Economia

Il Pil è crollato del 4,7% a marzo, boom dei precari e «inattivi»

Il Pil è crollato del 4,7% a marzo, boom dei precari e «inattivi»

Reazioni a catena Istat: l’occupazione tiene grazie alla Cig, aumentano i prezzi dei beni alimentari. La «convivenza» con il virus potrebbe aumentare la perdita dall’8% al 10,4% del Pil in questo anno

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 1 maggio 2020

A marzo, primo mese del «lockdown» creato per isolare la popolazione dal contagio del virus Covid 19, c’è stato un crollo del Prodotto Interno Lordo (Pil) del 4,7% rispetto al trimestre precedente e del 4,8% in termini tendenziali. Una contrazione del Pil di entità eccezionale indotta dagli effetti economici dell’attuale emergenza sanitaria e dalle misure di contenimento adottate, ha sostenuto l’Istat. E non è la peggiore. Secondo Eurostat, infatti, nel primo trimestre 2020 il Pil in Francia ha perso il 5,8% e il 5,2% in Spagna. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ricordato ieri in parlamento la previsione contenuta nel Documento di Economia e Finanza (Def): la «convivenza» con il virus, fino al vaccino tra uno o due anni, potrebbe comportare in autunno un nuovo balzo dei contagi e una perdita collegata della produzione di almeno due punti percentuali di Pil, portando la perdita attualmente stimata dal governo all’8% annuo a meno 10,4%. L’aumento previsto della disoccupazione è pari a mezzo milione di persone. In ogni caso l’Istat ieri ha precisato che quella di marzo è solo una stima preliminare che sarà soggetta una revisione nelle prossime settimane, man mano che saranno disponibili i nuovi dati e affrontate le difficoltà di raccoglierli a causa della chiusura di tutte le attività nel paese.

IN QUESTA PROSPETTIVA non è certo escluso che il marcato calo del valore aggiunto in tutte le attività economiche, in particolare nel settore industriale e in quello dei servizi, sarà peggiore. «Le revisioni potrebbero essere d’entità superiore alla norma» avverte l’Istat. E già la flessione di marzo è stata di un’entità mai registrata dall’inizio dal primo trimestre 1995. L’analisi dei dati si rivela interessante soprattutto sul mercato del lavoro e la tendenza che prenderà nei prossimi mesi. Il primo dato è quello della disoccupazione che è, a marzo, è diminuita, (-0,1% pari a -27mila), e ha coinvolto sia le donne (-0,2%, -18mila), sia gli uomini (-0,1%, -9mila), portando il tasso di occupazione al 58,8% (-0,1 punti). Questo significa che, nonostante il blocco, l’occupazione tiene a causa dell’estensione delle casse integrazioni che saranno rinnovati con il decreto che il governo varerà a maggio. Il dato più interessante è stato quello della forte diminuzione delle persone in cerca di lavoro: meno 11,1% pari a -267 mila persone. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni a marzo crescono di 301 mila persone e il tasso di 0,8 punti al 35,7%. Questo balzo degli inattivi, risultato di un travaso dalla disoccupazione, è causato dal «lockdown»: se tutti sono costretti in quarantena, si ferma anche la ricerca di un lavoro precario. Questo significa essere «attivi» nel mercato del lavoro capitalistico. Con il probabile aumento della disoccupazione e purtroppo dei fallimenti, in particolare delle piccole e medie imprese che non riusciranno a sostenere il peso anche fiscale della chiusura, questa realtà dell’inattività diventerà più ampia.

UN ALTRO ASPETTO della crisi in divenire è quello dell’azzeramento dell’inflazione su base annua, causato dall’appiattimento dei prezzi dei beni energetici, il petrolio ad esempio. Allo stesso tempo, aumentano i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, i beni necessari per sostenere la quarantena di decine di milioni di persone. Una dinamica speculativa classica nel capitalismo: e dell’aumento: questi beni, dice l’Istat, sono aumentati a marzo del 2,6%, +1% su base annua. L’ aumento più alto dal febbraio 2017. Coldiretti ha introdotto un altro aspetto di questa crisi: mentre aumentano i prezzi nei supermercati, nelle campagne diminuisce il lavoro. Questo può essere l’effetto della quarantena, ma è anche il risultato congiunto delle restrizioni sull’export e dello stop alla ristorazione. Sono i primi sintomi dell’avvitamento della crisi sanitaria con un’altra di tipo sociale ed economico.

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