La polemica contro le élite, la centralità del popolo inteso come entità indistinta, la richiesta di una leadership non mediata dalle organizzazioni collettive, la ricerca di un capro espiatorio a cui addossare la responsabilità dei problemi che attraversano il corpo sociale, comunemente definiti come populismo, costituiscono la cifra della politica contemporanea.
PER QUANTO IL POPULISMO non si caratterizzi necessariamente per essere un fenomeno di destra (si pensi all’America Latina), la forma in cui si presenta nell’Europa contemporanea è proprio quella reazionaria. Per questa ragione, Alfredo Alietti e Dario Padovan, nel libro Clockwork Enemy. Xenophobia and Populism in Contemporary Europe (Mimesis International, pp. 250, euro 24), coniano il termine di xeno-populismo: è la declinazione del populismo fondato sulla xenofobia. Le sue radici, spiegano gli autori, vanno ricercate in un processo che si articola in due tappe: la prima concerne l’affermarsi della globalizzazione in seguito alla caduta del muro di Berlino, che ha tolto spazio a ogni orizzonte prospettico alternativo. La seconda, è quella della crisi economia planetaria del 2008, che ha assestato un colpo quasi definitivo al compromesso sociale del secondo dopoguerra e ha liquefatto la crescita generata dalla new economy.
L’INTRECCIARSI di questi due processi ha sortito l’effetto paradossale di internazionalizzare il nazionalismo sovranista, che si manifesta sotto forme diverse in tutto lo spettro socio-politico europeo, e trova nell’avversione verso i migranti e i rifugiati l’elemento che accomuna Salvini, Orban, Le Pen e i loro sodali.
Il nuovo razzismo, ci mettono in guardia i curatori e gli altri autori del volume, è ancora più insidioso di quello vecchio, nella misura in cui rimpiazza le motivazioni biologiche con quelle di origine economica, sociale e culturale. Diviene così possibile, per i sovranisti cechi, esprimere posizioni favorevoli allo Stato di Israele facendo riferimento al cosiddetto etno-pluralismo forgiato da Alain de Benoist. In altre parole, in nome della peculiarità delle singole culture, è necessario tenerle separate l’una dall’altra.
LA CONTAMINAZIONE culturale diviene così un pericolo sia per la società di accoglienza che per i migranti e i rifugiati, giustificando le politiche restrittive, le discriminazioni, il razzismo diffuso. Il migrante, sulla base di questa impostazione, diviene automaticamente un potenziale criminale, in quanto la sua portata minacciosa per l’esistenza della società è già inscritta nella sua diversità. Di conseguenza, migranti, rom e rifugiati, diventano essi stessi produttori di quel sentimento di insicurezza che genera la produzione di dispositivi di esclusione come prigioni, hotspots, campi, legislazioni restrittive, volti a proteggere lo spazio «naturale» della cultura di un popolo, e attraverso i quali si concreta la de-umanizzazione dell’altro. Su questa falsariga migranti, rom e rifugiati sono i nemici da combattere con ogni mezzo necessario, anche per via della loro non-umanità.
QUESTA SI MANIFESTA in due forme: la prima è quella dell’irrispettosità nei confronti delle culture altrui. La seconda ha un fondamento meramente economico: accettare lavori dequalificati, sottopagati, per vivere in condizioni precarie, costituisce una manifestazione di disumanità.
Non soltanto perché, secondo il discorso xeno-populista, sottrae occupazione alla manodopera locale, ma anche in seguito al fatto che i lavoratori migranti accettano condizioni di lavoro disumane, a differenza della classe operaia e della piccola borghesia impoverite dai processi di ristrutturazione economica messi in atto dal capitale globale.
Alla base dello xeno-populismo troviamo due aspetti decisivi: il primo è quello dell’interclassismo. Non si tratta solo di un fenomeno ascrivibile alla vecchia classe operaia, ma è esteso a vasti strati della società, incapaci di assimilare le trasformazioni sociali in atto, anche per l’insicurezza che li pervade. Quest’ultimo elemento costituisce il secondo aspetto. La modernità liquida, fondata su relazioni, identità e occupazioni effimere, produce un sentimento di paura diffuso trasversalmente a tutto il corpo sociale, che gli xeno-populisti intercettano, e al quale forniscono la risposta immediata dell’esclusione dei diversi.
I contributi dei diversi autori partono dall’assunto che, dal momento che gli xeno-populismi si basano su elementi di tipo culturale, le pratiche anti-razziste debbano fondarsi su presupposti speculari. Sicuramente la battaglia delle idee rappresenta un fronte cruciale per strappare l’egemonia alle destre, ma qualche considerazione su assetti sociali e pratiche politiche alternative andrebbe fatta.