Il Parco di Tor Fiscale e la lezione del cappero
«Non dimenticare di spiegare che anziché due ettari qui ne puliamo dieci e tutto grazie alla presenza dei nostri volontari e al Ristoro Casale del Fiscale, che finanzia la manutenzione, […]
«Non dimenticare di spiegare che anziché due ettari qui ne puliamo dieci e tutto grazie alla presenza dei nostri volontari e al Ristoro Casale del Fiscale, che finanzia la manutenzione, […]
«Non dimenticare di spiegare che anziché due ettari qui ne puliamo dieci e tutto grazie alla presenza dei nostri volontari e al Ristoro Casale del Fiscale, che finanzia la manutenzione, l’apertura e chiusura dei cancelli, lo svuotamento dei cestini, insomma le più semplici e necessarie operazioni per custodire quest’area verde».
Chi parla è Gloria Mazzamati, capofila della riqualificazione del Parco di Tor Fiscale, periferia sud est di una Roma densa di storia e di memoria, a cominciare da quella rappresentata dagli acquedotti al tempo dei romani, sei per la precisione, che qui s’incontravano e ancora oggi si offrono ad affascinanti tramonti quotidiani. Nessun romanticismo, però, per l’ex borgata Tor Fiscale che, completamente abbandonata almeno fino al 1995 dalla res publica, grazie alla caparbietà dei cittadini ha lottato contro il degrado, prima col Comitato di Quartiere Tor Fiscale ’88 e poi tramite l’Associazione La Torre del Fiscale onlus, di cui Gloria è socia fondatrice insieme a Roberta Trenti. L’Associazione è stata creata nel 2000 proprio per valorizzare gli importanti monumenti e siti presenti nell’area.
In questo piccolo quartiere incastonato fra il grande Arco di Porta Furba e la trafficata via Tuscolana, fra la ferrovia della tratta regionale Roma-Napoli e l’Appia Nuova, la Roma fatta a strati si rende infatti più evidente: con disinvoltura e in pochi minuti è possibile passeggiare, a piedi o in bicicletta, fra i resti delle ville romane in cui i patrizi ricevevano i loro ospiti, accanto ai ruderi del primo Campo Barbarico a opera dei Goti che avevano assediato Roma nel 539 d.C., sotto la Torre del Fiscale pontificio del XIII secolo, proprio quella che dà nome al Parco e che dal 1 giugno 2018 viene illuminata, grazie alla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, a perenne guida del quartiere.
Le tracce di un passato lontano si mescolano a quelle più recenti e legate alla prima forte migrazione dal Sud Italia. Qui sono passati anche Madre Teresa di Calcutta prima e poi don Roberto Sardelli, scomparso il 19 febbraio scorso, che con la Scuola 725 si fece prossimo a coloro che vivevano nelle baracche a ridosso dell’Acquedotto Felice – l’unico del tempo rinascimentale che si va ad aggiungere ai sei dell’antica Roma – e le cui tracce abitative sono ancora visibili. Nessun romanticismo anche qui, ma solo realismo nei documenti filmati di una stagione durata fino al 1978.
Quello che è oggi il Parco Pubblico di Torre del Fiscale, inserito nel più ampio Parco Regionale dell’Appia Antica, nasce nel 2003 vincendo un bando pubblico per la gestione di un’area oggi riqualificata sia nel paesaggio sia nei servizi turistici e di mobilità sostenibile, così come economicamente autosufficiente grazie alle attività culturali dell’associazione e di quelle svolte dal Ristoro Casale del Fiscale.
A beneficio dell’intero quartiere, la libera fruizione di un luogo unico e la rivalutazione economica delle abitazioni, a costo zero, che il parco ha portato con sé. «L’area è stata inaugurata a dicembre 2010 dopo sei anni di lavori», ci dice Gloria. «Nei fatti, data la carenza del Servizio Giardini del Municipio VII, ci allarghiamo a pulire aree che sono anche fuori dalla convenzione, come il monumento della Torre del Fiscale, che speriamo un giorno venga integrata al perimetro del parco».
Oltre al frutteto e all’oliveto, con i volontari del Parco Gloria e Roberta stanno per piantare la vigna e preparare le erbe aromatiche per i laboratori didattici con le scuole.
Ai più piccoli faranno conoscere anche una pianta lontana rispetto a quest’ambiente ma che qui si trova benissimo: è il cappero, che ha trovato dimora presso le fondamenta e le arcate degli acquedotti. È il cappero che qui insegna come niente e nessuno sia estraneo e meriti invece di essere conosciuto e rispettato.
Qualche volta compare anche una volpe.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento