Dopo otto mesi di guerra in Ucraina, l’inflazione e uno scombussolamento del mercato dell’energia, il Consiglio europeo del 20-21 ottobre dovrà prendere decisioni per frenare l’impennata dei prezzi del gas e evitare i rischi di penuria.

La Commissione si limita all’emergenza: ha presentato ieri ai 27 una serie di proposte, con l’obiettivo di «impedire picchi e manipolazioni dei prezzi, permettere più trasparenza e stabilizzazione sul mercato e assicurare prezzi e flussi di gas equi anche in situazioni di crisi». Gli obiettivi sono accettati da tutti, ma Bruxelles tenta di trovare un comun denominatore per arrivarci, tra 27 «stati membri molto differenti per ciò che riguarda i mix energetici, le connessioni e i sistemi di elettricità». Bruxelles indica che «bisogna concepire una soluzione» adatta ad ognuno e che al tempo stesso «sia conforme ai nostri obiettivi più ampi: non aumentare il consumo di gas e gestire i flussi al di là delle frontiere europee».

La Commissione non propone un tetto al prezzo del gas generalizzato, come vorrebbero alcuni stati membri (Italia, Grecia, Polonia, Belgio, Croazia, Lituania). Germania, con Olanda, Danimarca, Irlanda, Austria sono contrarie. Un compromesso è un price cap «temporaneo e dinamico», un sistema di tetto solo «come ultima istanza», contro la speculazione e la volatilità dei mercati. Viene proposta un’azione sul Ttf, il meccanismo di trasferimento titoli di Amsterdam, la principale piattaforma europea per il mercato del gas, che nei mesi di guerra ha subito troppi alti e bassi. «È arrivato il momento di mettere in atto questo meccanismo» dice la Commissione, che precisa: «Non sarà attivo in permanenza» ma «solo in caso di bisogno», solo quando il prezzo del gas supera un prezzo fissato dal meccanismo. Per la “forchetta” di prezzi, la Commissione chiede al Consiglio un mandato per stabilire un prezzo massimo evolutivo in funzione del mercato, un “corridoio” prima della creazione di un nuovo indice. In una prospettiva di tempo più lunga, dovrà essere fissato un indice di riferimento alternativo al Ttf, per il Gnl, il gas liquido che ha ampiamente sostituito quello via pipeline dalla Russia.

Non c’è nel documento di Bruxelles un tetto almeno al gas usato per produrre elettricità, una proposta appoggiata da vari paesi (a cominciare dalla Francia) a favore del “meccanismo iberico”: «L’introduzione di un tetto al prezzo del gas utilizzato per produrre elettricità ha fatto abbassare i prezzi in Spagna e Portogallo, ma comporta certi rischi se introdotto nell’insieme della Ue». Questi rischi sono la minaccia di penuria e il troppo peso degli aiuti di stato, che alcuni paesi rifiutano.

La Commissione appoggia il sistema di acquisti comuni, che fa aumentare il potere d’acquisto collettivo. Questa piattaforma europea spingerà le imprese che acquistano gas a comprare come cliente unico sui mercati almeno il 15% del totale (per gli stock del 2023-24), e questo verrà in aiuto ai paesi più piccoli, che potranno godere di una facilitazione per un «accesso più egualitario ai nuovi fornitori e al mercato internazionale», con un «peso negoziale più importante».

La Commissione spinge i 27 a concludere «accordi di solidarietà» tra loro, per il gas che attraversa le frontiere. Finora, sono stati firmati solo 6 accordi di questo tipo tra stati membri, sui 40 possibili. Un processo «troppo lento». La Commissione vuole stabilire delle “regole per difetto” di solidarietà, per far fronte a casi di emergenza.

Finora, per fronteggiare la crisi energetica, la Ue ha già deciso: diminuire i consumi di almeno il 15% (con un meno 5% nei periodi di picco della domanda), garanzie per altri fornitori rispetto alla Russia, la dipendenza della Ue è stata ridotta dal 40% di prima della guerra all’attuale 7,5%, accelerazione delle rinnovabili con il programma RePowerEu, una tassa temporanea sui super-profitti e un contributo di solidarietà dal settore fossile (140 miliardi da distribuire a famiglie e imprese più vulnerabili), la Commissione propone «un’utilizzazione flessibile e mirata» dei Fondi coesione (intorno ai 40 miliardi). Al Parlamento europeo, il gruppo S&D insiste per aiuti sul modello Sure, nato per far fronte al dissesto causato dal Covid.