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Il Pride al tempo dei sovranisti «Fieri di essere ciò che siamo»

Il Pride al tempo dei sovranisti «Fieri di essere ciò che siamo»

Gay Pride In 700 mila a Roma: «Questo governo attacca i diritti di tutti ma poche voci si oppongono»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 9 giugno 2019

Alle sei di sera, quando dalla testa del lungo serpentone partito più di tre ore prima da piazza della Repubblica si comincia a vedere in lontananza piazza Venezia, gli organizzatori del Gay Pride romano possono giustamente dirsi soddisfatti. Speravano di eguagliare i 500 mila che sfilarono l’anno scorso e invece è andata molto meglio: «Siamo settecentomila», annunciano al microfono. «Siamo tutte persone libere di amare e fiere di essere ciò che siamo, non vergogniamoci mai».

Il Gay Pride al tempo dei sovranisti. Il primo, visto che il 9 giugno di un anno fa, quando mezzo milione di persone riempì le strade di Roma il governo giallo verde si era insediato da appena una settimana. Allora, a far intuire che aria sarebbe tirata di lì a poco ci pensò il neo ministro alla Famiglia Lorenzo Fontana affermando di non riconoscere le Famiglie Arcobaleno, quelle composte da coppie omosessuali. Quanto accaduto nei dodici mesi successivi ha dimostrato che i timori espressi da molti in quei giorni non erano infondati. Dal congresso internazionale di Verona sulla famiglia agli attacchi alla 194, dal ddl del senatore leghista Simone Pillon al decreto sicurezza, agli attacchi ai giornalisti, solo per ricordare alcuni dei fatti accaduti. «Questo governo sta togliendo diritti a tutti e le idee della Lega la fanno da padrone, al di là di quanto scritto nel contratto siglato con i 5 Stelle», commenta il presidente delle Famiglie Arcobaleno, Gianfranco Goretti.

Al corteo l’associazione è arrivata con un trenino pieno zeppo di bambini che indossano una maglietta rosa dove c’è scritto: «E’ l’amore che crea una famiglia». Sembrerebbe un’affermazione scontata, ma nell’Italia giallo verde non lo è. «Siano doppiamente preoccupati – prosegue infatti Goretti – perché questo attacco ai diritti delle persone sta procedendo velocemente e perché non ci sono molte voci che si oppongono. Spaventa anche il silenzio della sinistra, che non riesce a trovare una voce credibile».

Quest’anno il Pride celebra due ricorrenze importanti: i 50 anni della rivolta di Stonewall, a New York, e i 25 anni del primo Gay Pride, organizzato in Italia nel 1994 dall’Arcigay. Nel corteo sono molti gli striscioni che rivendicano con orgoglio i due avvenimenti. «Ricordiamo quelle date ma non possiamo limitarci a spegnere le candeline, perché oggi l’orizzonte è cupo» avverte Sebastiano Secci, presidente del Circolo Mario Mieli e portavoce del Roma Pride. «Dobbiamo riuscire a riportare in piazza l’energia e rabbia di una volta». Un anno di governo sovranista è bastato per far scorrere il tempo all’indietro di anni, al punto che Secci non ha difficoltà ad ammettere che oggi per il movimento Lgbtq «si ripresentano problemi del passato». Come la messa i discussione di alcuni diritti conquistati di fatto anche se come sempre il parlamento si fa aspettare. Oppure un ulteriore aumento dell’intolleranza verso chi è «diverso». Se infatti a sfilare ieri a Roma sono stati in 700 mila, 20 mila sono invece le persone Lgbtq che nel 2018 si sono rivolte alla Help Line del Gay Center (800 713 173) per denunciare gli episodi di intolleranza o violenza dei quali sono state vittime.

Non a caso tra le richieste che il movimento fa al governo c’è anche quella di approvare una legge contro l’omofobia, impresa ardua visto che neanche gli ultimi tre governi di centrosinistra hanno avuto il coraggio di farlo. «Si è sdoganata l’aggressività, che si esprime anche contro le persone fragili come gli immigrati, gli ebrei, le donne e ovviamente i gay» ragiona Luciano Saponaro, presidente del Gruppo Pesce, realtà sportiva «etero friendly» di nuotatori che a Roma riunisce una quarantina di sportivi. C’è un aspetto che Saponaro ci tiene a sottolineare, e che vale anche per il movimento Lgbtq, o almeno per una sua parte: «Non c’è ancora la percezione della gravità di quanto sta accadendo», dice. «Matteo Salvini è un populista abile e una certa retorica della destra affascina anche molti gay. Già si capisce però cosa potrebbe accadere quando – in caso di crisi di governo – la Lega avrà le mani libere».

Da qualche anno il movimento Lgbtq, e con esso il Gay Pride, ha allargato i propri confini cercando di coinvolgere anche altre realtà. Così nel corteo sfilano gli spezzoni dell’Anpi, ma anche quelli dell’Unhcr, della Cgil, della comunità ebraica romana, del Disability Pride, di non poche aziende e di alcuni gruppi sportivi. Con anche molte presenze straniere, dal carro dell’ambasciata britannica a quelli delle comunità tedesca e olandese (mentre Donald Trump ha vietato alle ambasciate americane di esporre la bandiera arcobaleno). «Continueremo a vigilare sui diritti conquistati senza arretrare sulle nostre rivendicazioni, come il matrimonio e i riconoscimento dei figli delle coppie omosessuali», promette Goretti. Questo a partire da oggi. Per il movimento, però, ieri è stato un giorno di festa.

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