Il 4 gennaio 1960 Albert Camus muore, ad appena quarantasei anni, in un incidente stradale alle porte di Sens. L’automobile, guidata da Michel Gallimard, si schianta contro un platano a causa dell’asfalto bagnato. L’amico editore morirà in ospedale a distanza di qualche giorno mentre le rispettive consorti, accomodate sui sedili posteriori, si salvano. Un testimone racconta di aver recepito l’orrore negli occhi di Camus. All’interno della sua borsa vengono trovati documenti, libri (tra cui un’edizione della Gaia scienza di Nietzsche) e il manoscritto di un romanzo incompiuto, di taglio autobiografico, intitolato Le premier homme. Il volume viene pubblicato da Gallimard, a cura della figlia Catherine, soltanto nel 1994, anno in cui vede la luce anche la traduzione di Ettore Capriolo per Bompiani. In calce figurano due lettere che si scambiarono lo scrittore e Louis Germain: la prima era stata scritta da Camus in occasione del conferimento del Nobel nel 1957. Con tono commosso dichiarava: «Senza di lei, senza quella mano affettuosa che lei tese a quel bambino povero che io ero, senza il suo insegnamento e il suo esempio, non ci sarebbe stato nulla di tutto questo».

Nella lunga sezione intitolata Ricerca del padre, ispirata al genitore morto in guerra (ferito durante la battaglia della Marna, spirò nell’ospedale militare di Saint-Brieuc qualche giorno dopo), compare il capitolo «La scuola» in cui si rievoca la vicenda del maestro Bernard, alias Louis Germain (in alcuni punti Camus riporta inavvertitamente il vero nome dell’insegnante), che incarna, a tutti gli effetti, la figura paterna venutagli a mancare. Il capitolo è proposto ora in appendice a questo Caro signor Germain Corrispondenza e estratto (pp. 128, € 16,00) che la Bompiani licenzia nella valida traduzione di Yasmina Melouah.

Si tratta di un volumetto che raccoglie le poche lettere superstiti che Camus scambiò con il suo vecchio maestro operante a Belcour, il quartiere derelitto della capitale algerina, dove lo scrittore visse con la madre di origine spagnola, la nonna e un fratello, «dagli otto mesi ai diciassette anni», come precisa Lottman nella sua storica biografia (nel romanzo il protagonista, chiaro alter ego dell’autore, prende il nome di Jacques Cormery). Louis Germain ebbe un ruolo fondamentale nella carriera di Camus, in quanto convinse la madre e la nonna, poverissime, che quell’irrequieto «moscerino», quel ragazzino gracile e orgoglioso, era particolarmente dotato e doveva continuare a studiare anche dopo la licenza elementare, tramite una borsa di studio. Così, quel maestro buono ma severo, che non lesinava di usare lo «zucchero d’orzo», consistente in una punizione corporale affibbiata con un grosso righello a cui lo stesso Camus si era sottoposto, leggeva ai suoi alunni lunghi brani del romanzo Les Croix de bois di Dorgelès, ispirato ai combattimenti della Grande Guerra (si ricordi qui anche la versione cinematografica di Raymond Bernard, interpretata da un nevrastenico Artaud). Regalò una copia del romanzo a quell’allievo prediletto, facente parte dei pupilles de la nation (orfani di guerra), che non esitava a scontrarsi con i compagni in cruenti duelli che venivano chiamati donnades; inoltre lo aiutò, insieme ad altri ragazzi poveri, a conseguire l’esame di ammissione al liceo, senza pretendere niente in cambio.

All’indimenticato maestro Camus dedicherà nientemeno che i suoi Discorsi di Svezia. Così precisò il succitato Lottman: «Se esiste, nella vita del giovane Albert, un momento in cui si decise il suo avvenire, fu all’età di dieci anni, quand’era nella classe di Louis Germain, alle elementari».

L’epistolario proposto spazia dal 1945 al 1959 e spesso fa riferimento ad alcuni incontri avvenuti fra i due interlocutori ora in Francia ora in Algeria, dove il romanziere si recava periodicamente a trovare la madre (Germain ringrazierà il vecchio allievo per essersi occupato, in un reportage apparso su «Combat», della «miseria dei nostri nordafricani»). Le missive di Camus, di taglio piuttosto ellittico, denotano un attaccamento al suo mentore non comune (ma non si dimentichi al riguardo anche la fondamentale figura di Jean Grenier, suo professore di filosofia), mentre quelle di Germain risultano più dettagliate e non di rado improntate a soffermarsi sull’attività di Camus che, tra uno spostamento e l’altro, si dichiara suo figlio spirituale. Nella lettera del 30 aprile 1959 Germain, dopo aver dissertato sulla riduzione teatrale dei Demoni di Dostoevskij effettuata dal suo pupillo, contesta l’invadenza del clero nella scuola pubblica: «Personalmente, credo di aver rispettato durante tutta la mia carriera quel che di più sacro vi è nel bambino, ovvero il diritto di ricercare la sua verità». Non una potenziale verità dunque, ma la verità del bambino: lo stesso discepolo dimostrerà di aver imparato a meraviglia la lezione, quando, anni dopo, impugnerà la nozione di rivolta in un’epoca irretita dal dogmatismo ideologico che non ammetteva deviazioni dalla norma. Saranno i concetti di assurdo e «pensiero meridiano» a puntellare questo sistema dialettico, basato sul recupero della dignità umana e su una concezione libertaria attinta al pensiero greco, che non poteva non suscitare profonde avversioni all’interno della gauche. Non è un caso che Sartre e Merleau-Ponty si scagliessero violentemente contro L’Homme revolté del 1951, incaricando Francis Jeanson di stilare una velenosa recensione su «Les Temps modernes». Non si potevano accettare impunemente massime come la seguente: «Visto che non viviamo più i tempi della rivoluzione, impariamo a vivere almeno il tempo della rivolta».

Quell’uomo dalla «faccia di garagista», come lo definì Buzzati, ricorre a un linguaggio che ha la trasparenza e la consistenza dell’alabastro. Indicativo il pudico incipit di questa lettera, scritta nel novembre 1947, che idealmente avrebbe potuto comporre lo stesso «moscerino» di dieci anni: «Caro signor Germain, mia mamma, che non sa scrivere, mi prega di trasmetterle le sue scuse per non averla ringraziata dei bei fiori che le ha mandato». La firma è quella del «suo scolaro Albert Camus».