Visioni

Il mondo sottosopra di Eugenio in via di Gioia

Il mondo sottosopra di Eugenio in via di Gioiail collettivo di Eugenio in via di Gioia

Note sparse Secondo album per la formazione torinese, «Tutti su per terra», gioiosa e divertente sovrapposizione di generi

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 21 giugno 2017

Che fossero figli musicali della strada si era sentito a chiare note nel loro primo album, Lorenzo Federici (2014). Basso e chitarra acustica, fisarmonica e percussioni lasciavano però già ben trasparire l’intenzione di andare oltre il confine delle ballate. E i testi, senza attorcigliarsi sul filo di rime indecifrabili, coniavano spiccioli di quotidianità. Pam, cronaca di una spesa all’ipermercato e del dramma di non trovare più le prugne in offerta a 0,99 centesimi, e Noi adulti che «nel tempo libero tagghiamo su facebook il nostro cane in foto molto tenere», sprizzavano intelligente e meditata ironia. Questi erano e questi sono i torinesi Eugenio in via di Gioia, cioè Eugenio Cesaro, voce e chitarra, Emanuele Via, fisa e pianoforte, Paolo Di Gioia, batteria e percussioni. E Lorenzo Federici, basso? Non potendo starci nel nome della band, si era guadagnato il titolo del disco. Musicisti di strada, si diceva, i cui riferimenti non sono tanto generi e artisti, quanto il viavai di gente che passa loro davanti mentre suonano.

Dice Eugenio «Se devo fare dei nomi, allora cito Edward Sharpe and the Magnetic Zeros e i Beiruth, dagli Stati uniti; dall’Italia il cantautorato del napoletano Giovanni Truppi e la musica dei La rappresentante di lista». Musica a dir poco trasversale. Nell’aprile scorso, dopo due anni spesi a scrivere undici brani sulla carta e sullo spartito, gli Eugenio si sono presentati alla seconda uscita con Tutti su per terra (Libellula/ Believe). E lo hanno fatto mettendo in rete un video in hyperlapse, il primo realizzato in Italia, dal singolo Giovani Illuminati. Tanto per chiarire: la tecnica hyperlapse consiste nello spostare la macchina fotografica di alcuni centimetri o metri ad ogni scatto. Il video del regista Dario Calì, tre minuti e mezzo, di scatti ne ha richiesti oltre quarantamila, lo trovate, cliccatissimo, su You Tube. Tutti su per terra è felice e coerente prosecuzione del discorso iniziato con l’album d’esordio. Rimangono ferme le ispirazioni e i temi legati alla quotidianità di noi tutti, passanti urbani dentro modelli di vita che tendono a negare sempre di più l’individuo, lo portano a confliggere con la natura, lo sommergono di fake news e lo affogano nel catastrofismo, omologano i parametri della definizione di normalità.

Tutto di tragico, niente di tragico, perché i quattro ragazzi hanno affilato la lama dell’ironia scanzonata, riuscendo a renderla ancora più tagliente e luccicante. Rimangono salde le fondamenta musicali acustiche, cui danno nuovo cemento la fisa come tappeto sonoro, una giusta misura negli affacci elettronici, il trombone di Alessandro Doglietto e il sax di Antonio Serena. Track d’eccellenza, ma è parere personale, il blues antibullismo di Selezione naturale e il veleno a lento rilascio di Silenzio.

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