiti del sadismo, è tra i pochi giornalisti televisivi in grado di dare allo spettatore l’idea della democrazia dell’informazione all’opera. Insomma, è l’appiglio di chi crede che il giornalismo mainstream sia davvero capace di dare fastidio al potere.
Le sue simpatie politiche sono quelle di un conservatore moderato ed euroscettico, eppure è parso trarre particolare godimento nel rosolare Cameron a fuoco lento. Il quale, incalzato da Paxman – e dato peraltro come vincitore di stretta misura su Miliband in un sondaggio successivo – è parso più volte in difficoltà, in particolare quando l’intervistatore gli ha brutalmente chiesto se pensava di poter sopravvivere – lui figlio di un ricchissimo banchiere e proprietario di una villa nello Yorkshire che sembra Hampton Court – con un contratto a zero ore.
Questa domanda ha evidentemente imbarazzato il leader conservatore. Convinto di poter esibire le magnifiche sorti e progressive della politica economica a base di tagli di questo governo di coalizione, che fa della Gran Bretagna l’unica economia europea in crescita, Cameron si è trovato a giustificare la sua amicizia con Lord Green, il banchiere-evasore della Hsbc già ministro del commercio, quella con il suo ex capo ufficio stampa Andy Coulson, già direttore del Sun e condannato per lo scandalo delle intercettazioni telefoniche, o quella con Jeremy Clarkson, razzistoide conduttore della seguitissima trasmissione televisiva Top Gear appena licenziato dalla Bbc per aver assalito un suo collaboratore.
Dal canto suo il mediaticamente inefficace Miliband, ridicolizzato di continuo dalla stampa conservatrice – il che significa da tutti i giornali salvo il Guardian e il Daily Mirror – era di fronte a una strada tutta in salita.
Forse anche per questo Paxman il Terribile è stato con lui un filo più magnanimo. I momenti più difficili per lui sono stati quando gli è stato chiesto di rendere conto della «pugnalata al fratello» nella contestata leadership del partito (David era il favorito, ma troppo compromesso con Blair, di cui era stato Ministro degli Esteri) in un momento in cui si è scivolati nel dramma biblico del fratricidio.
Miliband ha escluso categoricamente la temuta dipendenza del Labour da un’alleanza con i nazionalisti scozzesi del Snp di Alex Salmond, dicendosi sicuro che il partito otterrà la maggioranza (cosa del tutto improbabile).
Ha confermato il suo via libera al costoso programma di armamento nucleare Trident, che Salmond vuole invece smantellare perché su suolo scozzese. Ha infine ammesso che il suo partito è colpevole di lassismo rispetto all’immigrazione. Ma il climax è stato raggiunto quando Paxman gli ha chiesto, con il solito ghigno beffardo, se sostanzialmente abbia i cojones per fare il Primo Ministro. E lui, sfoderando a sua volta lo sguardo più assertivo di cui era capace, ha sorprendentemente risposto di sì.
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