Il piacere di raccontare in una lunga estate
Al cinema «I villeggianti» di Valeria Bruni Tedeschi, tra conflitti e perdite una commedia nella fragilità dell’esistenza
Al cinema «I villeggianti» di Valeria Bruni Tedeschi, tra conflitti e perdite una commedia nella fragilità dell’esistenza
Nei film di Valeria Bruni Tedeschi le storie e i personaggi (e alcuni attori) si rincorrono, li ritroviamo da uno all’altro – lei, la madre, Marisa Borini – in un universo familiare che a ogni passaggio appare però diverso, come se in queste variazioni scoprano qualcosa che non sapevano di sé , una improvvisa malinconia e una strana crudeltà.
ATTRICE e regista Bruni Tedeschi mescola come una maga le figure della sua autofinzione, e più che mai in questo suo nuovo bel film dove il processo di creazione viene svelato con una giravolta: la famiglia disfunzionale, la mamma, la sorella amica e all’opposto accompagnata da uno (sgradevole) marito potente, il dolore mai finito per la morte del fratello amatissimo, un fidanzato che la lascia all’improvviso e che lei continua a amare, una figlia che sembra non avere paura di nulla. E le amiche, complici nella scrittura delle sue storie, confidenti e bistrattate… Quanto ci sia di «vero» e quanto sia invece romanzato non è importante saperlo nel senso che la materia del vissuto che l’autrice maneggia e trasforma si fa realtà verissima nella sua messinscena e nell’umorismo con cui parla di sé. È ‘l’ironia che crea la distanza narrativa necessaria a rappresentare un mondo a lei vicino senza negare l’appartenenza ma giocando con le nevrosi e le cattiverie che lo attraversano. E, soprattutto, con sé stessa, coi suoi capricci e le sue ossessioni, gli slanci goffi, le assurdità.
I villeggianti – fuori concorso (chissà perché) alla scorsa Mostra del cinema di Venezia – inizia con Anna – Bruni Tedeschi – in un bar parigino del 16 arrondissement, in procinto di entrare al Cnc – il Centro nazionale di Cinematografia – per discutere il progetto del suo nuovo film. Subito dopo partirà per le vacanze, ma il compagno (Riccardo Scamarcio) le dice lì che lui non viene, che ha deciso di restare in città, lei in lacrime lo accusa di essere «inopportuno» e continua a piangere davanti alla commissione (di cui fa parte anche Frederick Wiseman) che le nega il finaziamento, troppo «fragile» la sua idea. Tutto è già qui?
Nella casa in Costa azzurra che non è un Castello in Italia (il film a questo più vicino) ma è bellissima e sul mare, l’aspettano appunto la madre (Borini), la sorella (Valeria Golino), altri amici, un gruppo unito che nel rito della vacanza sembra mettere a nudo un’indifferenza verso il mondo.
SI AMANO e si odiano, divisi tra conflitti e rancori antichi, sempre sul punto di crollare come quella magione sontuosa che in realtà va in rovina. La servitù li detesta, sono sordi alle richieste di salario e di orari, ma anche lì ci sono conflitti e asti. Anna invita Nathalie (Noemie Lvovsky, cosceneggiatrice del film insieme a Agnès de Sacy) presto a disagio nell’atmosfera opprimente del luogo, e continua a telefonare a Scamarcio senza avere risposta. Mentre i giorni scorrono e le storie si intrecciano, Bruni Tedeschi continua a smascherarle nello sguardo della figlia, che si muove tra i due mondi e tutto sa, e di quel paradiso illumina il dolore profondo. È una commedia I Villeggianti attraversata dal sentimento fragile dell’esistenza di cui coglie con grazia la dimensione universale, capace di ridere anche del suo dolore con libertà.
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