Non sono servite a nulla le ennesime minacce di sgombero lanciate da Erdogan contro i manifestanti: «portate via i vostri figli dal parco, la nostra pazienza è finita» aveva detto il primo ministro, ma le «madri del Parco Gezi» hanno risposto accorrendo a centinaia giovedì sera in piazza Taksim formando una lunga catena umana per le vie del parco: «vogliamo difendere i nostri figli», «madri ovunque, rivolta ovunque» «sono le madri dei poliziotti che devono venire qui e portare a casa i loro ragazzi» gli slogan che le donne hanno più volte scandito tra gli applausi delle miglia di persone che hanno riempito ancora una volta la piazza e il Parco Gezi.

Una reazione, quella della piazza, che ha spinto il governo a fare un primo passo indietro rispetto alla linea dura adottata negli scorsi giorni. Il premier Erdogan ha invitato, in nottata, ad Ankara i rappresentati di Taksim Solidarietà, il coordinamento delle decine di associazioni che formano il movimento Occupy Gezi. E’ stato il primo incontro tra il primo ministro e i portavoce degli attivisti dopo che Taksim Solidarietà aveva incontrato il vice-premier Ariç il cinque giugno, il quale si era scusato per la repressione delle manifestazioni e aveva annunciato che gli agenti che avevano fatto un uso eccessivo della forza sarebbero stati rimossi. Promesse rimaste tuttavia disattese dopo il ritorno di Erdogan dal suo tour in Nord Africa. Nel meeting di ieri il premier ha annunciato che rispetterà la decisione del Tribunale di Istanbul che a inizio giugno aveva decretato la sospensione della demolizione di parte del parco e che al termine del procedimento legale è disponibile a indire un referendum cittadino sulla sorte del parco, ma Taksim Solidarietà ha risposto che le rivendicazioni della piattaforma non sono solo relative alla difesa dello spazio verde. Gli attivisti chiedono anche le dimissioni dei prefetti di Istanbul, Ankara, Izmir e Antakya, la rimozione degli agenti violenti, di vietare l’uso di gas-lacrimogeni per reprimere le manifestazioni, la liberazione delle centinaia di persone arrestate in questi giorni e la fine della repressione delle manifestazioni pacifiche che cittadini solidali con Occupy Gezi stanno organizzando in tutto il paese. Richieste che, secondo quanto raccontano gli attivisti che partecipavano al meeting, hanno fatto infuriare il premier che ha lasciato il meeting prima che terminasse.

Ieri alle 14, gli attivisti che hanno partecipato all’incontro con Erdogan hanno organizzato una conferenza stampa sul palco montato al centro del parco Gezi e dopo aver ricordato i ragazzi che hanno perso la vita in questi giorni durante le manifestazioni hanno fatto un reso conto dell’incontro e invitato le persone presenti nel parco a discutere in assemblea se porre fine alle manifestazioni chiesto dal premier durante l’incontro. La discussione è andata avanti per ore in diversi punti del parco per poi convergere nella piazza centrale dove hanno preso la parola portavoce scelti in ogni singola assemblea che hanno ribadito a stragrande maggioranza la volontà di continuare la protesta.

Una mobilitazione che continua anche a godere del sostegno delle confederazioni sindacali di base. La Kesk, organizzazione di riferimento dei lavoratori del settore pubblico ha annunciato, mercoledì, che nel caso la polizia attacchi di nuovo il parco Gezi convocherà un nuovo sciopero generale. I lavoratori hanno già incrociato le braccia per 48 ore il quattro e cinque giugno, ma soprattutto giovani che non hanno mai partecipato prima a manifestazioni politiche di alcun tipo i ragazzi del Parco Gezi.

Secondo uno studio condotto dall’istituto di ricerca turco Konda l’età media dei manifestanti è 28 anni, il 79% non è membro di nessun partito o associazione ed è venuto a conoscenza delle manifestazioni a difesa del parco Gezi tramite i social network, la principale ragione per cui sono scesi in piazza è «la restrizione degli spazi di libertà», al secondo e terzo posto, prima della «difesa degli alberi del parco», «il no alle politiche del governo» e «l’atteggiamento e le dichiarazioni di Erdogan».

Un crescente dissenso che comincia a preoccupare il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di Erdogan che ha organizzato sabato ad Ankara e il giorno successivo a Istanbul due meeting. Con autobus pagati dal partito, mezzi gratuiti messi a disposizione dalle amministrazioni comunali delle due città, entrambe controllate dall’Akp e una propaganda martellante fatta di manifesti enormi affissi ovunque e inviti a partecipare alle manifestazioni lanciati da furgoncini del partito che percorrono senza sosta le strade dei quartieri più conservatori della città.

L’Akp spera di mobilitare nel fine settimana centinaia di migliaia di persone. Erdogan ha un disperato bisogno di una partecipazione di massa per mostrare che ancora in molti lo sostengono: «Contro il grande complotto, scriviamo assieme una nuova pagina di storia», è lo slogan delle manifestazioni.