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Il Pd sceglie le quote azzurre

Il Pd sceglie le quote azzurreL'aula del senato della Repubblica

Europee Parità di genere, ma solo dalle elezioni del 2019. Ora conta più l’asse con Forza Italia. Prove generali in vista dell’Italicum. I democratici smentiscono le promesse: ancora possibile votare due uomini e basta

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 21 marzo 2014

La settimana scorsa, all’ultimo passaggio in commissione al senato, convocato per esprimere il parere del governo sulla modifica alla legge elettorale per le europee, il sottosegretario all’interno Bocci (Pd) aveva detto che non c’era più tempo. Tra due mesi si vota, tra 25 giorni bisogna consegnare le liste. I partiti che hanno già cominciato a raccogliere le firme sarebbero stati penalizzati. La soluzione era venuta in mente a Calderoli. Rinviare le norme sulla democrazia paritaria alle europee del 2019, ma introdurre subito, per le elezioni di maggio, l’obbligo della doppia preferenza di genere. Vale a dire: chi esprime più di una preferenza (ne sono possibili al massimo tre) non può votare candidati di un solo sesso. Pena l’annullamento della seconda e della terza preferenza irregolari (perché omologhe alla prima). Colpo di genio, nessuna obiezione. Soprattutto si dichiara d’accordo la relatrice Lo Moro (Pd).

Si scoprirà poi che Forza Italia e Nuovo centrodestra non erano d’accordo per niente. Così come alla camera nel caso della (mancata) introduzione delle quote nella legge elettorale nazionale, difendono la prevalenza maschile alle europee. E il Pd si adegua, soprattutto a Forza Italia che è alleata fondamentale per le riforme, attese al senato per fine mese. Cambia allora la proposta Lo Moro: l’obbligo di candidare lo stesso numero di donne e uomini nelle liste e l’alternanza nei capilista slittano alle prossime elezioni, come previsto. Ma slitta anche il voto di genere, cioè si stabilisce che quest’anno in caso di tre preferenze dello stesso sesso si cancella solo l’ultima. Ragione per cui votare per due uomini sarà perfettamente lecito. E saranno possibili chissà quanti espedienti per controllare il voto, accoppiando ai due candidati da eleggere il nome di un terzo destinato comunque a essere depennato. Un pasticcio. Che il Pd ha il coraggio di definire «un passo avanti nella direzione della democrazia paritaria».

Anna Finocchiaro (Pd), la presidente della prima commissione dove dovranno passare sia la riforma elettorale «Italicum» che la riforma del senato, non gradisce le critiche e attacca i «piccoli partiti», come va di moda: «Hanno giocato in una sede impropria la loro pur legittima partita per l’abbassamento delle soglie, non si nascondano dietro le donne, la loro contrarietà verso la legge è dovuta a tutt’altra ragione». «È una calunnia», risponde la capogruppo di Sel Loredana de Petris: eravamo prontissimi a votare la vera parità di genere, così come stabilito in commissione, anche sapendo che la nostra proposta sulla soglia di sbarramento non sarebbe passata. L’emendamento di Sel per abbassare lo sbarramento dal 4% al 3% è stato respinto (come quelli di Fi, Lega e Scelta civica). Malgrado le sue ragioni: in gran parte dei paesi europei questa soglia alta non c’è e del resto per l’Europarlamento non può valere nessun richiamo alla governabilità. È stato approvato solo un ordine del giorno Calderoli che impegna il governo ad abbassare lo sbarramento, ma dalla prossima occasione.

È così alla prova generale sulle «quote», in vista dell’annunciata battaglia sulla legge elettorale nazionale, i senatori del Pd che dovrebbero correggere l’Italicum in arrivo dalla camera, dimostrano di avere più a cuore l’intesa con Forza Italia che la democrazia paritaria. Non per questo l’intesa tra Renzi e Berlusconi può dirsi al sicuro. Ieri infatti l’assemblea dei senatori democratici ha confermato la volontà di posticipare l’Italicum rispetto alla riforma del senato, cosa che l’ex Cavaliere non gradisce. E poi è apparso chiaro dai primi interventi che il fronte favorevole a conservare l’elezione diretta per i senatori è largo. Soprattutto comprende gli alleati del Nuovo centrodestra, che ne parleranno la prossima settimana; martedì continuerà anche il confronto tra i democratici. Infine ieri sindaci e presidenti di Regione hanno presentato le loro osservazioni al disegno di legge costituzionale. Le critiche sono molte, ma Renzi è stato felice di scoprire che nessuna delle modifiche richieste colpisce il cuore dell’accordo con Forza Italia.

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