Visioni

Il paradosso dell’uno e dei molti nel segreto di «Progetto Lazarus»

Il paradosso dell’uno e dei molti nel segreto di «Progetto Lazarus»Paapa Essiedu in una scena di «Progetto Lazarus»

Televisione La serie Sky tra viaggi nel tempo e distopia, attraversando più generi

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 27 agosto 2022

«Tu sei un mutante», rivela la donna in un edificio disastrato all’uomo spaesato che inizia a percepire qualcosa di sé che poco prima gli risultava del tutto ignoto. «Ma non come Wolverine o simili – insiste lei – le cellule del tuo corpo sono cambiate in modo insolito. Molto di rado qualcuno sviluppa questa capacità organicamente. Come nel tuo caso. Finora hai sperimentato più di venti salti temporali nella tua vita. Solo che non li ricordavi». «Perché il tempo salta all’indietro?» domanda allora l’uomo. «Perché l’abbiamo deciso noi. Il Progetto Lazarus».
George, così si chiama l’uomo, scopre perciò di avere a che fare con un’organizzazione multinazionale segreta che cerca la via più efficace, e possibilmente indolore, per impedire un disastro. Non una catastrofe qualsiasi. Altrimenti quegli agenti segreti sarebbero costretti tutto il tempo a spostarsi in ogni angolo del mondo.

QUESTA UNITÀ speciale dei servizi segreti inglesi, che ad esempio ha salvato il mondo nel 1963 quando Stati uniti e Unione Sovietica si sono reciprocamente lanciate bombe atomiche, si concentra su eventi che hanno condotto l’umanità all’estinzione in pochi attimi. Per cui non si occupa di genocidi, di attentati, di conflitti internazionali, di guerre civili, di danni ambientali. L’obiettivo è preservare la vita umana sul pianeta. Ma quante volte accade che il nostro genere sia prossimo all’estinzione? Spesso, perché i casi nei quali l’uomo si è totalmente autodistrutto sono molteplici. Ripetutamente, perché per evitare ogni singola estinzione sono necessari numerosi tentativi. I protagonisti di Progetto Lazarus, serie originale Sky Atlantic (otto puntate, di cui sei già disponibili anche su Now) creata da Joe Barton, riescono a tornare indietro di sei mesi, chi per doti naturali, chi grazie all’aiuto della scienza. Sono dei salti che consentono di riposizionare donne e uomini nel mondo, solo a condizione che se ne sia accertata la precedente fine tramite virus, esplosioni nucleari, escalation di piccole guerre trasformate in conflitti mondiali dagli esiti catastrofici. In altri termini, se accade qualcosa a un singolo, non si avvia alcun procedimento.

PUR AVENDO bisogno di una spiegazione, quelli «speciali» sono naturalmente predisposti a prendere coscienza del ripetersi della storia. E George è tra questi. Un creatore di App che cerca finanziamenti per condurre le proprie attività e che inizia a rivivere, in modo sempre più vivido, gli stessi sei mesi che immancabilmente si concludono con una pandemia letale per il genere umano. Convinto a far parte di questa misteriosa sezione, inizia una nuova vita con delle persone che hanno il suo stesso potere e con altre che aiutate da una sostanza possono rivivere mentalmente il tempo aggiornato.
L’originalità di Progetto Lazarus sta nell’abilità narrativa di mescolare più generi, dalla tradizionale spy story alla fantascienza low budget, dal dramma esistenziale alla storia d’amore, passando dal comico al tragico. Come spesso accade in questi prodotti, ogni puntata mira a svelare qualcosa dei singoli personaggi e ad aggiunge dei dettagli alla storia generale.

IL DISSIDIO tra il privato e il collettivo, tra le vicende personali dei protagonisti e quelle del mondo, è uno dei punti di forza della serie. Quando ad esempio la ricerca di una bomba che sta per esplodere o l’indagine su una talpa passano in secondo piano, rispetto alla presa di coscienza di un individuo che improvvisamente si accorge di poter modificare l’irrimediabilità del passato e anticipare l’imprevedibilità del futuro. In questo assurdo esistenziale, possiamo leggere una versione rielaborata delle guerre tra stati ma combattute da soldati, o di persone con profondi ideali che a un certo punto si trovano a tradirli per non sacrificare la loro vita e, soprattutto, quella di chi amano. E di nuovo ci chiediamo se siamo noi a stare al mondo o se è il mondo a essere dentro di noi.

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