Europa

Il papa sprona i parroci italiani. E parla di Isis come frutto di guerre

Il papa sprona i parroci italiani. E parla di Isis come frutto di guerre

I preti diano alle fiamme «ambizioni di carriera e di potere», l’istituzione ecclesiastica tenga solo le «strutture e i beni economici» necessari. Con queste parole papa Francesco ha aperto ieri […]

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 17 maggio 2016

I preti diano alle fiamme «ambizioni di carriera e di potere», l’istituzione ecclesiastica tenga solo le «strutture e i beni economici» necessari. Con queste parole papa Francesco ha aperto ieri in Vaticano la 69esima Assemblea generale della Cei, dedicata al tema del «rinnovamento del clero».

Ma le parole che hanno fatto più eco oltre le mura vaticane sono quelle che Bergoglio ha riservato a una intervista concessa al direttore del quotidiano cattolico francese La Croix. «Di fronte al terrorismo islamico, sarebbe meglio interrogarci sul modo in cui un modello troppo occidentale di democrazia è stato esportato in paesi come l’Iraq», ha detto il papa parlando di immigrazione, guerra e laicità.

Alla domanda se l’Europa può avere la capacità di accogliere flussi migratori ingenti, il pontefice ha risposto: «Questa è una domanda responsabile perché uno non può aprire le porte in modo irrazionale. Ma la domanda di fondo da farsi è perché ci sono così tanti migranti ora. I problemi iniziali sono le guerre in Medio Oriente e in Africa e il sottosviluppo del continente africano, che provoca la fame. Se ci sono guerre è perché ci sono fabbricanti di armi e soprattutto trafficanti di armi. Se c’è così tanta disoccupazione, è per mancanza di investimenti capaci di portare il lavoro di cui l’Africa ha così tanto bisogno».

Non basta, ha proseguito dicendo che «più in generale ciò solleva il problema di un sistema economico mondiale che è caduto nell’idolatria del denaro. Più dell’80 per cento delle ricchezze dell’umanità sono nelle mani del 16 per cento della popolazione. Un mercato completamente libero non funziona. I mercati in sé sono un bene ma richiedono una parte terza o uno stato che li monitori e li bilanci. In altre parole ciò che serve è un’economia sociale di mercato».

Nel breve discorso davanti ai 235 vescovi italiani, dell’assemblea che si chiuderà giovedì, ha invece tracciato una sorta di identikit di quello che dovrebbe essere e fare un prete, che non sia «un burocrate» mentre la Chiesa deve riflettere sulla «gestione delle strutture e dei beni economici».

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