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Il Patto sulla salute futura

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Sanità L’intesa siglata da governo e regioni non piace ai dirigenti del Ssn. Dei 337 miliardi previsti in tre anni, sono certi, secondo i medici dell’Anao, solo 110 miliardi per l'anno in corso

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 12 luglio 2014

«Nulla di nuovo e niente di buono». Non piace ai medici dirigenti del Sistema sanitario nazionale aderenti all’Anaao Assomed, il Patto per la Salute siglato definitivamente giovedì scorso durante la Conferenza Stato-Regioni. L’associazione non crede che l’intesa trovata, a fatica e dopo un lungo braccio di ferro, tra la ministra Lorenzin e le Regioni abbia la «capacità di invertire la rotta di una politica recessiva». In particolare i dirigenti del Ssn si soffermano sulla «certezza delle risorse economiche stanziate» che «si dimostra effimera: confermate solo per il 2014, fissate (ma non certe) per il 2015 e 2016, rimangono direttamente dipendenti dallo stato della finanza pubblica». L’intesa è promossa a pieni voti invece dai confindustriali di Assomedica.
Nelle oltre 30 pagine del Patto infatti si stabiliscono le risorse per la sanità dal 2014 al 2016: 337,5 miliardi con i «risparmi derivanti dall’applicazione delle misure contenute nel Patto» che in ogni caso, come hanno ottenuto i governatori puntando i piedi, «rimangono nella disponibilità delle singole Regioni per finalità sanitarie». Ma di “sicuro” ci sarebbero soltanto i quasi 110 miliardi per l’anno in corso. Gli altri: oltre 112 per il 2015 e più di 115 per il 2016 sono al momento solo una buona intenzione, anche secondo i governatori che giovedì annoveravano questo punto tra quelli che potevano far saltare l’accordo. L’articolo 1, infatti, garantisce la certezza delle cifre «salvo eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e variazioni del quadro macroeconomico». Ma le Regioni hanno ottenuto che nel documento – a cui ancora stanno lavorando i tecnici ministeriali – venisse specificato che «in caso di modifiche sostanziali e/o importi, ove necessarie in relazione al conseguimento di obiettivi di finanza pubblica e variazioni del quadro macroeconomico, la presente intesa dovrà essere altresì oggetto di revisione». Una parte di questi finanziamenti – circa 200 milioni l’anno, «oltre alle risorse individuate a valere sulla quota di finanziamento vincolato per la realizzazione degli obiettivi di Piano sanitario nazionale (240 milioni)» – andranno al Piano nazionale della prevenzione.
Nella road map del Patto, che secondo la ministra della Salute Beatrice Lorenzin mette «in sicurezza il sistema sanitario per le prossime generazioni», si prevede che i piani di rientro si trasformino in Piani di riorganizzazione, riqualificazione e rafforzamento dei servizi sanitari regionali. A partire dalla riorganizzazione delle cure primarie, dal potenziamento delle strutture ambulatoriali territoriali e dalla riduzione dei piccoli ospedali. Avviata anche la revisione di ticket ed esenzioni, che dovranno tenere maggiormente conto del reddito e della composizione del nucleo familiare. La «cabina di regia» per il monitoraggio e l’attuazione della riforma del Ssn è affidata a un tavolo di lavoro a cui siederanno i ministeri Economia e Salute, le Regioni e l’Agenas e che dovrà definire il tutto, compreso un Piano nazionale delle cronicità, entro il 30 novembre, arrivando a fine anno anche all’aggiornamento dei Lea. E sempre entro l’anno, un «tavolo politico» ad hoc dovrebbe ridisegnare le modalità di accesso alle professioni sanitarie, ridisciplinando le formazioni specialistiche e lo sviluppo delle carriere, come ha spiegato la stessa ministra Lorenzin dando notizia dell’avvenuta intesa: «È in Parlamento – ha detto – la mia proposta per la riforma della governance, per la scelta dei direttori sanitari, generali e dei primari. Con questo, insieme al pacchetto di riforma dell’Aifa e dell’Agenas, che dovrebbe andare in discussione ai primi di settembre, potremo avere una macchina efficiente che rende competitivo il sistema italiano e, soprattutto, per continuare a erogare prestazioni di alto livello ai nostri cittadini, avendo anche nuove misure che consentano alle Regioni in piano di rientro di garantire maggiori livelli di qualità dell’assistenza ai cittadini».
Buoni propositi anche per gli eventuali nuovi commissariamenti delle Regioni che vanno in rosso sulla Sanità: i commissari ad acta che eventualmente dovrebbero essere nominati non potranno avere anche incarichi politici. Dunque, in futuro nessun governatore potrà ricevere l’incarico di commissario straordinario. In futuro. Ed entro il 31 marzo 2015 dovrebbe essere realizzato un testo unico che disciplina la materia. Infine, per le Regioni in piano di rientro il blocco vale solo fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello della verifica positiva.

Così hanno stabilito governo e governatori che hanno messo in forno anche un programma triennale – da preparare entro il 31 dicembre 2014 – per superare la logica degli interventi straordinari anche attraverso la revisione delle norme tecniche su sicurezza igiene e uso degli ambienti, intervenendo in materia di edilizia sanitaria e sull’ammodernamento tecnologico. Su quest’ultimo punto la ministra Lorenzin, in perfetto stile berlusconiano, preme molto e ha inventato il «Patto della sanità digitale» da varare, dice, entro 30 giorni dalla stipula del Patto per la salute.

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