L’ascolto di questo cd fa venire in mente Le plaisir du texte di Roland Barthes. Un piacere che supera la conoscenza e il rispetto della filologia. Non che ne faccia a meno, è, anzi, un punto di partenza indispensabile. La filologia, in musica, è la ricostruzione della partitura in una versione rispettosa delle intenzioni del compositore. Ma è perciò solo il punto di avvio dal quale un’interpretazione deve partire. Non esiste filologia dell’interpretazione, bensì è filologia solo la ricostruzione del testo. Federico Colli, nelle note sul libretto accluso al cd, lo dichiara subito, sinceramente, quasi spudoratamente, in una lettera che immagina di indirizzare a Mozart stesso: “Posso porvi questa domanda: quando suono la vostra musica, come fare per dimenticare tutto ciò che è accaduto dopo di voi, tutto ciò che mi spinge a interpretare la realtà secondo certi schemi di pensiero?” È la questione che ogni volta si ripropone: quanta libertà possa contenersi e concedersi in un’interpretazione. L’ascoltatore che sente suonare una sonata di Mozart serba nelle proprie orecchie il ricordo del pianoforte di Beethoven, di Chopin, di Brahms, di Schoenberg, di Stockhausen. Anche l’esecuzione più “storicamente informata” non non può abolire dall’orecchio questa memoria. Anzi, se particolarmente fedele, o addirittura quasi freddamente fedele, potrebbe perfino esasperare la distanza tra ciò che si ascolta e la memoria che invece si serba dello strumento. Questo è il primo cd che Federico Colli dedica a Mozart. Ne prevede un secondo. A pagine assai note sono accostate altre meno note, e qualcuna frammentaria, come la Fantasia in do minore KV. 396 e il Minuetto KV. 355, completati dal suo amico Maximilan Stadler.

Sarà per questo che Colli si prende la libertà di non rispettare i ritornelli. Ma la proposta resta interessante: ci rivela un Mozart che registra le proprie improvvisazioni. E Colli, appunto, ci fa sentire il carattere improvvisato delle pagine. Riscrive perfino taluni passaggi (lo aveva già fatto Stadler).  Questo, insieme alla lunghissima pausa che segue il do che copre tre ottave con cui si apre la Fantasia in do minore KV. 475, ha fatto storcere il naso a qualche critico. Ma la riserva è ingiustificata, Colli, come si è accennato, intende proporre un Mozart sul quale gravano i due secoli successivi di scrittura pianistica in qualche modo già prefigurata. Giustamente la rassegna di pezzi, tra cui anche lo splendido Rondo in re maggiore K. 485, che sviluppa un tema del Quartetto con pianoforte in mi bemolle maggiore KV. 493, si conclude con la straordinaria Sonata in si bemolle maggiore KV. 333. I singoli brevi pezzi del cd confluiscono nella grande forma di una sonata tra le più belle e avveniristiche di Mozart. È qui che Colli esplicita il senso della sua libertà interpretativa. Una sonata non è una fantasia. E tuttavia Mozart inserisce nel terzo movimento della sonata, un allegretto grazioso di incredibile varietà e complessità costruttiva, una monumentale cadenza sul tipo di quelle inserite in un tempo di concerto.

Sono rispettate alla lettera i contrasti così frequenti in Mozart tra un forte e un improvviso piano o viceversa, che introducono nella musica strumentale il senso drammaturgico del teatro. Ma soprattutto attrae la scorrevolezza, la volubilità del cantabile, quando c’è, unite all’intensità di perorazioni enfatiche, talora tragiche di altri momenti. Mozart è compositore imprevedibile. E Colli sembra volerci restituire proprio questa imprevedibilità, questa libertà dell’invenzione. Il rigore dell’architettura, invece di soffocare, esalta la libertà. È qui che viene in mente Barthes. Anche il saggio su Racine, in cui, come per Mozart, l’armonia della costruzione non è una meta finale, ma è il terreno sul quale esplodono le contraddizioni tragiche. E Mozart sa essere, proprio per la leggerezza della costruzione, tragico come pochi altri musicisti. Ma senza mai rinunciare al piacere dell’ascolto. Colli ce lo ricorda.