Visioni

Il mondo di oggi in un’aula di scuola

Il mondo di oggi in un’aula di scuola

Teatro L'ora di ricevimento, con la regia di Michele Placido, da un testo di Stefano Massini, intreccia storie di studenti che esprimono i conflitti del nostro tempo. In scena, Fabrizio Bentivoglio

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 8 ottobre 2016
Gianfranco CapittaSOLOMEO (PERUGIA)

Un nuovo testo arricchisce la prolifica produzione letteraria di Stefano Massini, drammaturgo da sempre e da poco più di un anno responsabile artistico del Piccolo Teatro di Milano.È nota la sua attenzione alla cronaca e alla società, italiana e internazionale, e ai conflitti che dall’incontro di culture, etnie e religioni diverse sfociano in vere «guerre di religione», nei Balcani come nel più «moderno» occidente. O, altro suo oggetto di interesse e predilezione, le strutture della società che si impennano o si inabissano sull’onda dei riflessi sociali o finanziari, dalle lotte operaie di 7 minuti fino al crack planetario della Lehman Trilogy. Massini è insomma quello che un tempo si definiva uno scrittore «impegnato», grande consultatore di archivi e notizie, che ripropone in un linguaggio semplice al pubblico teatrale.

 
Molti dei suoi temi d’elezione confluiscono nello spettacolo dello stabile dell’Umbria, L’ora di ricevimento (al Cucinelli fino al 16 ottobre, poi in tournée fino all’approdo a marzo all’Eliseo di Roma). Come si può intuire dal titolo, l’ambientazione è scolastica, non italiana, ma francese, in particolare nella banlieu di Tolosa. Scarsa somiglianza, per la verità, con altre rappresentazioni scolastiche: qui perfino la costruzione drammaturgica è particolare, con il lungo sfogo iniziale dell’insegnante protagonista, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, che nei suoi ricordi traccia una sorta di autobiografia clinica della scuola come specchio deformato della società.

 

 
Poi, dopo questo lungo monologo, nella trista sala professori la cui unica forma vitale è l’ombra di un albero oltre i finestroni, appaiono come fantasmi di una memoria condannata a ripetersi, il raro collega con cui interloquire (Francesco Bolo Rossini) e un ciclo infernale di collettivi genitoriali che proiettano sui figli e sulle loro classi l’ombra minacciosa dei loro status e dei loro conflitti.
Sono per lo più islamici, qualcuno ebreo, e tutti rivendicano il loro diritto, in una impietosa quando risibile saga del politically correct. Storie che ben conosciamo, e davanti alle quali non esistono comportamenti certi, al di là di quelli antiterrorismo che proprio in Francia si sono rivelati fallaci. La regia di Michele Placido organizza lo scorrere di tutti questi flash, ma è la frustrazione a predominare, davanti alla via dell’infelicità imboccata a scuola

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