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Il pericolo di contagio non è anagrafico ma ambientale

Il pericolo di contagio non è anagrafico ma ambientaleEx Ilva di Taranto – lapresse

Inquinamento e virus Il rischio di esposizione al coronavirus non è anagrafico ma ambientale, al punto che il sistema respiratorio di un bambino di 10 anni che ha la sfortuna di vivere a Bergamo o a Milano è molto più compromesso di quello di un ultra settantenne fumatore che vive nelle regioni meridionali

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 23 aprile 2020

Se fosse vera la notizia che la Fase 2 prevede un ulteriore inasprimento da applicare solo agli over 65, non c’è dubbio che ci troviamo in presenza di un atto illegittimo, ancorché privo di motivazioni scientifiche. Il rischio di esposizione al coronavirus non è anagrafico ma ambientale, al punto che il sistema respiratorio di un bambino di 10 anni che ha la sfortuna di vivere a Bergamo o a Milano è molto più compromesso di quello di un ultra settantenne fumatore che vive nelle regioni meridionali, fatta eccezione, forse, per la Campania.

Se nelle aree maggiormente colpite come Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana sono allocati il 73% dei termovalorizzatori e il 64,2% delle centrali a biomasse, sarebbe il caso di avviare un’indagine seria sulla relazione causale tra numero di contagi e di morti e fattori di esposizione a rischio, visto che geograficamente si sovrappongono. Ma l’indagine non dovrà essere affidata a venditori di fumo, servono scienziati esperti di ecologia ambientale che, qualche volta, potrebbe capitare dicano la verità, come ha fatto per anni il prof. Ferdinando Laghi con dati scientifici alla mano e facendo riferimento a importanti studi internazionali.

Le centrali a biomassa del nord Italia, bruciano ogni anno 2,8 milioni di tonnellate di legno e producono 21,3 milioni di µg I-TEQ (tossine equivalenti) di diossina e 214,3 milioni di milligrammi di benzo(a)pirene. A queste vanno aggiunte le emissioni dei termovalorizzatori e dei numerosi impianti industriali. I termovalorizzatori ubicati nel nord bruciano 5,5 milioni tonnellate di rifiuti/anno e emettono 291,5 milioni di µg I-TEQ e 3,8 milioni di milligrammi di benzo(a)pirene. Senza parlare delle polveri sottili e nano polveri per le quali non abbiamo dati numerici da sottoporvi. Cosa producono diossina e benzo(a)pirene, nano particelle e particolato atmosferico, per esempio? Malattie allergiche, asma bronchiale, bronchiti acute e croniche, enfisema polmonare, tumori polmonari e dell’apparato respiratorio, più volte evidenziate da Ferdinando Laghi.

Ma, come si dice, finché c’è la salute…A parte la conclamata azione cancerogena delle diossine, per tutte le sostanze xenobionte che entrano nell’organismo, va valutata l’azione sul Dna e il rischio che venga intaccato il sistema immunitario. L’ing. Eugenio Rogano ha ipotizzato una correlazione tra distribuzione dei termovalorizzatori e diffusione del contagio, attraverso un lavoro di ricerca di cui ha scritto L’Espresso.
A questo studio si aggiungono molti importanti lavori: di Boule L. A., Burke, C.G., O’Dell C.T., Winans B., Lawrence B.P. che, monitorando la maturazione della citotossicità dei linfociti TCD8+, a seguito di un’infezione volontaria delle prime vie aeree su topi contagiati con il virus dell’influenza, hanno evidenziato una compromissione nella funzionalità dei CTL (Cytotoxic T lymphocytes) in soggetti precedentemente esposti alle diossine che risultavano più soggetti a patologie respiratorie.

All’interno di questo ragionamento v’è da dire che il Covid 19 ha svolto un ruolo terminale in un processo di killeraggio sistematico determinato dal cosiddetto sviluppo. A parte i sacrifici già fatti e quelli che ci proporrà Giuseppe Conte, coadiuvato da uno staff assai dicutibile, noi stiamo cambiando il nostro stile di vita, ma a quando la decisione di rivedere il modello di sviluppo che ha generato e favorito la pandemia?
Perché non è stato svolto un lavoro autoptico su una campione significativo di morti? Probabilmente per non dovere ammettere che il virus era stato solo una concausa dei decessi.

Quante pandemie dovremo aspettarci se il nostro sistema immunitario è compromesso? Nel 1969. il Direttore generale della Sanità degli Usa comunicò al Congresso che “quella delle malattie infettive era una questione ormai chiusa”. L’Hiv, il virus Ebola, il virus Hanta, la febbre di Lassa e ora il coronavirus lo hanno smentito clamorosamente ma è rimasto al suo posto a confezionare bufale esattamente come gli “scienziati” che sostengono il presidente Conte.

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