Il Natale dei bambini selvatici
Letteratura per l'infanzia Un percorso di letture tra protagonisti intrepidi e disubbidienti. Dal ritorno di Mowgli (anche su schermo) all'Harold che combina disastri, senza dimenticare Cipollino di Rodari e un'Alice moderna
Letteratura per l'infanzia Un percorso di letture tra protagonisti intrepidi e disubbidienti. Dal ritorno di Mowgli (anche su schermo) all'Harold che combina disastri, senza dimenticare Cipollino di Rodari e un'Alice moderna
Una foto in bianco e nero in cui un bambino se ne sta spavaldamente in alto, aggrappato a una porta-inferriata, vestito di pelliccia e con i capelli scarmigliati. È l’immagine «genesi» dell’albo Robinson del cecoamericano Peter Sís (Adelphi, pp. 48, euro 22): vi si narra la storia di un ragazzino che aveva così amato le avventure del naufrago Crusoe da scegliere di travestirsi come lui – una trasandatezza simulata e cucita a mano dalla madre artista -, in occasione di una festa a scuola. Ma gli sbeffeggiamenti dei suoi compagni lo riportarono bruscamente alla realtà, sbriciolando il suo castello di sogni.
Il libro nasce proprio da un ricordo personale dell’autore che, per caso, ha ritrovato quella sua posa in maschera. All’insuccesso imprevisto, il piccolo Peter reagì con la febbre e da quel mondo sospeso che è la malattia approdò su uno scoglio in mezzo al mare, abitato da foreste e pappagalli, dove poter imparare la dura arte della sopravvivenza. Sís ha viaggiato davvero alla ricerca di un’isola simile a quella descritta da Daniel Defoe e per ambientare le esplorazioni del solitario Robinson ha scelto la Martinica.
FRA LE FIGURE degli indomabili, torna per questo Natale – anche su Netflix – il cocciutissimo Mowgli con Bagheera e Baloo (orso per antonomasia in hindi), l’orfano che cova in sé i germi dell’infanzia maltrattata di Rudyard Kipling, il suo creatore. I libri della giungla – tutti al completo, compresi gli episodi trascurati dal celebre film Disney, come la storia della mangusta salvifica Rikki Takki Tavi – sono raccolti nel volume strenna della Mondadori (pp. 470, euro 35) che riporta le illustrazioni originali di Stuart Tresilian, le stesse che accompagnarono la nuova edizione degli anni Trenta di quelli che ormai erano diventati best-sellers presso Macmillian. Tresilian deve la sua arte alla prigionia, quando durante la prima guerra mondiale fu ferito e catturato dai tedeschi. Per le belve con le quali ha rapporti affettivi o conflittuali Mowgli, trasse ispirazione direttamente dallo zoo di Londra.
Chiudono il prezioso libro, il racconto Il gatto che se ne andava per conto suo e la celebre poesia If, che nel 1916 apparve sull’Avanti! tradotta da Antonio Gramsci (con il titolo Se-Breviario per laici).
Fra gli «intrepidi» che si rimanifestano fra gli scaffali per le feste, possiamo annoverare anche Alice che naturalmente se ne va a zonzo nel Paese delle meraviglie, guidata dal suo artefice, Lewis Carroll. Mantiene i suoi tratti tipici e più riconoscibili – biondi capelli, consuetudine all’avventura, baldanza audace – nella versione disegnata dall’inglese Helen Oxenbury che l’ha voluta presentare ai suoi lettori come «una bambina moderna» (la prima edizione è del 1999), quindi eterna. Il libro è pubblicato da Rizzoli (pp.208, euro 24,90) mentre la traduzione è quella originale di Masolino D’Amico.
LEI, ALICE, ha un vestitino azzurro quasi da spiaggia che le conferisce un’aria di fragilità e insieme di sublime levità infantile. Oxenbury raggiunse la fama con Tom e la sua scimmia di peluche Pippo, bestiola che veniva sistematicamente incolpata di ogni guaio. Sempre Rizzoli propone un’altra eroina di certo indocile. È una nostra vecchia conoscenza: Mary Poppins (in contemporanea, proprio in questi giorni è in sala il film di Rob Marshall, con Emily Blunt nei panni della magica tata), resa viva dal tratto raffinato di Lauren Child – una superstar dell’illustrazione per bambini, «madre» di Charlie e Lola, diventati beniamini di intere generazioni con la loro serie tv trasmessa in trenta paesi del mondo. Un successo planetario se anche il sempre schivo Quentin Blake ha affermato: «Non guardo mai i programmi televisivi che considero qualcosa di orribile, ma loro li ho seguiti più volte».
PROCEDENDO LUNGO la traiettoria degli incontri con i bambini selvatici non si può non impattare nel burattino discolo di Collodi. Ci viene riconsegnato, in tutta la sua ingenua ribellione alle regole, da Orecchio Acerbo con l’albo – Le avventure di Pinocchio (pp. 176, euro 28) – e le meravigliose tavole di Luca Caimmi configurano questo prodotto editoriale come un libro di artista. Qui, come scrive nella postfazione Antonio Faeti, il ragazzino che ha la possibilità di una metamorfosi dal legno inanimato alla carne umana, ha un côté lunare e acquatico, tanto che lo stesso Mangiafuoco ha le pinne. Sono gli abissi a circondarlo, materializzando mostri e paure più profonde in una notte dell’anima che cerca luce e una via d’uscita (la crescita).
DISUBBIDIENTE è anche Cipollino, il bambino povero che contrasta il potere arrogante dei principi limoni in quella guerra a colpi di sabotaggi che ortaggi e verdure dichiarano alle alte sfere degli agrumi, per conquistare la libertà. Per lui, in gioco c’è l’uscita dal carcere del padre stesso, arrestato per aver pestato un piede a un nobile acido e irascibile. È una storia incantata, senza età né tempo Il romanzo di Cipollino (così si chiamava alla sua prima stampa, nel 1951), che Einaudi Ragazzi torna a offrire alle nuove generazioni, con i disegni di Chiara Baglioni e una introduzione di Michela Murgia (pp. 245, euro 16). L’idea che sorregge l’impianto narrativo è ancora valida: ogni fiaba, come ha semper sostenuto Rodari, fa rientrare la realtà dal tetto, dalla finestra, dal camino. Non è solo un universo parallelo ma scova le parole giuste per introdursi di soppiatto nel mondo di oggi. Senza bamboleggiamenti. È così che Cipollino ebbe in sorte il compito di ridonare la fiducia e la dignità – il diritto di esistere – ai bambini colpiti dalla guerra in un’Italia che si avviava a risollevarsi dalle macerie del secondo conflitto mondiale.
DAGLI INVERNI GELIDI popolati di folletti e spiriti boschivi arrivano invece bussando educatamente alla porta, i due fratelli lillipuziani Peter e Petra, creature del «piccolo popolo» che reclamano una istruzione paritaria e qualche amico in più, come l’accogliente Gunnar. Vivono in una tana sotto un abete, nel parco di Vasa e sono dei pattinatori provetti (solo quando la pista è deserta); presto però emigreranno lasciandosi dietro, tra i banchi, tanti ricordi. Peter & Petra e altri racconti della svedese Astrid Lindgren, per Iperborea (pp.124, euro 12) è un collage di storie sulla diversità con le pagine che pullulano di giramondo, vagabondi, magnifici «decoratori» del Natale, orti fatati che producono bambole e desideri. La verve è quella che abbiamo già conosciuto con Pippi Calzelunghe: mai dare qualcosa per scontato, nel mondo dell’infanzia non valgono le stesse regole degli adulti.
Non si perde d’animo neanche Harold Philip Snipperpott: sta per compiere sette anni e vuole una festa come si deve, ma i suoi genitori sono scontrosi e poco avvezzi alla socialità. Lui è il protagonista dell’albo Il disastrosissimo disastro di Harold Snipperpott di Beatrice Alemagna, ultima uscita dell’anno per Topipittori (pp. 48, euro 20). E siccome per l’autrice «l’infanzia è quel gioire dell’assenza di norme», tutto prende una bizzarra piega, soprattutto quando entra in scena Ponzio, il solutore di problemi. La casa diventa uno zoo, gli animali polverizzano piste con le macchinine e fanno crollare interi bagni, ma la catastrofe si trasforma in una promessa di esuberanza, un’eccedenza di vita che si contrappone alla cupezza della solitudine.
SE SI PERCORRONO i sentieri della ribellione, è buona pratica tuffarsi negli inferi con la bussola magnetica di uno scrittore come David Almond. Lui con La canzone di Orfeo (in originale A song for Ella Grey), pubblicato da Salani come tutti i suoi romanzi (pp. 245, euro 14,90) parla della visceralità dell’adolescenza attraverso la reinterpretazione in chiave moderna – e misterica – di un antico mito, quello del suonatore di cetra Orfeo e della sua musa Euridice, condannata a una morte precoce. Una storia, dice l’autore, che si adatta a tutti i tempi. «Nella mia versione – spiega – esiste nel nord est dell’Inghilterra, dove sono cresciuto e dove ancora oggi vivo. È un posto bello, pieno di energie ma sfregiato. Ha una natura selvaggia, è un luogo di leggende, ballate, canti popolari, ma anche di pozzi, miniere abbandonate, ampie spiagge bianche, castelli in rovina in cima ai promontori, isole che si allontanavano all’orizzonte».
I grandi classici non perdono mai il loro fascino e sarebbe bene leggerli in ogni stagione della vita, ma un esercizio per rimetterli al centro degli interessi è anche reinventarli, o comunque girarci intorno. Dipende da chi lo fa, naturalmente, ma se a prendere di petto l’arido Scrooge di Charles Dickens è Michael Rosen coadiuvato dai disegni di Tony Ross (Canto di Natale in famiglia, Feltrinelli Kids, pp. 176, euro 14) allora l’operazione può dirsi riuscita e genitori e figli moderni dovranno fare i conti con i propri fantasmi, sulla scia di quelli vittoriani.
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