Della gestione, anche ricreativa, della reclusione forzata si è detto, si sta dicendo e si dirà; si parla dell’amore ai tempi del colera, di Camus (le vendite della Peste in Francia, ma anche su Amazon Italia, sono impennate in concomitanza col manifestarsi del contagio da Coronavirus), ovviamente il binomio epidemia e Milano ha imposto subito, da subito, Manzoni; e come rinunciare al Decameron? Ci sono docenti che ne hanno fatto, giustamente, spunto di didattica (così un’insegnante di Lodi che invia su WhatsApp ai ragazzi idee di racconto della Giornata perché vi costruiscano attorno brevi trame). Addirittura la realtà ha fatto irruzione nella fiction boccaccesca quando, una settimana fa, l’emergenza virus ha sorpreso a Lugo, a 50 km da Venezia, una troupe inglese diretta da Nicholas Hulbert e impegnata nelle riprese di un rifacimento del Decameron, costringendola all’isolamento dentro villa del set. Ad avvisare gli inglesi un messaggio di mamma (quella del regista): alla faccia di Stanislavskij

STORIE STORIE, incavate memorie, raccontateci storie fino al mattino: che ne faremo del vino? Era un verso di Piergiorgio Paterlini. E anche Sherazade ne sa qualcosa, di ammazzare il tempo (il virus, nel nostro caso), ed evitare di essere ammazzata, tenendo alta la tensione tra eros e thanatos. Del resto raccontare, e farsi raccontare storie, è il massimo godimento quando altri sono preclusi. Non toccare, non baciare, non abbracciare, il decalogo del proibizionismo dell’epidemia è avvilente: ma se il contatto fisico è limitato viene in soccorso dei nostri giorni quaresimali e di quarantena l’immateriale. La mistica, per chi può farvi assegnamento, la meditazione, per chi riesce ad avere lo spazio e il modo di fare centro su di sé per almeno mezz’ora al giorno. Più facilmente e prosaicamente, l’open source disponibile in rete. I documenti già materici smaterializzati e condivisi: e ce ne sono, a bizzeffe.

Ora saltano all’occhio perché ce n’è più bisogno, come esistevano già la formazione on line per imprese e studenti, i webinar fruibili da indirizzi gmail, la tecnologia per il telelavoro, ma in Italia le magnifiche sorti e progressive non vanno mai di grande moda. A meno che non se ne possa proprio fare a meno e forse ecco che qualcosa si muove (sullo smart working sembra, in queste ore), ma torniamo al circensem. Ci sono archivi disponibili in rete che somigliano al giardino dove Aladino trova la Lampada meravigliosa: fonte di inesauribili tesori da prelevare a mani basse; ne è esempio luminoso quello della Cineteca di Milano. Iscrivendosi in poche mosse sul sito https://www.cinetecamilano.it/biblioteca/catalogo/ si trovano in streaming centinaia di titoli: si va da documentari d’arte usciti pochi mesi fa (Tintoretto, Picasso), a Carpenter degli anni Ottanta, capolavori dei Fratelli Lumiere e di Charlie Chaplin, scampoli di homemovie, frammenti di documentari italiani che stanno dentro un minuto targati 1896, titoli nostrani ed esteri in sala nel 2019, stagioni complete di serie tv statunitensi.

LA DISPONIBILITÀ delle fonti aperte che, va ribadito, precede la contingenza, prevede l’accesso libero a prodotti di altre arti visive e non, oltre al cinema: spartiti, manoscritti, fondi fotografici. Anche all’estero sono parecchio generosi, specie i grandi: per scorrere solo i sommari delle collezioni della New York Public Library, su https://digitalcollections.nypl.org/, non bastano le due settimane di protocollo d’osservazione sanitaria. Ci si trovano mappe, foto di scena teatrali, materiale per designer, atlanti, collezione di poster, testi d’arte, botanici, zoologici, documenti di storia delle lotte per i diritti lgbt.

Ancora più sorprendente la Public Digital Library of America https://dp.la/ che contempla anche collezioni (sempre disponibili gratuitamente) di e-book (tra gli ultimi caricati la raccolta di documenti giudiziari riferiti a indagini per impeachment ) ma anche mostre d’arte ideate per l’online: ora in home, per restare in tema, quella fotografica sulla pandemia che colpì l’America nel 1918. Imperdibili e preziosi anche come ausili didattici quelli che il sito rubrica come «primary source set»: insieme di fonti attorno a un argomento che includono immagini di oggetti, stralci di documenti autografi. Indizi visivi che raccontano un tema, gustosi come quei pacchi regalo tematici a sorpresa o come certe capsule del tempo. Esempio: Piccole donne. Il set dedicato fornisce un ritratto della Alcott, la lettera di un soldato, durante la Guerra civile, del Massachusetts che, proprio come il Signor March, scrive alla famiglia, la foto di un ferro da stiro del 1862, le illustrazioni di moda dell’epoca col bozzetto di un abito che avrebbe fatto la felicità di Meg. Oppure tutto un fondo di articoli, poster vignette satiriche dedicate alle fake news nella stampa scandalistica.

E se le frontiere ci vengono chiuse e i le misure di contenimento ci costringono dentro zone rosse o gialle, il Touring offre on line, su www.digitouring.it, un enorme archivio di guide, foto, documenti di testo per pianificare comunque il prossimo viaggio o farne di indietro nel tempo, particolarmente interessante la raccolta delle riviste Touring dal primo numero stampato nel 1895.
Tra i progetti più ricchi e curiosi, di nuovo di lingua inglese, va segnalato quella della Open Knowledge Foundation che edita una eclettica rivista online, la «Public Domain Review», che pubblica opere di ogni genere divenute di pubblico dominio, appunto: si trova https://publicdomainreview.org/ e ci si può passare più di una quarantena, se abbastanza matti.

ANCHE QUI le raccolte toccano tutte le arti tradizionali, letteratura, teatro, pittura, musica, e ogni loro possibile declinazione e contaminazione: sull’ultimo numero l’apertura è del Coronavirus, egemone. Viene servito in forma di video inglese del 1945, audiovisivo di matrice divulgativa (il tema è: come non diffondere i germi starnutendo e tossendo) che comincia con una serie di gag vintage da candid camera. Se le collezioni d’arte, le gallerie fotografiche e di illustrazioni sono incantevoli (e libere da diritti!) i contenuti di testo, inglese, sono di qualità elevata ed eterogenea: uno degli essay in home, anche se di due anni fa, riporta di una curiosissima epidemia che nel 1518 colpì Strasburgo costringendo i suoi abitanti a ballare compulsivamente, in trance per ore: una sorta di taranta in salsa nordica. O ancora un trattato scientifico sulla scoperta della cannabis, nel diciassettesimo secolo, da parte di medici e commercianti inglesi dalle strade di Machilipatnam ai circoli scientifici di Londra; un articolo, con ricca galleria di immagini, del lavoro pionieristico dell’infografica dell’educatrice femminista Emma Willard cui si devono impressionanti mappe del tempo.

CI SONO foto inedite di Dorothy Parker a corredo della storia di come fu licenziata da «Vanity Fair» e tra le collezioni, alla voce storia del costume, la collezioni di divise da pompiere giapponese istoriate. Un po’ di connessione, giusto un poco di inglese, il tempo c’è, e il mondo è a portata di mano.