Visioni

Il mondo di Paul, tra cuori instabili e un’allegra anarchia

Il mondo di Paul, tra cuori instabili e un’allegra anarchiaHarry e Tonto

Hollywood É morto Mazursky, il regista di «Stop a Greenwich Village», protagonista negli anni ’70 di quel cinema americano influenzato dagli autori europei

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 3 luglio 2014

Solo quando un artista del calibro di Paul Mazursky viene a mancare, ci si rende conto del vuoto che lascia dietro di sé. Nel decennio settantesco, Mazursky sembrava, a torto, un autore di seconda fila. Citato sovente insieme a un altro sottovalutato come Hal Ashby. La costanza qualitativa del suo lavoro, sia in veste di sceneggiatore sia di regista, aveva paradossalmente alimentato l’idea di Mazursky come un regista «scontato», che in qualche modo c’era comunque.
Ammettiamo che gli esiti registici, non sempre brillanti, dai tardi anni Ottanta in avanti abbiano prodotto l’immagine di un autore che viveva di rendita adagiato nei meccanismi produttivi hollywoodiani; resta però il fatto che lui, Irwin Lawrence Mazursky, ucraino di Brooklyn, New York, nato nel 1930, è un cineasta decisivo per comprendere come la commedia statunitense si sia andata modificando nel corso del decennio cruciale del cinema americano, quel decennio «Under the influence», stando al notevole documentario di Ted Demme e Richard LaGravenese.
I film di Mazursky avevano un sapore inconfondibile. Sia quelli riusciti, sia quelli che non risultavano del tutto a fuoco. Amava il cinema europeo, Mazursky, soprattutto Federico Fellini, come evidenziato da Il mondo di Alex, suo secondo film, omaggio appassionato e spudorato a 8 ½, film che nella sua anarchica imperfezione e autoindulgente libertà è lo specchio fedelissimo del momento storico in cui i registi presero il potere di Hollywood nelle loro mani. O almeno pensavano di averlo finalmente conquistato.

2014 Writers Guild Awards Ceremony at the JW Marriott at L.A. LIVE

Sceneggiatore prolifico, lascia il segno nel serial dei Monkees, apprendistato di bizzarrie anche per un altro grandissimo dei seventies come Bob Rafelson, ma non disdegna un’incursione nel western televisivo con The Rifleman, regno di Chuck Connors.
Attento osservatore delle oscillazioni sentimentali di cuori instabili, fautore di un cinema agrodolce striato da tensioni isteriche, Mazursky ha prodotto il suo cinema migliore in un dialogo costante con l’eco della nouvelle vague francese e le scorie residuali di un’anarchia politica, formale e sessuale che andava progressivamente spegnendosi.
Nel corso degli anni Settanta, Mazursky prende le misure al suo cinema. Il suo umorismo, così peculiare, s’intreccia con osservazioni temperamentali che il ritmo dei suoi film accoglieva come suggerimenti formali.
A modo suo, aveva anticipato Una storia semplice di David Lynch con Harry e Tonto. I Coen devono moltissimo a Stop a Greenwich Village per il loro A proposito di Davis. Mazursky, invece, i suoi debiti con il cinema europeo e francese in particolare li saldava in pubblico. Io, Willie e Phil è un rifacimento nient’affatto banale di Jules e Jim. Con Su e giù per Beverly Hills, film del 1986, osa addirittura reinventare Boudu salvato dalle acque di Jean Renoir. Ma sono due Mazursky diversi, quello dei Settanta e quello che attraversa e va oltre gli anni Ottanta, tentando di adattarsi a un cinema che si trasforma rapidamente, e che lui intuisce essere ormai in crisi.
Lui tenta di rendere conto della transizione in atto con un film splendidamente imperfetto come La tempesta, interpretato da un sublime John Cassavetes e un’altrettanto geniale Gena Rowlands, oltre che da Vittorio Gassman e Susan Sarandon. Celebra le radici ucraine in Mosca a New York, e tenta di riacciuffare il successo dei suoi film maggiori con Storie di amori e infedeltà, interpretato dalla strana coppia Woody Allen e Bette Midler. Ritrova energia e scarti visionari d’un tempo con un film che continua a crescere non solo nella memoria ma anche a ogni visione successiva. Tratto dal romanzo di Isaac Singer, Nemici – Una storia d’amore si rivela essere il film più vitale del declinare degli anni Novanta, impregnato di spirito yiddish e caratterizzato da flashback allucinati molto spiazzanti. Infedeli per sempre, 1996, non aggiunge molto al canone di Mazursky ma le sue partecipazioni a I Soprano e Curb Your Enthusiasm sono da mandare a memoria proprio come le apparizioni in Tutto in una notte di John Landis e Carlito’s Way di Brian De Palma.
Si divertiva anche a doppiare i cartoni animati, Paul Mazursky. Ma noi italiani amanti del doppiaggio ce ne siamo accorti sempre a scoppio ritardato che lui stava nel cast delle voci di Z la formica e Kung Fu Panda 2, tanto per dire.
Piace pensare che qualcosa del cinema di Mazursky sia passato nel cinema di Noah Baumbach (soprattutto The Squid and the Whale e Greenberg) e in certe malinconie di Judd Apatow (Questi sono i 40), ma ciò non toglie che la stella numero 2515 della Hollywood Walk of Fame ci mancherà.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento