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Il patto può attendere. E slitta anche il rimpasto

Il patto può attendere. E slitta anche il rimpastoEnrico Letta

Governo Frenata di Renzi sul programma 2014. E Letta dovrà presentarsi a mani vuote all'incontro con Barroso

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 23 gennaio 2014

Come la giri la giri, la pace tra Matteo Renzi ed Enrico Letta resta una chimera. Appena si allenta una tensione, subito ne arriva un’altra a sostituirla. Ieri mattina la segreteria del Pd ha convocato per la settimana prossima una riunione della Direzione con all’ordine del giorno le proposte del partito per il programma di governo 2014. Potrebbe svolgersi venerdì 31 gennaio, ma anche slittare al lunedì seguente. Significa che Letta dovrà presentarsi a Bruxelles, per l’incontro cruciale con Barroso e l’intera commissione europea del 29 gennaio, più o meno a mani vuote. Senza poter squadernare altro che vaghe ipotesi.

Non solo. Il colpo di freni sul programma di governo rallenta automaticamente anche quella messa a punto della nuova squadra che il presidente del consiglio voleva concludere subito dopo la presentazione del progetto di riforma elettorale, che resta fissato per il 27 gennaio. L’esito della doppietta è che, mentre il segretario del Pd si costruisce a passo di carica l’immagine del politico concreto, drastico e soprattutto rapido, il capo del governo rischia di restare al palo, con sempre più cucita addosso l’immagine esiziale del politicante che non va oltre lo stato di galleggiamento.

Nulla, inoltre, nel clima di tensione alle stelle che si respira nel Pd nonostante il voto massiccio della direzione a favore del “pacchetto Renzi”, autorizza a dare per scontato che sul programma in questione non si riattizzeranno le fiamme, sia all’interno del partito sia della maggioranza. Il doppio contrasto con il partito di Angelino Alfano sulle unioni civili e sulle politiche sull’immigrazione è infatti tutt’altro che sedato. Viene tenuto da tutti in sordina per evitare di complicare ulteriormente le trattative sulla riforma elettorale, ma potrebbe divampare di nuovo non appena si tratterà di mettere nero su bianco gli impegni del governo per i mesi a venire.
In un contesto simile, il durissimo affondo della presidente renziana del Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani contro il ministro bersaniano per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato acquista inevitabilmente un significato politico che va molto oltre i confini specifici dell’affare Elecrolux. Rivela infatti che Renzi non ha affatto modificato la sua strategia, basata tutta su una sorta di doppio registro. Da un lato vuole evitare ogni coinvolgimento diretto nel governo: per questo continua a negare la partecipazione di esponenti della sua area alla prossima squadra di Letta e addirittura si oppone a quella “promozione” di Graziano Delrio (che dovrebbe sostituire proprio Zanonato) per impedire ogni sovrapposizione tra lui e l’esecutivo. Dall’altro, però, non rinuncia affatto a incalzare il medesimo governo su tutti i fronti, dalla linea politica alla “qualità” dei suoi singoli componenti. In questo modo, gli eventuali insuccessi della squadra del premier (che tutto lascia pensare Renzi ritenga, se non proprio certi, assai probabili) ricadranno tutti sulle spalle di Letta. I molto più eventuali successi, invece, andranno a merito del pungolo del sindaco di Firenze.

Costretto dalle circostanze a nascondere l’irritazione, Letta ha riunito ieri un vertice con i ministri dell’Economia e del Lavoro per mettere a punto le prime misure derivate dalla legge di stabilità. L’obiettivo è strappare dalla commissione europea una promozione anche in assenza del piano “Impegno 2014”. E continua a darsi da fare per rinnovare la squadra, cercando il difficile punto di equilibrio: un rimpasto che permetta di dare il senso di un cambio di marcia ma che non imponga la via crucis della costituzione di un vero e proprio nuovo governo.

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