«Il nuovo segretario venga a trovarci»
Roma Viaggio a Casal Bruciato, dove Zingaretti riaprì un circolo del Pd
Roma Viaggio a Casal Bruciato, dove Zingaretti riaprì un circolo del Pd
Era il 20 maggio del 2019 e Nicola Zingaretti, fresco segretario Pd, arrivava a Casal Bruciato, in mezzo ai palazzoni a nordovest di Roma, per riaprire il circolo di via Diego Angeli. Accadeva mentre alcuni militanti di estrema destra contestavano l’assegnazione di una casa popolare a una famiglia rom. L’azione rischiava di infiammare le periferie e trovare una sponda in Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’interno nel primo governo Conte.
CON ZINGARETTI, dunque, il circolo riaprì. Nello spazio di pochi metri, il Pd si confrontava con il passato e col lasso di qualche decennio: dall’altra parte della strada un tempo sorgeva la sezione del Pci. Adesso che il suo successore Enrico Letta promette di restituire protagonismo ai circoli, tornare a Casal Bruciato per osservare dalla periferia il centro della politica consente di notare i punti di sutura, le crepe della rappresentanza. Walter Tocci, già vicesindaco di Roma e acuto analista della città, nella prima metà degli anni Ottanta fu presidente di questa circoscrizione che copre lo spazio che si dipana lungo la via Tiburtina del sogno industriale, capannoni oggi occupati da discount e sale slot che oggi circondano il territorio amministrativo del quarto municipio. Il Pci, ha spiegato Tocci, calava i conflitti nel pieno del mutamento. Vista la storica mancanza di una forte classe operaia costruiva un popolo attorno al riscatto delle borgate.
QUI A CASAL BRUCIATO i più anziani rimpiangono il segretario di sezione Alvaro Calvani, che fu partigiano e poi riferimento per tutto il quartiere nei decenni successivi. Si votava in massa per il Pci, secondo i detrattori dando origine a una specie di voto di scambio collettivo. Questa vertenza generalizzata per i servizi, la casa e i diritti, con la fine dei partiti sarebbe diventato commercio individuale, partecipazione atomizzata. Ripercorre questo excursus camminado a Casal Bruciato, in una città che pare svuotata, nel tempo sospeso della pandemia e con la politica nella bolla dell’emergenza.
C’È PERÒ UN DATO: i quadri locali del partito non appena Enrico Letta domenica mattina ha pronunciato il suo discorso hanno ricevuto messaggi e telefonate da iscritti e simpatizzanti. Chiedono che il segretario si metta all’ascolto: «Dovrebbe da subito incontrare i circoli, a partire dalle periferie delle grandi città come la nostra». Il circolo di Casal Bruciato adesso, a campagna d’adesione per quest’anno ancora aperta e serrande abbassate per cause di forza maggiore, conta cento iscritti. Non sono pochi, di questi tempi. Si tratta di un quinto degli iscritti di tutto il quarto municipio. Dalla base del fanno capire è che quella sede di periferia riaperta da Zingaretti forse fu un messaggio efficace e persino necessario, ma venne percepita come un atto d’autorità, incurante della situazione contingente. I circoli chiudono perché da quando sono costretti a pagarsi le spese non è scontato che riescano a sostenersi.
IL MODELLO È CAMBIATO negli ultimi anni. Il primo passaggio è avvenuto all’indomani dell’operazione Terra di Mezzo, dopo gli arresti per la Mafia Capitale che i tribunali avrebbero declassato a semplice corruzione. Fabrizio Barca condusse per conto dell’allora commissario romano del Pd Matteo Orfini un’indagine sui circoli del Pd. Quasi un quarto vennero bollati come dannosi: «il circolo di qualcuno» funzionale a una singola carriera politica o «l’arena di uno scontro di poteri» scollegata dalle dinamiche sociali. Tra questi finì anche quello di Casal Bruciato.
SEGUIRONO l’affossamento della giunta di Marino e il tracollo di consensi che portò alla vittoria del M5S e di Virginia Raggi. «In questo municipio non raggiungemmo il 17% dei voti», rievoca il responsabile organizzativo Federico Proietti. Fu il trionfo del M5S, il cui fallimento oggi è rappresentato dalla sfiducia della presidente del municipio Roberta Della Casa, che nel maggio del 2020 è stata scaricata per dissidi sulla gestione del bilancio da tutta la sua maggioranza e sfiduciata, caso forse unico, dal consiglio municipale all’unanimità.
Ma forse l’emblema dei problemi della sindaca con i quartieri che la spinsero in Campidoglio è l’aver delegato la giornalista Federica Angeli ai rapporti con le periferie. Giusto ieri, solo per dire l’ultima, Angeli non si è presentata alla commissione trasparenza dell’Assemblea capitolina, dove era chiamata a rendere conto delle sue accuse ai sindacati degli inquilini di connivenza con il racket delle case popolari. È un tema molto sentito da queste parti, nel municipio che ha la maggiore densità di edilizia popolare: quasi a 12 mila appartamenti. In questi contesti la Lega fa proseliti, nei giorni dell’assedio alla famiglia Omerovic furono i movimenti sociali e le reti solidali a farsi carico di resistere al razzismo.
A Casal Bruciato il Pd ha recuperato, è passato dai 1149 voti (circa il 18%) delle comunali del 2016 ai 1629 (il 28%) delle europee del 2019. Ma la Lega diventò primo partito. E questa è la situazione con la quale Enrico Letta dovrà fare i conti.
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