Il potere delle fiabe e le nuove mitologie
Express La rubrica delle pagine culturali che fa il giro del mondo
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Qualche giorno fa il New York Times ha pubblicato un lungo testo di Salman Rushdie tratto da una raccolta di saggi, Languages of Truth: Essays 2003- 2020, in uscita per Jonathan Cape. Sottolineando quanto le fiabe siano state importanti nella sua formazione, e non solo nella sua, l’autore dei Figli della mezzanotte scrive: «Le storie che mi hanno fatto innamorare della letteratura erano racconti pieni di una meravigliosa impossibilità che, non essendo veri, raccontavano la verità, spesso meglio, in modo più memorabile, delle storie basate su fatti veri. Quelle storie non dovevano nemmeno accadere in un tempo lontano. Potrebbero accadere proprio ora. Ieri, oggi o dopodomani».
Da una prospettiva affine, ma in un’ottica di genere pienamente calata nella contemporaneità, prende avvio la quarantenne scrittrice argentina Ana Llurba in un breve saggio, Érase otra vez. Cuentos de hadas contemporáneos, edito dalla piccola sigla spagnola Wunderkammer e recensito da Laura Fernández su Babelia, il supplemento culturale di El País. In particolare Llurba, autrice anche di testi narrativi, fra cui i racconti di Constelaciones familiares (Aristas Martínez), prende in esame alcuni fra i tanti libri in cui autrici di diverse nazionalità rivisitano e riscrivono le fiabe tradizionali.
«È un revisionismo costruttivo, un semenzaio di stimoli, che mostra come questi archetipi continuino a parlare ma non dicano più la stessa cosa, attraversati come sono dal femminismo, dalla politica delle identità e dal talento delle scrittrici, soprattutto donne, che si sono proposte di ribaltarli», scrive Llurba, senza nascondere il suo debito alla grande Angela Carter, che fin dalla seconda metà del ventesimo secolo ha studiato i racconti popolari e li ha consapevolmente riplasmati – da un lato cogliendone l’essenza profonda che ci invita a non fuggire dal pericolo («il mondo là fuori è selvaggio, accettiamolo e godiamocelo», commenta Fernández), dall’altro trasformando questo «immaginario portatile» in continua evoluzione.
Già in passato, del resto, le fiabe sono state sottoposte a variazioni, rimaneggiamenti, spostamenti di contesto, di volta in volta narrazioni orali destinate a grandi e bambini nelle veglie contadine o materiale di intrattenimento per i nobili della corte di Versailles, com’era all’epoca di Charles Perrault.
In questo flusso di racconti che si adattano ai tempi (anche a dispetto degli sforzi di coloro che, come i fratelli Grimm, hanno creduto di dare loro una forma definitiva), non sarà strano, per esempio, leggere Il mio anno di riposo e di oblio di Ottessa Mosfegh, uscito in Italia per Feltrinelli, come un ribaltamento – sia pure non esplicito – della Bella addormentata in chiave risolutamente antidisneyana.
Secondo Llurba, infatti, la scelta della protagonista di dormire per un anno a suon di sonniferi riflette il suo desiderio di sottrarsi a un destino «naturale» di giovane donna bella e ricca, insomma di «sfuggire all’essere Carrie Bradshaw», l’eroina di Sex and the City. E allo stesso modo, le anziane signore che popolano il bellissimo Baba Yaga ha fatto l’uovo di Dubravka Ugresic, edito da noi per Nottetempo, mandano all’aria una certa dimensione zuccherosa della vecchiaia riappropriandosi senza timori dello statuto di streghe.
«Le fiabe – dice Llurba – sono state costruite e ricostruite per secoli. Quello che ho cercato di fare è trasmettere la mia passione per la ricostruzione oggi, una passione che Angela Carter ha risvegliato in me». Con l’obiettivo di «intravedere nuovi orizzonti e nuove mitologie più inclusive e, si spera, più emancipatrici». I materiali, per fortuna, non mancano.
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