Visioni

«Il monte delle formiche», la Natura contemplata sottosopra

«Il monte delle formiche», la Natura contemplata sottosopraUna scena da «Il monte delle formiche» di Riccardo Paladino

Cinema A «Fuori Orario», l'opera d'esordio di Riccardo Palladino. Umano e divino, i cicli della vita si compiono in un movimento perpetuo

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 24 luglio 2020

Un evento che ha del «soprannaturale» e che si ripete di anno in anno, immutato nei secoli, ogni 8 settembre, in occasione del compleanno della Santa Vergine Maria, quando un intero esercito di formiche alate sopraggiunge posandosi di fronte all’altare maggiore della chiesa S. Maria di Zena (un tempo «Santa Maria Formicarum»), situata sulla cima di un monte a 13 miglia da Bologna. E qui gli esemplari maschi muoiono, caduti al termine di un rituale di accoppiamento consumato in volo come ultimo atto di devozione, doveroso per la conservazione della specie, fatale dopo una vita di proverbiale operosità. L’osservazione di questo particolare volo nuziale che ogni anno attira a sé turisti, fedeli e semplici curiosi, non è però il vero centro nevralgico de Il Monte delle formiche, opera di esordio di Riccardo Palladino in onda in prima visione tv tra domani e sabato su Fuori Orario cose (mai) viste, all’interno del programma per «Walk The Walk – Storie di cineasti viaggiatori – Dall’altra parte del mondo» curato da Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto, dopo essere stato in concorso a Locarno nel 2017 nella sezione Cineasti del Presente e a Filmmaker Festival lo stesso anno.

PER IL TRENTOTTENNE cineasta umbro si tratta infatti solo del punto di partenza per una riflessione dal respiro assai più ampio, che si interroga sulla natura dei piccoli insetti e dell’essere umano, intrecciando suoni e visioni alle parole di grandi scrittori come il Premio Nobel Maurice Maeterlinck e l’entomologo Carlo Emery, il cui pensiero attraversa il film.
Un film terreno e spirituale, che si sviluppa tra terra e cielo, nella Natura contemplata sottosopra, nel sole tra le foglie e il vento che accarezza le spighe, ascoltata nel canto quasi assordante degli uccelli, in dialogo con le immagini della vita di paese, tra feste, volti, processioni e il suono delle campane. Denso di materia, tangibile nella grana di un caldo 16 mm, e attraversato da lampi di visionarietà underground, il film risiede in un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, laddove le anziane pregano per i defunti, i bimbi giocano a palle sul sagrato della chiesa e il tempo pare scorrere all’infinito, uguale a se stesso, indifferente, eterno.

I CICLI DELLA VITA si compiono e si inseguono in un perpetuo movimento, interrogando l’umano e il divino. Ma è interessante notare come Il Monte delle formiche mantenga le sue radici terrene affermando la propria laicità, offrendo come contrappunto alla sacralità religiosa le verità della scienza, i principi della biologia, i dubbi e le ipotesi del ragionamento filosofico. Pensiamo di accostare uomini e formiche. Possiamo, a partire dall’osservazione dei nostri e dei loro comportamenti, arrivare a interrogarci sul senso della vita, della società? Sull’individualismo e l’immortalità? In un continuo movimento di avvicinamento e allontanamento dal minuscolo all’universale, come in un macroscopico zoom, Palladino cerca possibili risposte in una sinfonia di immagini, suoni e parole, contrapponendo ragione e istinto, riallacciando spirito e materia, arrivando a inevitabili conclusioni come il prevalere dell’individualismo nell’uomo, a scapito dell’umiltà, la fraternità, lo spirito di sacrificio per il bene della collettività.

E PERSINO l’inaspettata conclusione affidata allo spiritual Dark Was The Night di Blind Willie Johnson, sulle cui note scorrono i titoli di coda, risulta sorprendentemente coerente. Dando voce a un’irrisolta tensione tra sacro e profano, sospesa tra gospel e blues.

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