Il mondo sottosopra di Eugenio in via di Gioia
Note sparse Secondo album per la formazione torinese, «Tutti su per terra», gioiosa e divertente sovrapposizione di generi
Note sparse Secondo album per la formazione torinese, «Tutti su per terra», gioiosa e divertente sovrapposizione di generi
Che fossero figli musicali della strada si era sentito a chiare note nel loro primo album, Lorenzo Federici (2014). Basso e chitarra acustica, fisarmonica e percussioni lasciavano però già ben trasparire l’intenzione di andare oltre il confine delle ballate. E i testi, senza attorcigliarsi sul filo di rime indecifrabili, coniavano spiccioli di quotidianità. Pam, cronaca di una spesa all’ipermercato e del dramma di non trovare più le prugne in offerta a 0,99 centesimi, e Noi adulti che «nel tempo libero tagghiamo su facebook il nostro cane in foto molto tenere», sprizzavano intelligente e meditata ironia. Questi erano e questi sono i torinesi Eugenio in via di Gioia, cioè Eugenio Cesaro, voce e chitarra, Emanuele Via, fisa e pianoforte, Paolo Di Gioia, batteria e percussioni. E Lorenzo Federici, basso? Non potendo starci nel nome della band, si era guadagnato il titolo del disco. Musicisti di strada, si diceva, i cui riferimenti non sono tanto generi e artisti, quanto il viavai di gente che passa loro davanti mentre suonano.
Dice Eugenio «Se devo fare dei nomi, allora cito Edward Sharpe and the Magnetic Zeros e i Beiruth, dagli Stati uniti; dall’Italia il cantautorato del napoletano Giovanni Truppi e la musica dei La rappresentante di lista». Musica a dir poco trasversale. Nell’aprile scorso, dopo due anni spesi a scrivere undici brani sulla carta e sullo spartito, gli Eugenio si sono presentati alla seconda uscita con Tutti su per terra (Libellula/ Believe). E lo hanno fatto mettendo in rete un video in hyperlapse, il primo realizzato in Italia, dal singolo Giovani Illuminati. Tanto per chiarire: la tecnica hyperlapse consiste nello spostare la macchina fotografica di alcuni centimetri o metri ad ogni scatto. Il video del regista Dario Calì, tre minuti e mezzo, di scatti ne ha richiesti oltre quarantamila, lo trovate, cliccatissimo, su You Tube. Tutti su per terra è felice e coerente prosecuzione del discorso iniziato con l’album d’esordio. Rimangono ferme le ispirazioni e i temi legati alla quotidianità di noi tutti, passanti urbani dentro modelli di vita che tendono a negare sempre di più l’individuo, lo portano a confliggere con la natura, lo sommergono di fake news e lo affogano nel catastrofismo, omologano i parametri della definizione di normalità.
Tutto di tragico, niente di tragico, perché i quattro ragazzi hanno affilato la lama dell’ironia scanzonata, riuscendo a renderla ancora più tagliente e luccicante. Rimangono salde le fondamenta musicali acustiche, cui danno nuovo cemento la fisa come tappeto sonoro, una giusta misura negli affacci elettronici, il trombone di Alessandro Doglietto e il sax di Antonio Serena. Track d’eccellenza, ma è parere personale, il blues antibullismo di Selezione naturale e il veleno a lento rilascio di Silenzio.
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