Claudio Badano, direttore scientifico della Scuola di alta formazione filosofica Michele De Tommaso, non ha scritto un libro facile. Pensare il possibile (Guida editori, pp. 796, euro 35) è infatti un testo complesso e filosofico che sarà apprezzato dai cultori della materia e dagli specialisti. Conclude inoltre un ciclo di ricerca fatto di altri testi, per esempio La possibilità e il senso. Un itinerario intorno al tema della possibilità nella filosofia del pensiero (Armando editore, 2008).
Si tratta quindi di un compendio di filosofia sul «possibile» logico e contingente. Il punto di partenza è che pensare il possibile abbia in sé qualcosa di «discolo», di sfuggente da regole prefissate. Sono due le prospettive concettuali che si contrappongono e che vanno analizzate: quella informata al «principio di pienezza», quella ispirata invece alla nozione di «contingenza sincronica».

DIFFICILE DAR CONTO in sintesi di un testo costruito in modo esauriente a mo’ di enciclopedia. Si parte dal «pensabile» per arrivare al «possibile», citando autori e referenze epistemologiche, per poi passare dal «possibile» al «reale», oltre che alle problematiche del «limite», del «virtuale» e «non possibile».
Nel capitolo «Il Contingente e il Virtuale», Badano prende in esame le posizioni di Deleuze, Badiou, Heidegger, Derrida riunite da una ideale riflessione su «le possibilità e il tempo» con riferimenti alle ontologie dell’evento. L’autore indaga così il pensiero della possibilità nella filosofia europea della prima metà nel Novecento. Si concentra poi su ciò che conduce alla teoria della relatività. L’intero libro muove dalla considerazione del ruolo svolto dalle geometrie non-euclidee nello sviluppo della fisica di inizio Novecento: l’idea di fondo, infatti, è che sia possibile svincolare gli assiomi geometrici dal requisito dell’evidenza intuitiva.
Di particolare interesse anche il capitolo «La contraddizione e il limite» con citazioni di Ludwig Wittgenstein e Georg Cantor (il primo è stato fondamentale pensatore della logica del linguaggio, il secondo ha ridefinito la moderna teoria degli insiemi). «La conclusione dell’intero dibattito sui fondamenti della matematica è appunto il riconoscimento di un limite di impossibilità», scrive Badano. La conclusione è che non siamo in grado di pensare l’infinito senza paradossi concettuali e senza contraddizione. L’infinito non è infatti misurabile: «Pensare l’essere come una dimensione in cui tutte le possibilità sono già date non può evitare l’aporia».

QUESTA RIFLESSIONE può parlare alla politica, oltre che alle teorie filosofiche? Dopo la rivoluzione del «secolo dei lumi» che aveva messo al centro la Ragione, toccava alla scienza e alla politica provvedere a dare forma al progresso. Le nostre società moderne si sono chiamate «secolarizzate» proprio per indicare la separazione tra norme religiose e norme statali, tra diritto inalienabile per ognuno di professare una fede e la libertà dello Stato di legiferare per tutti e non solo per chi crede.
In anni più recenti, la laicità dei valori – legata alla modernità – è sembrata acquisizione scontata, dal momento che si legava a modificazioni strutturali delle forme capitalistiche contemporanee in Occidente: industrializzazione, urbanizzazione, modifica del ruolo sociale della famiglia e del rapporto genitori-figli, istruzione di massa, prevalenza dell’economia su qualsiasi altra dimensione della vita collettiva. È stato però proprio lo sviluppo senza precedenti delle forze produttive a riproporre il problema che il Novecento credeva di aver risolto: c’è un limite per scienza, morale e politica? E qual è, se mai esistesse? «Siamo realisti, chiediamo l’impossibile», resta slogan sessantottino coniato a Parigi e carico di positiva utopia.