Gérard Delille è fra i più noti specialisti di storia della famiglia e della parentela in Europa, con un particolare interesse verso l’Italia meridionale, a proposito della quale si è occupato in diversi lavori di indagare i rapporti fra strutture familiari, conflitti politici, costruzione dei gruppi sociali, circolazione delle persone e delle proprietà, funzionamento dello stato. Nel suo nuovo libro, L’ economia di Dio. Famiglia e mercato tra cristianesimo, ebraismo, Islam (Salerno Editrice, pp 270, euro 16), lo storico francese amplia la sua prospettiva in senso comparativistico: mette cioè a confronto le strutture della parentela nelle comunità cristiane, ebraiche e musulmane che hanno condiviso per secoli uno spazio comune, quello del Mediterraneo.
Tale confronto non è però fine a se stesso, ma serve a indagare il modo in cui le scelte sulle politiche matrimoniali e di trasmissione dell’eredità possono aver influito sulla circolazione di beni, consentendo nella cristianità europea uno sviluppo in senso capitalistico diverso e maggiore rispetto a quanto si registra in ogni altra società coeva.
Nei tre ambiti cristiano, ebraico e musulmano, la parentela può essere costruita secondo sistemi unilineari (generalmente agnatizi, cioè patrilineari), bilineari (quando si affidano a ciascuna delle linee di discendenza, tanto paterna quanto materna, ruoli differenti e generalmente complementari, ma squilibrati a favore del ramo maschile) e cognatizi (quando la parentela passa sia attraverso gli uomini sia attraverso le donne, ma senza la discriminazione a favore del segmento maschile). Tendenzialmente si può dire che al primo tipo aderisca l’Islam, al secondo l’ebraismo (attraverso il meccanismo del levirato e dell’unione zio\nipote, mentre quella tra zia e nipote maschio è interdetta), al terzo il cristianesimo europeo.
La direzione «presa dal mondo cristiano accentuerà il ruolo della donna fino ad arrivare a una totale parità di ruoli (marito e moglie sono «una sola carne»)… ripristinerà la filiazione cognatica e attraverso un processo di tipo analogico estenderà notevolmente l’area dei divieti matrimoniali. Quella islamica, attraverso il divieto del matrimonio zio\nipote, non permetterà più di modificare la direzione degli scambi e respingerà dunque il bilinearismo ebraico a vantaggio di un sistema rigidamente uni-patrilineare e di un più stretto controllo sulle donne.
Tra questi due sistemi opposti si colloca il giudaismo che, pur avendo iniziato anch’esso una revisione delle sue regole, si «blocca» e per mantenere la sua identità riafferma la validità dei suoi meccanismi tradizionali, in particolare l’unione zio\nipote e il levirato».

[do action=”citazione”]Secondo lo storico francese,  non si può comprendere la peculiarità dello sviluppo occidentale se si prescinde dal sistema di parentela[/do]

Alle strategie di organizzazione della parentela si lega anche la circolazione di beni sotto forma di doti ed eredità, ed è questo che più interessa l’autore che iscrive L’economia di Dio all’interno dell’annosa polemica sulla nascita del capitalismo: che, com’è noto, Max Weber metteva in rapporto all’etica calvinista, ma che tanti altri (a partire da Carlo Maria Cipolla) hanno legato piuttosto all’attitudine culturale spregiudicata verso economia e tecnologia espressa dall’Europa bassomedievale; polemica che in tempi più recenti ha conosciuto variazioni un po’ deterministiche che puntano l’attenzione sulla circolazione di germi ed epidemie (che spiegherebbero i trionfi nel Nuovo Mondo) oppure (nel decennio teo-con appena concluso) sulla presunta superiorità del cristianesimo e della sua matrice greca rispetto alle altre fedi.
Delille non parte da un presupposto così rigido, ma offre un interessante punto di vista su come la maggior circolazione di beni derivante dalle scelte in materia di paretela adottate in Occidente (il sistema cognatizio e i divieti di unioni fra parenti che spingono verso una forte esogamia) debba esser considerata almeno quale concausa nello sviluppo in senso capitalistico dell’Europa. È un dato ampiamente studiato per il mondo ebraico: gli ebrei hanno fatto della diaspora uno strumento per costruire reti commerciali internazionali a vasto raggio, nelle quali i rapporti parentali hanno avuto un ruolo centrale.
Ma questo è a maggior ragione vero in un ambito più ampio qual è quello cristiano. Nell’Europa a cavallo fra medioevo ed età moderna le donne figlie uniche si aggiravano in media (vista l’alta mortalità infantile) intorno al 20%; queste donne sposavano membri di altre famiglie, non di rami collaterali alla propria; inoltre, quando un uomo e una donna entrambi ereditieri di patrimoni combinano un’unione, i due patrimoni difficilmente andavano a un unico erede, ma restavano separati e venivano affidati a figli diversi; infine, la donna insieme al suo patrimonio trasmetteva anche il nome della sua casata e delle sue terre.
L’insieme di questi fattori creava un’enorme circolazione di beni, che è poi l’anima stessa del capitalismo; e una volta che il capitalismo era diventato centrale nella società, era naturale ampliare il più possibile il sistema esogamico in modo da favorirne ancor più l’espansione. Secondo Delille, insomma, non si può comprendere la peculiarità dello sviluppo occidentale se si prescinde dal sistema di parentela. È un’ottica nuova che, se non assunta in senso deterministico, dovrebbe essere in grado di aggiungere un tassello importante a un dibattito ancora attuale.