Il pallottoliere non basta. Il treno della crisi corre al buio
Governo I «responsabili» latitano. Sull’ipotesi di una maggioranza raccogliticcia il gelo del Colle
Governo I «responsabili» latitano. Sull’ipotesi di una maggioranza raccogliticcia il gelo del Colle
La crisi di governo al buio è dietro l’angolo. Tutti assicurano di considerarla come la peggior iattura. Nessuno muove un dito per evitarla. I tempi sono incerti, il che contribuisce a rinfocolare la rimozione collettiva, ma a dettarli sarà il calendario. Il cdm destinato a licenziare la bozza del Recovery Plan italiano non potrà essere rinviato a lungo. Era stato annunciato prima della fine del 2020 e non se ne è fatto niente.
Ora il limite è la befana ma se anche dovesse slittare ancora sarà questione di pochi giorni. Il nodo della governance verrà rinviato a decreto da destinarsi, previsto per la fine di gennaio. L’escamotage però non basterà come non basterà la decisione, ancora da verificarsi, di «accogliere alcuni dei suggerimenti di Iv». Renzi non si accontenterà, tanto più nel clima di scontro finale che la conferenza stampa di fine anno di Conte ha portato alle stelle. «Poniamo questioni che non sono capricci ma chiamano in causa il senso stesso del mandato parlamentare», ha ripetuto ieri l’ufficiale renziano Anzaldi. Salvo possibili ma improbabili ripensamenti, al varo della bozza di Piano italiano seguiranno le dimissioni delle ministre di Iv. A quel punto la crisi sarà aperta.
CONTE CONTINUA a far filtrare da ogni spiffero l’intenzione di sfidare Renzi voto su voto in parlamento. Non si limita agli annunci. A palazzo Chigi è tornato il pallottoliere, come ai tempi lontani di Prodi e Parisi. Un conto senatore per senatore, con disamina degli incerti, telefonate per capire chi possa essere conquistato e chi no. L’esito per ora è poco consolante. I 3 senatori ex Fi, come Quagliariello e Romani, non sembrano disponibili. Quelli dell’Udc, altri 3, confermano la sfiducia: «Non siamo e non saremo mai la stampella di nessuno», giura il segretario Cesa. Del resto, se anche qualcuno avesse in animo di offrire il suo aiuto a Conte, non lo farebbe in questo momento ma in un secondo giro, con un nuovo incarico, in modo da far lievitare il valore del voto.
MA C’È UNO SCOGLIO anche più insuperabile. La maggioranza formata dai «responsabili» sarebbe comunque una nuova maggioranza: raccogliticcia, fragilissima, poco affidabile. Quanto di più lontano da ciò che si aspetta il Colle, dove una soluzione del genere è considerata accettabile solo come minaccia per indurre Renzi al ripensamento, non come opzione realistica. La via maestra sarebbe quella di trovare un’intesa prima e poi, se proprio necessario, aprire la crisi con una soluzione già in tasca. Perché altrimenti, una volta aperta la crisi al buio, tutto diventa più arduo e persino un surreale voto anticipato in piena pandemia diventa, se non probabile, almeno possibile.
IN REALTÀ, SE NON AVRÀ la certezza di una maggioranza al Senato e della disponibilità del Quirinale ad accettarla, il premier eviterà probabilmente una conta che, se sconfitto, lo metterebbe definitivamente fuori gioco. Preferirà ripetere il copione andato in scena con Salvini, anticipando le dimissioni in modo da poter ricevere un nuovo incarico per fare a crisi aperta quel che sarebbe ovvio e necessario fare prima, cioè cercare un accordo di maggioranza per evitare il botto.
PERCHÉ A QUEL PUNTO la soluzione sarà comunque più difficile. Renzi, che non rinuncia al sogno di eliminare Conte, alzerà il prezzo. Da qualche cilindro spunterà l’ipotesi di un governo di unità nazionale. In molti, ieri, hanno notato che nell’intervista al Corriere della Sera Giorgia Meloni per la prima volta, pur escludendo la possibilità di una partecipazione di FdI «a un governo con la sinistra», non pone il voto come unica soluzione possibile e si dice anzi «pronta a dare una mano all’Italia». Sono certo segnali evanescenti ma, di fronte a una crisi, al rischio di elezioni o al profilarsi di un Conte ter, che presenterebbe un equilibrio certo molto diverso da quello attuale, quei segnali potrebbero diventare più concreti.
Storia di domani. Quella di oggi dovrebbe registrare un tentativo serio di risolvere la crisi prima che deflagri. Invece Renzi minaccia, Conte gioca col pallottoliere, il Pd si relega da solo nel ruolo dello spettatore mentre la lancetta corre.
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