Visioni

«Il padre dei Freak Brothers» favolosi eroi dell’underground

«Il padre dei Freak Brothers» favolosi eroi dell’underground

Intervista Il fumettista americano Gilbert Shelton, a Cosenza ospite del Festival «Le strade del paesaggio»

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 4 ottobre 2016

A rendergli omaggio sono persino scesi a Cosenza i vecchi Freak della Ternana, quelli in carne e ossa. Nel darsi un nome, gli ultrà di Terni si ispirarono ai suoi fumetti. Lui, Gilbert Shelton, ideatore dei Freak Brothers, sorride compiaciuto mentre viene incoronato con la sciarpa rossoverde recante per simbolo il mitico terzetto allucinogeno. E con tono adolescenziale confida: «Sapevo che in Italia un gruppo di tifosi organizzati espone allo stadio i miei personaggi. Mi sono sempre chiesto il perché, quale sia il legame con il calcio».

Gli spieghiamo che gli ultrà sono una sottocultura che nel tempo ha costruito un immaginario autonomo, sganciato dall’evento sportivo, costellato di simboli e miti spesso inneggianti alla trasgressione. Lui annuisce: «Molto interessante. Finalmente adesso ho capito». E riprende a firmare autografi.

Bagno di folla per uno degli storici maestri americani dell’underground, nella decima edizione del Festival del Fumetto Le strade del paesaggio che si tiene a Cosenza.
Le tavole originali dei Freak Brothers, in mostra fino al 9 ottobre, richiamano un pubblico da stazione interplanetaria: nostalgici e reduci della cultura lisergica, giovanissimi sballoni, docenti universitari, oltre che naturalmente appassionati di fumetti.

Maestro Shelton, le hanno offerto della buona marijuana al suo arrivo in Calabria? Sa che per effetto del proibizionismo, negli ultimi anni le vecchie cultivar sono state rimpiazzate dai nuovi tipi di erba che a volte provocano un fastidioso senso d’ansia?
Non ne ero a conoscenza. E per oggi ho preferito non fumare. Alla mia nobile età, mi provoca la tosse e non riuscirei a parlare in pubblico.

In una delle più celebri storie dei «Freak Brothers», uno dei protagonisti, Fat Freddy, esce per comprare dello zucchero e per sbaglio acquista un sacchetto di eroina sugar brown. Quando rientra in casa, Franklyn se ne accorge e lo rimprovera. I protagonisti dei suoi fumetti fanno regolare uso di Lsd e marijuana, ma non si esaltano per tutte le sostanze…
Sì, è vero. C’è da precisare pure che non considero neanche la cocaina una droga pesante.

Tra la fine degli anni Sessanta e Settanta, quando lei inventò i Freak, trasse ispirazione dal panorama underground che all’epoca liberava anche energie e contenuti positivi. Cosa pensa delle culture underground odierne?
Le conosco poco. Nelle catacombe di Parigi esiste un reticolo sotterraneo dove i giovani vanno per bere e drogarsi. Io ci sono andato quando avevo 45 anni e mi sono sentito vecchio.

In questi giorni, istituzioni e media mainstream celebrano i quarant’anni del punk. In Italia grossi gruppi editoriali ripubblicano Andrea Pazienza. Anche nei confronti della sua opera il mondo accademico sta sviluppando una certa sensibilità. Non teme di essere fagocitato dal capitalismo?
È un rischio che esiste sempre. Le canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones vengono usate per vendere scarpe. Questa è la ragione per cui ho scritto una canzone che s’intitola Don’t buy it, cioè «Non comprarla»: in questo modo non può essere usata per vendere qualcosa. La faccio cantare a una band nel mio ultimo fumetto che si chiama Not Quite Dead. Non è stato ancora pubblicato in Italia, però esiste in francese e in inglese, e spero che il mio editore lo traduca in italiano.

Da dove nasce Wonder Wart-Hog, un altro dei suoi personaggi, forse meno famoso dei Freak?
È un facocero, un superporco. Pensi che la traduzione spagnola è stata ideata con le due S: SuperSerdo, prendendosi gioco delle SS, giocando sull’ambivalenza semantica della parola «cerdo»: porco. È una parodia di Superman e Batman, però poi è diventato un soggetto che può criticare qualsiasi cosa. È il tipico personaggio intrinsecamente anarchico, infatti ho autorizzato altri autori ad utilizzarlo per qualsiasi forma; a volte è anarchico, altre è fascista.

E i personaggi di Phineas, Fat Freddy e Franklyn da dove sono nati?
Un giorno sono andato a vedere una doppia proiezione, un film con i fratelli Marx e l’altro con i Three Stooges. Guardandoli ho detto: francamente un film del genere posso farlo pure io. Così ho realizzato un cortometraggio con i tre freak. In seguito ho creato una vignetta che doveva servire per pubblicizzare il film: ha avuto più successo del film stesso. È così che sono nati i freak.

In una delle scene più famose, i Freak scappano da una perquisizione e buttano via droghe di ogni tipo. È un episodio ispirato a fatti reali?
Sì, accadde che quando ero a San Francisco, il magazzino della mia casa editrice, la Rip Off Press, era enorme. Allora abbiamo organizzato un party con 400 persone e c’era pure una band che suonava dal vivo. Sono arrivati i poliziotti e hanno visto una grossa scatola di marjuana all’ingresso. Hanno chiesto di chi fosse. Fortunatamente ero già andato via. Uno dei soci è stato trattenuto per una notte in caserma, ma poi lo hanno rilasciato perché all’epoca erano abbastanza tolleranti. Per esempio, quando ti fermavano a un posto di blocco per violazioni al codice della strada, te lo dicevano pure: «Stai tranquillo, lasciala qui, non la portiamo neanche in caserma».       

gilbert

È ancora convinto che il gatto di Ciccio Freddy erediterebbe la terra in caso di una guerra nucleare devastante?
Sì, credo che se la civiltà finisse, i gatti sarebbero gli unici in grado di gestire la situazione. I cani, invece, non so.

Perché?
Ha mai visto un gatto poliziotto?

In termini di ispirazione, qual è stato il contributo di Castaneda al suo fumetto?
C’era una forte influenza, sì, ma poi si è rivelato che il suo libro Gli insegnamenti di Don Juan, che aveva influenzato il mio lavoro, in realtà era una frode.

Che ricordo ha di Janis Joplin?
Andavamo all’università insieme. Eravamo buoni amici. Suonavamo insieme la folk music. Era l’inizio degli anni Sessanta, in pieno revival della folk music. Un giorno le ho detto: perché non facciamo del Rhythm’n’blues? E lei ha risposto: «no, gli artisti folk non fanno rock». Evidentemente dopo ha cambiato idea. Ma per me era troppo tardi.

Quali sono le sue idee politiche?
Voterei i Verdi negli Usa, ma lì contano l’1%. Per cui voterò i democratici. In Francia posso votare alle elezioni locali. Voterò socialisti o verdi.

Uscirà mai un film sui Freak Brothers?
Ho ceduto i diritti più volte, ma non se n’è mai fatto niente e i diritti tornano sempre a me. Forse è meglio questo che avere un film mediocre.

Potrebbe descrivere il clima sociale e culturale degli anni Settanta?
C’è un proverbio che dice: se ti ricordi gli anni Settanta, vuol dire che probabilmente non c’eri.

(Traduzione di Gaëlle Cariati)

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