Abolire le scuole calcio per i bambini, centri di illusioni e di delusioni, e far correre i piccoli nei prati dietro a un pallone sotto lo sguardo disinteressato dei genitori. Prova a rovesciare la piramide Stefano Benedetti, per oltre dieci anni accompagnatore di squadre di bambini nei tornei della Capitale. Punta il dito contro le 7200 scuole calcio sparse lungo la Penisola, nate come funghi a partire dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, ritenute dall’autore una sorta di rete che assicura profitti agli organizzatori e imbriglia la fantasia e la voglia matta di correre dei bambini.

Il libro Sognando Messi (Dissensi edizioni, euro 11) raccoglie le riflessioni di Benedetti sulle scuole calcio, descrive la loro struttura, l’organizzazione e denuncia la scarsa formazione degli allenatori, nelle mani dei quali con certa superficialità i genitori consegnano i loro bambini, che cronometro alla mano, salvo rare eccezioni, non giocano più di dieci minuti a partita. Benedetti denuncia la totale mancanza di consapevolezza, da parte degli allenatori, del ruolo delicato che svolgono a contatto con i bambini e purtroppo l’unica cosa che sanno fare bene è di urlare durante le partitelle, terrorizzando i bambini che giocano. Sono allenatori improvvisati, privi di una solida formazione didattica e pedagogica, sostiene l’autore, che li definisce senza mezzi termini «malati di agonismo e inconsapevoli assertori delle specializzazioni precoci».

Che fare, dunque, innanzi a questo quadro desolante? Benedetti propone una soluzione drastica: chiudere le 7200 scuole calcio, dove ogni famiglia per il proprio figliolo paga una retta annua che oscilla tra i 300 e i 900 euro, abolire i ritiri estivi, scimmiottamento delle squadre professionistiche, fonte di ulteriori profitti, e lasciar correre i bambini dietro al pallone ai giardini o nei prati, lasciarli esprimere con tutta la loro fantasia, senza allenatori, schemi di gioco, preparazione atletica, turni in panchina. Chi si occuperà dei bambini, se chiudono le scuole calcio? I genitori. Per fare tutto questo è necessario garantire a rotazione, come impegno civico, la presenza di un certo numero di genitori, che sugli spalti sono i primi cattivi maestri dei loro figli, pronti a interferire nelle scelte degli allenatori delle squadre dove giocano i propri pargoli, a inveire contro l’arbitro, ma fuori di quell’ambito potrebbero limitarsi alla vigilanza a bordo prato.

Benedetti propone una ricetta originale: «Uscire dal nostro piccolo mondo individuale nel quale siamo stati confinati per organizzare la componente ludica della vita dei bambini e farlo all’aperto, in spazi pubblici più o meno attrezzati con la partecipazione del maggior numero possibile di famiglie. Si tratta a tutti gli effetti di un impegno sociale. Sarebbe possibile organizzare manifestazioni calcistiche tra quartieri, tra scuole e per farlo potrebbero costituirsi dei “comitati sportivi” con funzioni di coordinamento delle attività in cui i genitori sarebbero i protagonisti, con funzioni organizzative ed educative imparando a gestire situazioni collettive il cui unico intento sarebbe quello di ottenere la felicità dei bambini». Benedetti propone una sorta di comitati di quartiere sportivi autogestiti, l’unica soluzione perché i bambini tornino a giocare e a divertirsi in piena libertà e fantasia, propone di chiudere le scuole calcio, e concentrare le energie sulle squadre giovanili, di affidare l’organizzazione e la direzione degli allenamenti al personale specializzato delle scuole elementari e medie, fonte di garanzia riguardo alla formazione tecnica e didattica.

La ricetta di Benedetti sarà ammantata anche da spirito romantico, ma ha motivo di essere. Se in Italia non avessimo il presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio, che parla il linguaggio razzista e discriminatorio assai caro a Salvini e i responsabili del settore giovanile e scolastico della Federcalcio, che ormai cambiano con certa frequenza, poco attenti ad ascoltare chi ha il polso della periferia calcistica, Sognando Messi potrebbe rappresentare un buon programma, oppure basterebbe copiare il modello tedesco, che ha riorganizzato la struttura del calcio giovanile già da alcuni anni e non a caso ha vinto gli ultimi mondiali di calcio disputatisi in Brasile, oltre a farsi valere in Europa con le squadre di club. Se invece volgiamo lo sguardo al calcio d’Oltralpe, scopriamo che è la Francia a gestire il calcio attraverso le scuole elementari, medie e superiori e ciò che per Benedetti è un sogno, nelle scuole francesi è realtà, non solo il calcio, ma tutti gli sport hanno campionati per tutti e campionati di élite. Non a caso una ricerca effettuata da Eurobarometro, l’istituto di indagine dei paesi dell’Ue, ha accertato che il miglior sistema sportivo risulta essere quello francese, che ha nella scuola l’epicentro organizzativo.

Benedetti propone soluzioni popolari e ci ricorda che in tempi di crisi «molte famiglie non possono permettersi la retta della scuola calcio. Al bambino non resta che palleggiare in salotto con il pallone di gommapiuma per non disturbare i vicini, perché al parco non ci sono i suoi amici, impegnati negli allenamenti della scuola calcio del quartiere. Lo sport più bello del mondo ha cessato di essere anche lo sport maggiormente alla portata di tutti». Ma gli adulti, presi dal loro mondo, non se ne sono accorti.