Visioni

«Il padre d’Italia», una generazione in fuga

«Il padre d’Italia»,  una generazione in fugaIsabella Ragonese

Al cinema In sala il secondo film di Fabio Mollo con la coppia Luca Marinelli e Isabella Ragonese, quasi un romanzo di formazione

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 11 marzo 2017

Un ragazzo gay con voglia di famiglia – lui che non ne ha mai avuta una – una ragazza coi capelli rosa che invece dall’oppressivo famiglione (meridionale e tiranno) è fuggita, ora incinta senza sapere di chi. Massacri della vita, solitudini, sogni messi da parte. Un duetto di attori di classe quali Isabella Ragonese e Luca Marinelli, ammiccamenti al presente e alla sua confusione di sentimenti – e condizioni instabili, l’ambizione di renderlo terreno per avventurarsi nei generi narrativi.

Il padre d’Italia, il secondo film di Fabio Mollo dopo il fortunato Il sud è niente (2013), è un romanzo di formazione e un viaggio (che nel sentire più diffuso spesso coincidono) attraverso l’Italia, da nord, la nebbiosa Torino, a sud, la Calabria dei paesini sospettosi, con tanta musica mentre l’eroina si lancia verso il cielo, e virate alla Xavier Dolan che ingigantiscono le facce dei nuclei familiari da cresima e donne in cucina, e le giravolte di spudoratezza esibita dai due protagonisti.

In filigrana, appunto, tante discussioni attuali, la famiglia e le sue possibili variazioni che coincidono col desdeirio più che con la «regola», l’essenza fragile di una generazione trentenne di cui i due personaggi, Mia (Ragonese) e Paolo (Marinelli) incarnano la versione estremizzata.

Gli intenti però, quel tanto di «programmatico» che molte sceneggiature italiane, non risparmia questa saturando le immagini e il movimento narrativo. Se Mollo si fosse lasciato andare maggiormente ai suoi personaggi senza riempirli di riferimenti forse gli avrebbe permesso di essere più liberi. Come al suo film.

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