Il muro di Fontamara
Ultraoltre L'incredibile opera ad Aielli. Il writer racconta
Ultraoltre L'incredibile opera ad Aielli. Il writer racconta
Quando l’arte diventa un atto sia personale che collettivo, partecipativo e d’interscambio, ciò riporta alla sua forma primigenia e più alta che è quella della natura, dove essa è capace di essere sia l’artista che la sua opera.
Questa simbiosi la si respira anche in un piccolo borgo montano dell’Abruzzo come Aielli, in provincia de L’ Aquila, arrampicato a 1050 metri sul livello del mare. Si tratta di un pugno di case che mostrano ancora quel cordone ombelicale che le lega alla terra da cui sono nate. Guardando il paese da alcune prospettive, infatti, quasi non si capisce dove finisce la roccia e dove iniziano le pietre degli edifici ed è come se la montagna e il borgo fossero un corpo unico.
Da qualche anno Aielli ha una nuova giunta comunale -tra le più giovani in Italia-, nata da una lista civica che ha prodotto progetti culturali capaci di dare nuova linfa e più prospettive ad una comunità dissanguata da una crescente emigrazione giovanile, frutto della crisi economica e occupazionale. Non solo feste paesane e sagre più o meno tradizionali, ma adesso anche qualcosa di più profondo e al contempo arduo, come ad esempio il progetto denominato «Borgo Universo». Tra le altre cose, questo progetto ha compreso una serie di interventi artistici su molti muri del borgo, con dipinti murali ispirati soprattutto alle costellazioni. Ad Aielli infatti troneggia una torre medioevale a pianta tonda, eretta nel 1356, che è anche un osservatorio astronomico aperto al pubblico e che per questo è conosciuta soprattutto come la Torre delle stelle.
L’epilogo di tali iniziative si è condensato quest’anno nella realizzazione di un’idea visionaria capace di riportare, su un ampio muro che fiancheggia la torre, il romanzo Fontamara, di Ignazio Silone. Non solo qualche stralcio però, ma proprio l’intero volume riscritto pazientemente a mano sopra una parete che s’affaccia sulla piana del Fucino. Questo progetto è nato nella testa di Alleg, considerato un writer, un graffitaro, un artista, ma lui è allergico alle definizioni, perciò, al diavolo le etichette. Alleg è riuscito a condividere il proprio sogno, facendolo diventare il sogno di molti e quando si è in tanti a sognare, anche i sogni possono diventare concreti e tradursi in realtà.
Assieme ai suoi infaticabili compagni di viaggio, Sbrama ed Ema Jons, che con lui hanno trascritto l’intero capolavoro di Silone come antichi amanuensi, Alleg è stato supportato da una folta comunità di lettori che hanno dettato decine di migliaia di parole o, se si preferisce, più di 300mila caratteri. Oltre a loro, la realizzazione dell’opera è merito anche di moltissime altre persone che solitamente restano nell’ombra: l’operaio edile che ha preparato gli intonaci, persone che hanno portato generi di ristoro, altre che hanno incoraggiato e accompagnato il viaggio, altre ancora che sono arrivate in visita, mosse chi da meraviglia e chi da semplice curiosità. Tutti in qualche modo, assieme all’Amministrazione comunale che ha creduto fortemente in questo progetto, hanno contribuito al lungo, faticoso travaglio e alla nascita dell’opera.
Questo lavoro, unico e straordinario nel suo genere, è però ben lontano dalle interpretazioni che lo connotano nella dimensione superficiale e stereotipata di un guinness dei primati. E chissà cosa avrebbe pensato Silone di una simile, folle idea? In ogni caso, Fontamara resta un libro monumentale che ha segnato la storia della letteratura, ma adesso è anche su un muro: è sia carta che pietra, sia personale che collettivo, sia singolare che interattivo. Insomma, per tornare all’origine, è una simbiosi, un tutt’uno. Il cerchio quindi si chiude, nella speranza che possa riaprirsi verso nuovi viaggi dell’immaginario.
Ci si augura però che tutto ciò non provochi sterili rivendicazioni di campanile e che i paesi della Marsica siano capaci di creare sinergie dove possano sostenersi e promuoversi l’un l’altro.
Aielli ora ha con sé un muro vivente che è fusione tra passato e presente, un luogo di profonda contemplazione aperto come uno sguardo di parole sul mondo: il Borgo universo, la Torre delle stelle, le pagine murarie di Fontamara, la sua gente. Sì, questo luogo ha bisogno di rinascere e ha bisogno di essere amato. Questo luogo vi attende.
INTERVISTA AD ALLEG
Dopo aver convissuto quotidianamente con Alleg, Sbrama e Ema Jons molte giornate dedicate alla realizzazione del progetto di trascrizione su un muro dell’opera di Silone, rivolgiamo ad Alleg alcune domande.
Come e perché è nata quest’idea così temeraria?
Sono Marsicano. Quando ho letto per la prima volta Fontamara, mi sono commosso. Non tanto per la storia in sé, quanto per aver preso coscienza che la situazione della mia terra è la stessa da tanto, tanto tempo. Ed ho pensato che questo non è solo un libro che ognuno dovrebbe conoscere, ma un’idea sulla quale tutti dovrebbero dibattere. Senza entrare specificamente nei contenuti di Fontamara, è stupefacente come questo testo diventi sempre più attuale: la visione dei poveri, degli ultimi e i sistemi di potere che li piegano, si sovrappone perfettamente alla nostra situazione politica. Metterlo su un muro lì per lì mi è parsa la cosa più ovvia, e, come si è dimostrato durate la realizzazione, è servito a generare un luogo fisico di dibattito, di condivisione, un momento in cui sta continuando una storia da dove Silone l’ha interrotta: il libro infatti termina con una domanda, che è un’apertura. Quello che potevo pensare all’inizio era soltanto un’ipotesi incompleta, quello che è accaduto e che speriamo continui ad accadere è stato molto più complesso. Oltre a tutti quelli che hanno detto di voler leggere Fontamara, è stato bellissimo veder riversare nella piazza antistante alla parete studiosi e appassionati che come noi cercavano un momento in cui confrontarsi, per approfondire quello stato di coscienza che il libro ispira. Provenendo da un paese dell’Appennino devo dire che è molto stimolante vedere gli abitanti di un piccolissimo centro proiettati mentalmente non verso la città o le attività digitali, ma verso il paese stesso.
Cosa vuoi esprimere e quali sono i contenuti di questo lavoro?
Intendo i muri come un’emittente. L’opera di Silone è molto complessa, un trattato sociologico troppo difficile da riassumere graficamente o da sintetizzare senza lasciar fuori parti sostanziali. Impossibile, insomma, trovare un modo per dire diversamente quello che lui ha detto. Ad esempio avrei potuto cogliere l’aspetto dell’antifascismo ma, nonostante in Fontamara si parli di antifascismo, decontestualizzare questo argomento sarebbe stato limitare fortemente il potere dell’opera.
A dimostrazione di quanto sia ampia la portata di questo libro, potrei raccontare di come, durante la lunga trascrizione, si siano generate delle dinamiche tra tutti coloro che hanno preso parte alla realizzazione, sovrapponibili (ovviamente nel nostro piccolo) alla società fontamarese. Una specie di trasposizione del libro, dove ad ognuno approssimativamente calzava un personaggio. Inoltre l’opera è divenuta nei dibattiti un’allegoria della nostra Italia, o di tutta la storia dei poveri che, come Silone dice “sono uguali in tutto il mondo” e, possiamo aggiungere, anche in tutte le epoche. Un altro aspetto che si è palesato è la sostanziale differenza tra il cafone dell’epoca di Ignazio Silone e il cafone moderno che può leggere Fontamara. Posso dire in breve che l’intento iniziale era molto più limitato e senza dubbio c’era la volontà di omaggiare un autore a noi caro. Ma la partecipazione che ha trovato questo murales ha arricchito fortemente di significati il nostro sforzo in maniera non preventivabile. Forse era questo il vero intento: vedere cosa sarebbe successo.
Quali difficoltà avete incontrato?
Fondamentalmente due: la prima è il rischio che l’atto di trascrivere a mano l’intero libro sulla parete più che finalizzato a dar importanza a ciò che si è scritto, generasse uno stupore che portasse a surclassare i contenuti stessi; uno stupore da guinnes dei primati, come tu lo definisci, che poi impedisse appunto di intendere il nostro lavoro in modo allegorico e di prendere in considerazione che non stavamo trascrivendo un libro, ma Fontamara.
La seconda, derivante in parte dalla prima, è stato il considerare Fontamara un’attrazione turistica territoriale, con le varie rivendicazioni di campanile conseguenti, svilendo l’opera di Silone prima che la nostra fatica. Ma devo ammettere che dei molti che hanno cominciato a guardare l’opera dal mirino della macchina fotografica o dallo schermo dello smartphone, nell’attraversare il folto gruppo di persone che hanno collaborato (composto fondamentalmente dagli abitanti di Aielli e dei paraggi), alcuni ne sono usciti con qualcosa di inaspettato, nonostante il poco tempo di fruizione che il Turismo impone.
Cosa invece avete apprezzato durante la realizzazione di questo progetto?
Nonostante il mio scetticismo generale, sono costretto a rendere atto al sindaco e all’amministrazione di Aielli di aver dato libertà totale a me e ai miei “complici”, fornendo mezzi e materiali e sostenendoci in ogni modo.
Ribadisco che la partecipazione è stata la cosa più bella e importante, non è mai stato scontato che per un mese, ogni santo giorno, per dieci ore, ci fossero volenterosi a sostenerci, ad aiutarci e a mettere in discussione spesso il senso di quello che stavamo facendo, con il risultato di rafforzarlo. Vedere persone, soprattutto i più giovani, all’epoca degli short message, immergersi fisicamente in un testo lungo e lento, ci faceva capire che non stavamo sbagliando. Sentire i discorsi, percepire l’affetto diffuso e la devozione che i Marsicani hanno nei confronti di Ignazio Silone ci ha motivato e fatto ben sperare per il futuro. Da questa esperienza sta nascendo molto, un saldo progetto che speriamo ci porti a realizzare altre opere simili e una speranza concreta che la coscienza diffusa da Fontamara, di cui siamo una specie di amplificatore, possa dare frutti.
Cosa vi aspettate e vi augurate possa stimolare nel tessuto sociale aiellese, ma anche del territorio circostante, quest’opera muraria?
In rapporto al nostro lavoro posso augurarmi che si ampli la volontà di intendere una comunità ristretta come un luogo in cui è necessario e relativamente facile organizzarsi. Abbiamo conosciuto un paese salubre in cui investire tempo e capacità. La speranza è che questa situazione sia durevole e condivisibile, insieme, ovviamente, a una volontà politica collettiva protesa in questo senso.
Il monito siloniano ci palesa che il nemico del cafone è prima di tutto l’altro cafone, prima della banca o del prelato. Il campanilismo ha una serie di sottomultipli, fino ad arrivare alla singola persona i cui interessi devono prevalere. La fortuna di avere un passato tradotto così lucidamente dall’autore, il nostro tentativo di enfatizzare i suoi contenuti, fa nascere la speranza che certi errori non si reiterino.
Quello che si vede ad Aielli è un atto di controtendenza, abbiamo provato il piacere di “sentirci comunità”. Senza questa partecipazione il nostro lavoro sarebbe stato quello di erigere un monumento e, si sa, Silone non amava molto i monumenti.
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